La Diarrea Virale Bovina (BVD) è tra le malattie virali più comuni nei bovini. Causata dal virus BVD, essa ha un impatto negativo sulle performance delle bovine in termini di produzione di latte, prestazioni riproduttive, crescita e resistenza generale contro le malattie.
Si tratta di una malattia complessa, spesso clinicamente subdola e di difficile identificazione, anche perché il quadro clinico è frequentemente legato all’immunodepressione. Al tempo stesso è una malattia che impatta significativamente a livello economico nella realtà degli allevamenti bovini.
Il virus della BVD
Il virus che causa la BVD, un Pestivirus della famiglia Flaviviridae, è un virus Rna a singolo filamento di forma rotonda, con diametro da 40 a 50 nanometri. Esso si manifesta nei genotipi BVD tipo 1 e BVD tipo 2 (entrambi con vari sottotipi). Esistono due biotipi: citopatogeno (cp) e non citopatogeno (npc).
Tre diversi quadri clinici
Nell’ambito della BVD vanno nettamente distinte tre diverse situazioni cliniche, legate ad altrettanti diversi meccanismi patogenetici, ovvero:
- Infezione clinica acuta in soggetti immunocompetenti da ceppi ncp a patogenicità “convenzionale”, spesso con un quadro clinico aspecifico/subdolo, ma talvolta più manifesto in funzione della virulenza del ceppo infettante e delle condizioni ambientali. In questo caso le principali strutture bersaglio dell’azione patogena virale sono: l’apparato digerente, l’apparato riproduttivo e il sistema immunitario.
- Infezione clinica acuta in soggetti immunocompetenti da ceppi ncp cosiddetti “trombocitopenici”, finora descritti invariabilmente all’interno del genotipo 2, caratterizzata dalla comparsa di un grave quadro emorragico con significativa letalità fra gli animali colpiti; si tratta tuttavia di eventi piuttosto rari.
- Infezione persistente in soggetti immunotolleranti, per lo più animali asintomatici fino a quando il virus si modifica nella sua variante citopatogena con conseguente comparsa di segni clinici quali tipicamente la “malattia delle mucose” (Md).
Quali conseguenze in allevamento
Nell’allevamento da latte le principali conseguenze dell’infezione da BVD sono rappresentate da:
- riduzione della fertilità, sia di maschi che di femmine, con conseguente abbassamento del tasso di concepimento;
- se la bovina viene contagiata durante l'inizio della gravidanza, il virus può portare a casi di: lenta crescita fetale, riassorbimento embrionale, aborto precoce, morte alla nascita, difetti congeniti nel vitello;
- immunosoppressione, che si traduce in animali più sensibili nei confronti di altre malattie secondarie (malattie respiratorie ed enteriche, zoppie e mastiti negli animali adulti);
- calo della produzione lattea direttamente correlato all’infezione/indirettamente correlato all’infezione (allungamento dell’interparto, patologie mammarie intercorrenti e da immunodepressione);
- riduzione del prezzo del latte per aumento delle cellule somatiche.
Vie di trasmissione
L’infezione viene tipicamente innescata dal contatto diretto di animali naïve, sieronegativi, con soggetti persistentemente infetti, che rappresentano il principale veicolo di diffusione del virus: le vie tipiche di ingresso sono rappresentate dalle mucose orofaringee, oppure dalla via venerea.
Anche la trasmissione meccanica è possibile attraverso: insetti, attrezzature veterinarie o zootecniche contaminate, box non puliti e disinfettati, ecc...
Infine, la trasmissione verticale svolge un ruolo cardine nel mantenimento della malattia: infezioni tra l’80° ed il 125° giorno di gestazione possono dare luogo alla nascita di vitelli PI (raramente oltre il 100°). Possibile la trasmissione anche attraverso lo sperma di tori infetti (in particolare PI) e l’embryo-transfer (riceventi infette).
Fondamentale la diagnosi precoce
L’introduzione in azienda di bovini immunotolleranti persistentemente infetti e la nascita di vitelli PI rappresentano il principale fattore di rischio per l’ingresso della BVD in una stalla indenne. In questo senso diventa decisiva la diagnosi precoce.
La diagnosi può essere posta non tanto su base clinica (dove non è facile formulare un sospetto più o meno fondato), quanto piuttosto su base laboratoristica, per via diretta (dimostrazione della presenza di virus) o indiretta (dimostrazione della presenza di anticorpi).
