La Giornata mondiale del latte, indetta dalla Fao il 1° giugno scorso per ricordare l’importanza dell’alimento e dei suoi derivati per la dieta umana, è stata celebrata in mille modi dagli organismi più diversi, anche in Italia. Di grande impatto in particolare, nel nostro Paese, le iniziative organizzate dalle varie associazioni o organizzazioni professionali.
Le quali hanno approfittato della ricorrenza per proporre analisi di mercato (Coldiretti), avanzare richieste alle istituzioni (Copagri), protagonista di una campagna per denunciare il fenomeno delle fake news (Libera Associazione Agricoltori Cremonesi).
Libera
Iniziamo da quest’ultima, che ha organizzato a Cremona la “Festa del latte” per celebrare la Giornata mondiale del latte insieme ad altri enti pubblici e privati. Durante questa festa è andata in scena una tavola rotonda, coordinata da Nicoletta Carbone di Radio 24 e Lorenzo Morelli dell’Università Cattolica di Piacenza e Cremona. Tavola rotonda appunto incentrata sulle “false notizie” che circolano intorno al latte e derivati e su come contrastare questo fenomeno.
Ad aprire i lavori una presentazione della Fil-Idf da parte di Luciano Negri, presidente del ramo italiano di questa federazione, a seguire tre interventi su corretta informazione, tema introdotto da Micaela Cipolla, specialista in igiene del latte; su latte e cambiamenti climatici, relatore Marco Trevisan, professore dell’Università Cattolica; e infine su latte competitività, argomento sviluppato da Antonio Caira del Mipaaf.
Tutti argomenti da non sottovalutare, dicono i dirigenti della Libera, visto che a fronte di un incremento della produzione si registra una diminuzione dei consumi, questo almeno nei paesi occidentali.
L’incontro si è realizzato anche sulla base di accordi di programma sottoscritti dalla Fao e dalla Fil-Idf, noti sotto il nome di “Carta di Rotterdam” che, come ha ricordato il professor Morelli in chiusura, hanno riconosciuto il settore lattiero caseario strategico per lo sviluppo sociale delle comunità rurali nel rispetto delle norme relative alla sostenibilità che deve riguardare non solo gli aspetti ambientali ma anche quelli economici dell’intera filiera.
Dall’intervento del professor Trevisan è emerso come l’efficienza aziendale contribuisce in modo sostanziale a diminuire i gas ad effetto serra e che in Italia vi sia una maggiore efficienza nella trasformazione degli alimenti in latte dell’11% in più rispetto all’Europa e agli Usa, per non parlare dei paesi a zootecnia estensiva, come l’Africa in cui le emissioni climalteranti sono sette volte più alte rispetto ai paesi con zootecnia più intensiva.
L’incontro di Cremona si è chiuso con la sottoscrizione della Carta di Rotterdam anche per il nostro paese da parte dei diversi componenti della filiera: la Fil-Idf, i produttori, la cooperazione e l’industria.
Coldiretti
Mai così tanto formaggio italiano è stato consumato all’estero come nel 2018 che ha fatto segnare un record storico con l’aumento dell’8% in quantità rispetto al 2017 in cui ne sono stati consumati all’estero ben 412 milioni di chili. E’ quanto è emerso da un’analisi Coldiretti su dati Istat relativi ai primi due mesi dell’anno diffusa in occasione della Giornata mondiale del latte indetta dalla Fao il 1° giugno.
La dimostrazione più eclatante del successo, dice l’organizzazione professionale, è il fatto che i francesi sono diventati i principali consumatori di formaggi made in Italy, tanto che quasi il 20% delle esportazioni complessive finisce proprio sulle tavole d’oltralpe, in ulteriore aumento del 2% nel 2018 dopo essere praticamente raddoppiate nel giro degli ultimi dieci anni.
Il secondo mercato di sbocco è oggi rappresentato dalla Germania dove l’export è cresciuto del 9% davanti alla Gran Bretagna dove nel 2018 si è verificato un aumento del 10% delle spedizioni e gli Stati Uniti, anche qui in aumento (+7%). Ma i prodotti caseari tricolori crescono anche in paesi tradizionali produttori come l’Olanda (+19%) e la Svizzera (+10%) del formaggio con i buchi.
In cima alla lista dei formaggi italiani più richiesti all’estero ci sono il Grana Padano ed il Parmigiano Reggiano, che in quantità rappresentano il 22% del totale esportato. Questi due formaggi “guidano la lista del 51 formaggi italiani che hanno avuto il riconoscimento dell’Unione europea come denominazione di origine (Dop/Igp), a partire dal Pecorino Romano, dal Gorgonzola e dalla mozzarella di Bufala Campana, e che fanno segnare volumi importanti di esportazioni”.
