“Animal Welfare in the European Union” rappresenta un’importante opera che attraversa la politica e la legislazione dell’Unione europea nel corso degli anni fino a oggi. Il professor Donald M. Broom del Department of Veterinary Medicine dell’Università di Cambridge (Uk), redattore dello studio, sottolinea la necessità di definire e trattare scientificamente il benessere animale, esaltando quanto i provvedimenti messi in atto dall’Unione europea abbiano migliorato il benessere della maggior parte delle specie e quanto abbiano contribuito a mettere in buona luce l’Europa su scala intercontinentale.
Attraverso una serie di riferimenti desunti dal contesto avicolo, Broom delinea quanto siano ancora numerose le lacune normative sulle quali si deve intervenire: le leggi specifiche per il benessere animale sono tuttora limitate ai polli allevati per la produzione della carne e alle galline ovaiole, mentre molte altre, quelle numericamente meno rappresentate, ne risultano prive; persino la stessa normativa verticale in corso si presenta lacunosa e necessita di un aggiornamento legislativo.
A partire dal concetto di benessere
La definizione di benessere, descritta da Broom come “lo stato di un individuo per quanto concerne i suoi tentativi di adattamento all’ambiente” (Broom 1988, 1991a,b; Broom e Johnson,1993) è stata fortemente condivisa in ambito europeo, in quanto permette una misurazione dinamica del benessere, oscillante da “molto buona” a “scadente”. Quando i fattori ambientali sovraccaricano questo sistema di adattamento, l’animale mostra difficoltà o diventa incapace di reagire a questi stimoli. Un animale malato ha sicuramente un livello di benessere più basso di uno sano nella stessa situazione, perché diminuisce la sua capacità di adattarsi alla patologia (Broom, 2006).
I bisogni sono necessità biologiche di un animale con un’origine “cerebrale” (Broom e Johnson 1993, Broom 2008), i quali possono essere soddisfatti non solo attraverso particolari risorse, come l’acqua o il calore, ma anche attraverso il raggiungimento di un obbiettivo divenuto importante per l’animale. Per citare un esempio, le anatre necessitano, per esprimere il proprio comportamento acquatico, di una superficie d’acqua in cui immergere la testa e spruzzarsi acqua sopra le piume, in cui nuotare e gonfiare il proprio piumaggio. Negli attuali sistemi di allevamento europeo dove sono in uso gli abbeveratoi a tazza, questo bisogno non è soddisfatto, nonostante la richiesta di renderlo un requisito di legge da parte del Consiglio d’Europa (1999) e di molti altri paesi firmatari.
Il contesto europeo
Non c’è dubbio che i cittadini europei abbiano un forte interesse per il benessere animale, sia dentro che fuori dai confini comunitari, e che la loro consapevolezza sia in costante aumento (Eurobarometer, 2016, tabella 1). Un vantaggio per l’Europa è stato quello di aver reagito rapidamente alle nuove opportunità di mercato e di essersi adeguata al mutamento della domanda dei consumatori: per il consumatore moderno, un prodotto di qualità dev’essere, necessariamente, anche sostenibile. Il benessere animale è richiesto dal consumatore come uno dei requisiti fondamentali per l’acquisto di un prodotto: per garantire adeguati livelli di benessere, le industrie europee hanno modificato attrezzature e metodi di produzione; anche i paesi extra europei, di riflesso, si stanno attualmente adeguando a questo cambiamento di rotta.
Negli ultimi anni la Commissione europea ha investito affinché l’applicazione della legislazione sul benessere animale fosse standardizzata e migliorata nei diversi stati comunitari. Il metodo applicativo più efficace ha riguardato le procedure durante la macellazione: i controlli in questo contesto sono stati più assidui, essendo maggiormente soggetta a rischi di sicurezza alimentare e di sanità pubblica.
In parallelo alla macellazione, l’applicazione della normativa sul benessere animale nel momento del trasporto ha avuto efficacia perché è stata connessa a una considerazione di utilità e di vantaggio personale da parte dell’azienda di trasporto: essendo il trasferimento degli animali il momento di massima visibilità all’interno del processo produttivo, una violazione di tale normativa comporterebbe un grave danno all’immagine e al prestigio dell’azienda.