Sulla base dell’epidemiologia del virus, è evidente che lo sforzo diagnostico deve essere indirizzato in primis verso i soggetti immunotolleranti, quindi deve:
- evidenziare le aziende al cui interno è presumibile la presenza dei soggetti immunotolleranti;
- identificare, all’interno di esse, i soggetti immunotolleranti, in modo da poterli eliminare.
Da un punto di vista pratico, esistono differenti metodi per rilevare questa malattia nelle mandrie:
- identificazione dell’infezione nella sua fase iniziale tramite rilevazione di anticorpi nel latte;
- identificazione dell’infezione durante la sua fase attiva tramite rilevazione del virus nel latte;
- distinzione tra animali con infezione transitoria e animali persistentemente infetti tramite analisi di campioni di sangue o tissutali;
- individuazione di casi di reinfezione o di animali persistentemente infetti non rilevati tramite analisi del sangue (rilevazione degli anticorpi).
L’esame virologico tramite prelievo di tessuto auricolare
In particolare, l’esame virologico eseguito a partire da un campione di tessuto sembra essere una delle strategie più efficaci per identificare ed eliminare tempestivamente i vitelli immunotolleranti (persistentemente infetti o PI). Questo tipo di analisi può cominciare poco dopo la nascita, effettuando il prelievo di una piccola porzione di tessuto cartilagineo dall’orecchio: ai vitelli vengono applicate due marche auricolari con lo scopo di associare il codice identificativo individuale all’animale. Una delle due sopracitate marche, chiamata TST (Tissue Sampling Tag), oltre all’identificazione, permette il prelievo del campione di tessuto auricolare che sarà utilizzato per la ricerca della BVD.
La marca TST, ideata e progettata da Allflex Livestock Intelligence e l’unica ad essere approvata ICAR, è a tutti gli effetti una marca auricolare, ma presenta una piccola variante: il maschio è costituito da un perno flessibile che al posto della punta in metallo reca l’ago per il prelievo bioptico della cartilagine. Una volta applicata la marca al padiglione auricolare del vitello, sulla pinza rimane l’ago col carotaggio del tessuto cartilagineo, sul quale viene poi effettuata la ricerca del virus BVD. Il frammento cartilagineo prelevato con la marca TST viene preservato in una provetta dove è presente un liquido di conservazione che consente di mantenere inalterate le caratteristiche chimico-fisiche del campione per un lungo periodo.
È inoltre importante sottolineare che le due marche auricolari sopra descritte si distinguono per il colore della testa della femmina: nella marca standard (scopo identificativo) è di colore nero, mentre in quella TST è di colore bianco. Questa differenziazione cromatica permette agli allevatori di individuare immediatamente i vitelli a cui sia stato prelevato un campione della cartilagine auricolare per l’identificazione del virus BVD. Dettaglio che può essere utile anche per coloro che intendono acquistare un animale: possono capire immediatamente se il capo è stato o meno testato per la BVD e richiedere i risultati dei test collegati a quel campionamento.
TST di Allflex Livestock Intelligence, un campione per la vita
La raccolta dei campioni avviene in pochi secondi, con un contenimento minimo degli animali all’atto dell’identificazione: il movimento a pressione è in grado di raccogliere in modo rapido il campione di tessuto.
La marca auricolare TST risulta ideale per testare i vitelli appena nati, il lavoro diagnostico può infatti iniziare poco dopo la nascita. Questo aspetto rende il metodo di analisi molto vantaggioso rispetto a quello che prevede il campionamento di sangue: quando si utilizza un campione di sangue di un animale neonato per ricercare la presenza di virus, infatti, potrebbero verificarsi delle interferenze con gli anticorpi materni ricevuti durante la gravidanza, ottenendo così un risultato falso negativo. Al contrario, quando le analisi vengono eseguite su un campione di tessuto, questo rischio si riduce di molto.
Il prelievo del tessuto auricolare consente quindi un test molto precoce, la rapida rimozione di animali infetti e un minor periodo di quarantena degli stessi. Questo ha un impatto positivo sul livello di benessere dei vitelli.
Tra i vantaggi della marca auricolare TST di Allflex Livestock Intelligence, infine, anche quello di prelevare una grande quantità di DNA di alta qualità, utilizzabile più volte per la tracciabilità genetica e l’analisi genomica – “un campione per la vita”.
Per ulteriori informazioni clicca qui!