I formaggi made in Italy più esportati, continua Coldiretti, sono purtroppo anche quelli più taroccati nel mondo, dove le imitazioni del Parmigiano reggiano e del Grana Padano hanno superato addirittura i prodotti originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan, canadese, australiano e statunitense. Una realtà paradossalmente favorita dai recenti accordi di libero scambio siglati dall’Unione europea che di fatto, denuncia la Coldiretti, stanno legittimando le brutte copie delle specialità nazionali.
Il successo del formaggio italiano all’estero, conclude la Coldiretti, “è la punta dell’iceberg del segnale di ripresa registrato nel settore lattiero caseario nazionale dopo l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte entrato in vigore in Italia il 19 aprile 2017 che ha rivitalizzato il mercato e salvato molte stalle dalla chiusura”.
Copagri
Istituire al Castello Visconteo di Pandino (Cr) un museo interamente dedicato al latte e ai prodotti derivati, “un Museo mondiale del latte”. È questa la richiesta alle istituzioni avanzata il primo giugno dalla Copagri (Confederazione produttori agricoli) durante l’iniziativa “Alla scoperta di un bene prezioso”. Un evento organizzato da Copagri con il patrocinio del Comune di Pandino e in collaborazione con la Scuola Casearia di Pandino.
L’incontro si è svolto in occasione del World Milk Day, istituito dalla Fao - dice Copagri - per ricordare l’importante contributo del settore lattiero-caseario alla sostenibilità, allo sviluppo economico, ai mezzi di sussistenza e alla nutrizione. All’iniziativa sono intervenuti fra gli altri il presidente della Copagri Lombardia Roberto Cavaliere, l’assessore all’agricoltura della Lombardia Fabio Rolfi e il presidente nazionale della Copagri Franco Verrascina (da sinistra a destra nella foto).
“Oggi celebriamo un settore che produce ogni anno circa 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 500mila tonnellate di latte di pecora, oltre 200mila di latte di bufala e 60mila di latte caprino, dando un concreto sostegno all’economia nazionale e all’occupazione”, ha osservato Verrascina, precisando che “lo scopo dell’iniziativa di oggi è appunto quello di comunicare questo valore aggiunto, nonché l’alto valore nutrizionale di un prodotto legato da millenni all’alimentazione umana”.
La festa è del latte, ma il burro segna un +12,5%
Burro alla riscossa nella Giornata mondiale del latte, con l’aumento del 12,5% della spesa nel carrello delle famiglie italiane nel 2017. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata proprio in occasione della ricorrenza del 1° giugno. L’aumento, secondo l’organizzazione professionale, è dovuto anche al riconoscimento di positive proprietà da parte di recenti studi scientifici, che hanno fatto cadere pregiudizi nei confronti di un prodotto che viene oggi percepito come più naturale e salutare di altri.
Un appuntamento che “festeggia” dunque una decisa inversione di tendenza negli acquisti per uno dei condimenti più tradizionali della dieta degli italiani sulla base delle elaborazioni su dati Ismea.
Il burro, sottolinea la Coldiretti, sta riacquistando popolarità ed è tornato ad essere uno dei grassi più usati in cucina per i suoi molti suoi punti di forza: a differenza delle margarine non è un prodotto chimico, è meno calorico degli oli, non è idrogenato ed è ricco di nutrienti come il calcio, sali minerali, proteine del latte e la vitamina A, senza contare che è un prodotto del tutto naturale e senza conservanti.
A spingere la domanda del burro anche la scelta di un numero crescente di industrie alimentari di orientarsi verso prodotti “olio di palma free” che hanno avuto un incremento record delle vendite del 17,6% nel 2017 sulla base delle elaborazioni Coldiretti sui dati dell’Osservatorio Immagino.
La domanda ha fatto balzare verso l’alto anche le quotazioni alla produzione del burro salite del 57% dall’inizio del 2018 con un trend rialzista a livello internazionale. Il positivo momento del burro con l’aumento delle quotazioni segue l’entrata in vigore in Italia dell’obbligo di indicare in etichetta l’origine in tutti i prodotti lattiero caseari voluta dalla Coldiretti per restituire trasparenza e valore al settore.
L’inversione di rotta del burro avviene infatti in un contesto produttivo che negli ultimi dieci anni ha visto praticamente dimezzato il numero di stalle presenti in Italia che hanno raggiunto il minimo storico di 30mila allevamenti, rispetto ai 60mila attivi nel 2005. Un fenomeno causato proprio dal crollo del prezzo pagato agli allevatori che – conclude la Coldiretti – è rimasto per lungo tempo addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame.