Grana Padano, Stefano Berni: obiettivi per la ripresa post-covid

Al lavoro in un caseificio del Grana Padano.
Il direttore generale del consorzio di tutela mette a fuoco le strategie per una solida ripartenza dopo i problemi generati dall’emergenza coronavirus. E propone un’analisi del mercato. In vista della prossima assemblea generale

 

Il Consorzio Tutela Grana Padano aveva prospettive di crescita quando si preparava all’assemblea generale di aprile. La pandemia da Covid-19 ha sconvolto i progetti e alla nuova assise in corso oggi, 19 giugno, si presenta con un piano produttivo condizionato pesantemente dallo scenario difficile dell’emergenza economica provocata da quella sanitaria, divenuta meno intensa, ma non finita.

Afferma il direttore generale del Consorzio di Tutela, Stefano Berni: “Di alcuni aspetti del Piano produttivo avremmo discusso comunque nell’assemblea prevista lo scorso aprile e che il Covid-19 ci ha indotto a rimandare. La gestione delle scorte, la retinatura qualitativa, il contenimento delle quantità sono argomenti propri del Piano e che vanno condivisi e approvati dai consorziati. La situazione scatenata dal Coronavirus è senza precedenti, ci impone di affrontarli in un contesto diverso e pesante e dobbiamo individuare il modo di frenare una spinta produttiva soprattutto forte fra agosto 2019 e marzo di quest’anno, quando nessuno poteva pensare che saremmo piombati nella più grossa crisi sanitaria ed economica mondiale degli ultimi cento anni”.

Sul mercato italiano i consumi sono crollati nel food service, ma hanno continuato a salire le vendite nella grande distribuzione, con le famiglie che hanno mangiato in casa il Grana Padano non chiesto nel pranzo al ristorante.

L’export

All’estero invece sono state pesanti le conseguenze del confinamento. “Ovunque - spiega Berni - l’attitudine al consumo si concentra di più nell’ambito della ristorazione e del food service.  In Germania, Svizzera e Francia, dove è diffuso il consumo di formaggio, riusciamo in parte a compensare il calo dei consumi nella ristorazione con l’ambito familiare, nel resto del mondo le difficoltà sono maggiori”.

Sul mercato nordamericano, poi, si è assistito ad una sorprendente altalena. Continua il dg del Consorzio: “Il mix tra gli effetti dei dazi, pesanti pur se inferiori al previsto, e i primi segnali della pandemia hanno visto partire molto bene l’export a gennaio, per poi precipitare a febbraio in misura pesante. In base alle stime sul primo bimestre, l’incremento dell’export è stato vicino al 40% rispetto allo stesso periodo del 2019. Poi il Covid-19 ha letteralmente spento la luce”.

Per 25 anni il Grana Padano ha visto crescere costantemente le esportazioni arrivando a 2 milioni di forme. Ma le previsioni per il 2020 indicano una battuta d’arresto provocata dal lockdown. “Fra gennaio e agosto 2020, ipotizziamo una riduzione delle esportazioni di circa 200mila forme, pari quindi a circa il 10% dell’export annuale, che per quasi la metà è venduto attraverso il canale del food service – dice il direttore generale del Consorzio -. Non ci avventuriamo oltre agosto, perché lo scenario sarà condizionato dalla presenza e dalla diffusione del Covid-19. Se, come tutti ci auguriamo, l’emergenza finalmente dovesse rientrare, potremmo riuscire a recuperare parte delle vendite fra settembre e dicembre e riterrei accettabile un calo a fine anno vicino alle 150mila forme. Se invece da settembre il Covid-19 dovesse ancora imporre in tutto il mondo una guardia alta con chiusure o riduzioni di attività nel food service, rischieremmo una riduzione di 300mila forme”.

La produzione

La produzione di Grana Padano non si è fermata durante il lockdown, registrando nei primi cinque mesi dell’anno un aumento del 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il piano produttivo che l’assemblea generale dovrà approvare si porrà quindi almeno tre obiettivi, già raggiunti in passato in situazioni critiche, ma non in una crisi economica planetaria come questa: ridurre le produzioni, abbassare le scorte e prevedere politiche in accordo col governo per l’aiuto agli indigenti.

“Lo scorso anno – precisa Berni - i caseifici hanno prodotto 5.190.000 forme e di queste 5.160.000 sono confluite nei magazzini, con un aumento del 4,6% sul 2018. Se nel 2020 la produzione di Grana Padano dovesse crescere di altri 4 punti, avremmo 200mila forme prodotte in più e con altre 200mila forme vendute in meno all’estero. Se quindi dovessimo gestire un tale surplus di 400mila forme, nessuno strumento o strategia di comunicazione, di marketing o di pubblicità ci consentirebbe di reggere il contraccolpo sui prezzi”.

Le scorte

Ma per il direttore generale il Consorzio e i produttori dovranno intervenire anche sulla riduzione delle scorte, agendo su due fronti. “Occorre innanzitutto mettere a disposizione meno latte, per produrre quindi meno Grana Padano, e al tempo stesso aumentare la selezione qualitativa retinando più formaggio”.

In tal modo, spiega Berni, “non solo ridurremmo le scorte di Grana Padano, ma contestualmente raggiungeremmo una fascia di consumatori con una capacità inferiore di acquisto. Credo che la questione della capacità di spesa alimentare non solo degli italiani sarà un aspetto da non sottovalutare, perché la crisi innescata dal Coronavirus sta colpendo migliaia e migliaia di persone. Quindi, il Grana Padano dovrà mantenere con determinazione il suo primato nel rapporto qualità – prezzo”.

Per gli indigenti

Proprio a conferma dell’attenzione alle difficoltà economiche delle famiglie, il Consorzio Tutela Grana Padano, insieme a quello del Parmigiano Reggiano, ha avviato un confronto con il Mipaaf per attivare un piano a sostegno degli indigenti, come quello attuato nel 2009 e sostenuto anche con risorse consortili.

“La questione non è urgente da definire, ma potremmo pensare - precisa il direttore generale del Consorzio - di destinare a questo intervento 100mila forme di Grana Padano e altrettante di Parmigiano Reggiano, distribuite nel corso dell’anno, come avvenne appunto nel 2009. Con una differenza sul piano delle risorse. Undici anni fa i consorzi elargirono un contributo del 10-12%, mentre oggi arriveremmo al 20-25% di aiuto supplementare a quello individuato dal ministero. Questo significherebbe che per ogni 100 euro di formaggio stanziato dal Mipaaf, i consorzi metterebbero a disposizione 20-25 euro di formaggio aggiuntivo”.

Dagli allevamenti

Sulla questione del latte e della possibile riduzione di produzione, pur considerandola un elemento utile a fronteggiare la crisi, il Consorzio Grana Padano ribadisce come le scelte spettino esclusivamente agli allevatori in base alla libertà e alla capacità di impresa di ogni stalla.

“La questione dell’incremento produttivo - conclude Berni - è di portata mondiale e va quindi ben oltre il comprensorio del Grana Padano. Comunque pare si sia diffusa la consapevolezza che per impedire il crollo dei prezzi del latte occorre contenere i volumi produttivi, almeno fino a quando non saremo definitivamente usciti dall’emergenza Covid-19”.

Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano.
Grana Padano, Stefano Berni: obiettivi per la ripresa post-covid - Ultima modifica: 2020-06-15T10:08:53+02:00 da Giorgio Setti

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