La filiera avicola crea valore per quasi 8 miliardi di euro

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Nel 2018 pollo e carni bianche le più consumate. Il punto sul settore avicolo italiano durante l’assemblea annuale di Unaitalia, svoltasi recentemente a Roma

Sfiora gli 8 miliardi di euro il valore dell’avicoltura italiana: nel 2018 la filiera di pollo e carni bianche ha generato ricadute economiche e occupazionali per 7,9mld, pari a quasi mezzo punto del Pil 2018 (0,45%), a fronte di un volume di affari complessivo della stessa filiera pari a 21,7 miliardi. Le carni avicole italiane corrispondono, inoltre, al 7,8% di tutti i prodotti alimentari venduti nel nostro Paese.
A rivelarlo lo studio Althesys “La filiera avicola crea valore per l’Italia” (dati 2018), presentato a Roma pochi giorni fa durante l’assemblea di Unaitalia. La sigla Unaitalia sta per Unione nazionale filiere agroalimentari carni e uova; l’organismo rappresenta oltre il 90% della filiera avicunicola nazionale.
L’avicoltura italiana, ha affermato il presidente di Unaitalia Antonio Forlini (nella foto), «è un comparto zootecnico strategico che garantisce prodotto e filiera 100% made in Italy, con un fatturato in crescita del 7,5% negli ultimi dieci anni (oggi a quota 5,7 mld di euro). Inoltre, è l’unica filiera zootecnica autosufficiente: la produzione interna copre il 106,6% della domanda».
Moltiplicatore economico
L’indagine, che per la prima volta fotografa il contributo diffuso del settore al Paese tra effetti diretti, indiretti e ricadute indotte, evidenzia come la filiera avicola, con 21,7 mld di euro di giro d’affari complessivo, oltre ad essere un’eccellenza della zootecnia italiana e del settore primario, si dimostri un vero e proprio “moltiplicatore economico”. Ogni euro di valore condiviso generato nella fase di trasformazione infatti ne produce 5,70 sul resto del comparto.
Effetti tangibili si riscontrano anche sul fronte dell’occupazione (circa 83mila addetti lungo la filiera). Per ogni dipendente nella trasformazione vengono creati altri 2,5 posti di lavoro lungo tutte le altre fasi della filiera (incubatoi, agricoltura, mangimi, industria, housing allevamenti, servizi, logistica, distribuzione e vendita).
Niente antibiotici nel piatto
«L’eccellenza dell’avicoltura italiana - ha sottolineato Forlini - è evidente anche sul fronte del benessere animale, della sicurezza e della riduzione degli antibiotici (-80%). In meno di 10 anni il settore ha fatto passi da gigante su questi aspetti».
Nella carne bianca che consumiamo non ci sono residui di medicinali, come testimoniato dai riscontri sempre negativi del Piano nazionale residui, emanato annualmente dal ministero della Salute, che verifica l’eventuale presenza di molecole negli alimenti. Nel 2017 su 8.548 analisi condotte su campioni di carni avicole non è stata riscontrata alcuna difformità. Un miglioramento rispetto al 2016, quando la percentuale era pari allo 0,04%, con 3 casi difformi su 7.621 analisi condotte.
Unaitalia sottolinea che gli antibiotici sono utilizzati solo a scopi curativi, mai preventivi, e solo dopo diagnosi e prescrizione di un veterinario. Oggi solo 1 pollo su 5 viene curato con antibiotici.
Accrescere la quota export
Per mantenere questo livello d’eccellenza e non perdere solidità e autosufficienza, a fronte di competitor agguerriti, secondo Forlini, il settore «deve essere messo al centro dell’agenda politica: servono misure di sostegno alla competitività delle imprese e all’export, che dal 2017 perde in media il 3,9% l’anno in valore. Per invertire questa tendenza dobbiamo accedere ai nuovi mercati, anche in vista delle previsioni sul tasso di crescita annuale dei consumi Ue per il 2030».
Secondo i dati della relazione annuale Unaitalia, nel 2018 l’export di carni avicunicole è stato di 176.800 tonnellate (il 13% della produzione totale), pari a 389 milioni di euro.
I paesi della Ue sono stati destinatari di oltre i due terzi dell’export avicolo italiano (68%). In particolare, la Germania ha assorbito da sola il 42%, seguita da Grecia (13%) e Francia (7%). Fra i Paesi Terzi, una notevole importanza hanno avuto le destinazioni africane che, in tutto, rappresentano oltre il 24% dell’export avicolo italiano.

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Antonio Forlini.