Luci e ombre della normativa
Nella concezione di Broom, tuttavia, il benessere in allevamento è il punto in cui si concentrano i maggiori problemi e le più evidenti contraddizioni (tabella 2). Per ciò che concerne la normativa sul benessere in allevamento, il migliore successo dell’Ue ha riguardato l’obbligo delle gabbie arricchite per le galline ovaiole: in Europa vengono allevati infatti circa 4mila milioni di broilers e per questi, insieme alle galline ovaiole, è stata formulata una direttiva specifica (Direttiva 2007/43/Ce; Direttiva 1999/74/Ce).
La magnitudine del “problema benessere” è misurata principalmente in funzione del numero di animali allevati e della sua gravità. La selezione genetica spinta all’eccesso, unita all’alimentazione ad libitum, conducono a un iperaccrescimento muscolare non supportato da un’adeguata osteogenesi, che si riflette in numerose patologie fortemente dolorose a carico delle zampe, rendendole il primo problema di benessere animale al mondo (Efsa, 2010).
Ulteriori problemi di benessere estremamente rilevanti nel contesto avicolo derivano dall’elevata densità di capi nell’allevamento dei tacchini, dall’alimentazione forzata, dalle scarse condizioni di stabulazione delle anatre e dalle mutilazioni: anatre, tacchini e avicoli da riproduzione non sono protetti da una normativa ad hoc, ma unicamente dalla “lacunosa e poco scientifica” Direttiva 98/58/Ce, per i quali si mantiene troppo generica e provoca problemi di interpretazione. Per citare un esempio, le dichiarazioni “Non devono essere praticati l’allevamento naturale o artificiale o procedimenti di allevamento che provochino o possano provocare agli animali in questione sofferenze o lesioni” e “Nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò̀ possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere” (Dichiarazione n. 20 e 21, Direttiva 98/58/Ce) sono state interpretate in misura differente nei diversi Stati membri. In alcuni casi, queste dichiarazioni hanno permesso di ridurre certe pratiche lesive per il benessere, come l’utilizzo di ricoveri troppo ristretti o una selezione genetica troppo spinta: un caso esemplare è rappresentato dall’Italia, in cui tale Direttiva comunitaria ha fornito una valida occasione per vietare l’alimentazione forzata delle anatre. Vi sono anche casi in cui la Dichiarazione non è stata minimamente tenuta in considerazione, paesi in cui anatre e oche continuano a essere sottoposte a ipernutrizione, per la produzione del foie gras, causa, per i singoli animali, di uno stato patologico e quindi di una prolungata assenza di benessere. Non c’è inoltre nessuna legge che limiti l’esecuzione dello spiumaggio in oche ancora vive.
Il tacchino da carne, che in Europa conta 150 milioni di capi, è allevato in condizioni inadeguate per i basilari bisogni etologici della specie, sia a causa dello spazio carente per capo, sia per il debeccaggio, eseguito abitualmente e ritenuto necessario per evitare lesioni da scontri causati da un’eccessiva densità: queste condizioni rappresentano una fonte di notevole sofferenza e disabilità. Sorgente di grande frustrazione è anche l’eccessivo sviluppo dei muscoli pettorali, caratteristica selezionata nel tempo per rispondere a esigenze produttive e di vendita, che rende il maschio incapace di accoppiarsi. Purtroppo non esiste tutt’ora alcun tipo di normativa europea a protezione di queste specie.
Sicuramente, una delle conquiste maggiori della direttiva specifica per i polli da carne è stata quella di aver introdotto una possibile misurazione della conformità ai requisiti di legge sul benessere animale, a partire da indicatori basati sull’animale medesimo (le cosiddette animal-based measures) (Eu Scahaw 2000, Berg et al 2004). Questo principio è stato utilizzato da alcune compagnie di vendita al dettaglio di alimenti come uno standard per l’acquisto. Dato che il costo di produzione del broiler dipende essenzialmente dalle spese per l’alimentazione, molte aziende internazionali produttrici di carne (come in l’Argentina e in Thailandia) si sono strutturate per soddisfare gli standard di benessere più elevati imposti dalla normativa europea.
La Direttiva del 1999, in cui si abrogava l’allevamento in batteria e si imponevano dei requisiti minimi di spazio per gallina, ha posto certamente l’Europa in primo piano nei progressi riguardanti il benessere animale. Dato che buona parte dei costi di produzione nell’allevamento delle ovaiole dipende dallo spazio per capo, è stata necessaria anche una forte richiesta dei consumatori europei di uova da galline allevate in condizioni di maggior benessere, per garantire un adeguamento del resto del mondo agli standard comunitari.
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