Forlini ha ribadito che è ancora fermo il dossier Cina: «Chiediamo al più presto una cabina di regia tra Mipaaft, ministero della Salute, ministero degli Affari esteri e Mise. È necessario un grande gioco di squadra. Le imprese devono fare la propria parte offendo prodotti in linea con le aspettative dei mercati esteri, ma è parimenti essenziale un sostegno forte delle istituzioni per garantire le condizioni necessarie alla conclusione degli accordi bilaterali con paesi strategici come la Cina».
Gli italiani e il pollo, un sodalizio che si consolida
Le carni avicole confermano il loro primato sulla tavola degli italiani (35% degli acquisti domestici) e registrano nel 2018 una crescita costante sia nei volumi che nella spesa (+0,6% i volumi e +3,6% la spesa sul 2017, elaborazione Ismea su dati Nielsen). Gli amanti del pollo sono soprattutto al Sud con il 30% degli acquisti, +2,8% sul 2017; il Nord Ovest segna 26% e il Centro Italia 25%. A trainare i consumi delle famiglie italiane sono panati e preparati (+9,3% in volume e +10% in valore sul 2017): prodotti a maggiore valore aggiunto che vengono prediletti per facilità e velocità di preparazione.
In crescita il valore delle carni avicole tal quali: +1,5%, a fronte di una lieve flessione fisiologica dei volumi (-1,5%) dopo anni di costante incremento.
La partnership con Veronafiere
Il settore avicolo sarà presente alla 114ª edizione di Fieragricola (29 gennaio - 1° febbraio 2020) con la terza edizione del premio nazionale Avicoltore dell’anno, dedicato alle migliori pratiche di allevamento sui temi del benessere animale, della sostenibilità, dell’innovazione e della biosicurezza.
«La partnership con Veronafiere per Fieragricola vuol testimoniare, una volta di più, la vicinanza fra imprese della trasformazione avicola e mondo agricolo, in particolare per quanto concerne la relazione con le migliaia di allevatori attivi nelle nostre filiere, con i quali vogliamo costruire un futuro del mondo avicolo che generi a tutti i livelli, un sempre più ampio valore condiviso», ha concluso Forlini.
Le nuove sfide
dell’avicoltura italiana
«Dare all’opinione pubblica e agli stakeholder un’informazione completa e fondata contro le fake news che troppe volte circolano sui media; difendere le legittime istanze della produzione made in Italy e della trasparenza per il consumatore; collaborare attivamente con le istituzioni per elevare il livello di sicurezza e benessere negli allevamenti; portare avanti l’impegno per la sostenibilità, per ridurre ulteriormente l’impatto ambientale della filiera». Questi gli asset, declinati da Forlini, sui quali Unaitalia investirà le proprie risorse future.
Per quanto riguarda la sostenibilità, Forlini ha sottolineato: «Oggi si ottiene 1 kg di carne avicola con 1,7 kg di mangime, un parametro che non ha paragoni in nessun altro settore zootecnico e che consente di risparmiare risorse naturali sempre più preziose per il nostro pianeta».
Benessere in allevamento
In Italia, specifica Unaitalia, i polli sono allevati nel pieno rispetto delle norme e del benessere animale. Non sono allevati in gabbia, le batterie non esistono da oltre 60 anni, ma a terra, solitamente all’interno di capannoni nel rispetto delle norme europee e italiane che stabiliscono parametri microclimatici e di illuminazione oltre a densità di allevamento tali da permettere i comportamenti naturali dell’animale, quali il ruspare su strati di paglia o trucioli di legno.
In altre tipologie di allevamento, nel caso del biologico e dell’allevamento all’aperto, le strutture sono dotate anche di parchetti esterni recintati e con erba, dove gli animali sono liberi di muoversi.
Per quanto riguarda le galline ovaiole, cresce la richiesta dei consumatori per uova da allevamento a terra (45% delle vendite), mentre quella di uova da gabbie arricchite, più spaziose delle precedenti gabbie tradizionali e dotate di nido e lettiera, scende al 42%.

SARDEGNA, ROBIOLA E STRACCHINO
DA LATTE OVINO CRUDO

Nell’infinito e variegato mondo dei formaggi, altre due proposte si affacciano nel mercato della Sardegna. Si tratta della robiola e dello stracchino fatti con puro latte ovino crudo.
Da qualche tempo si stanno producendo queste due tipologie di formaggi freschi, tradizionalmente fatti con latte vaccino, nel caseificio artigianale Pab’è Is Tellasa di Sant’Andrea Frius, nel Gerrei in provincia di Cagliari. La produzione, con pezzature di circa 400 grammi ciascuna, va a ruba nei mercati di Campagna Amica di Cagliari e Monserrato, ma è anche venduta via internet.
“Per ora la nostra produzione è limitata a cira 10 kg al giorno per la robiola e lo stracchino, ma contiamo di incrementarla al
più presto», annuncia Maria Atzeni, titolare del caseificio artigianale e dell›omonima azienda zootecnica dove alleva circa 400 capi ovini.
“La nostra produzione è particolarmente richiesta sopratutto dagli intolleranti al latte vaccino”. E dopo aver immesso sul mercato qualche tempo fa la mozzarella fatta con latte ovino, Maria Atzeni ha così deciso di sperimentare la robiola e lo stracchino.
“Trasformiamo in formaggi l’intera produzione di latte ovino della nostra azienda”, conclude la Atzeni,”e produciamo anche tutti i tipi di pecorini, compreso quello messo a stagionare nell’argilla, che gli da un gusto davvero particolare”.

La filiera avicola crea valore per quasi 8 miliardi di euro - Ultima modifica: 2019-07-16T16:00:16+02:00 da Lucia Berti

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