Latte, che fare in questo nuovo scenario

Gianpiero Calzolari, presidente Granarolo.
Editoriale per IZ del presidente Granarolo, Gianpiero Calzolari, sull'attuale situazione del mercato. Gli allevatori? Dovrebbero rivendicare una giusta trasparenza contrattuale, per un equilibrata distribuzione del valore. Inoltre dovrebbero sostenere una stagione di aggregazioni

 

Non è mai successo prima d’ora, ma costa di più il latte estero di quello italiano, e non sembrano esistere algoritmi in grado di recuperare una distanza invertita. Le cause sono molteplici ma quella fondamentale è che i nostri colleghi d’oltralpe hanno significativamente ridotto la produzione, prima per motivazioni ambientali, poi per contenere l’effetto dell’inflazione. La guerra infine ha esasperato il contesto.
L’Italia, da sempre sostenuta nelle quotazioni della materia prima dalle due principali Dop, si ritrova ad inseguire paesi che per anni hanno prodotto solo commodities e questo dovrà pur dirci qualcosa.
In casa nostra, nel caso delle Dop le compravendite si riferiscono ai bollettini delle principali borse merci in maniera trasparente e il trend è positivo da diversi mesi. Per il latte liquido e per tutto il resto i contratti sono la conseguenza dei rapporti di forza tra chi produce, chi trasforma e chi distribuisce; e non è un segreto che, in assenza di un’interprofessione , gli allevatori sono l’anello debole della catena.
Ci siamo ritrovati nel mese di marzo con una inflazione dei costi di produzione a due cifre, i listini bloccati e il comparto a rischio di default. Nel frattempo le parti si erano smarrite in una trattativa improbabile al ministero.
Essere leader comporta assumersi delle responsabilità anche oltre i propri confini aziendali, lo abbiamo fatto: la decisione di assicurare una base di 48 euro e la contestuale apertura della cooperativa a nuovi soci ha sbloccato la situazione, altri ci hanno seguito e si è riaperto il negoziato con la Gdo.
Chi produce va salvaguardato non di più, ma quantomeno alla stregua di chi compra, di chi distribuisce e di chi consuma. Ed è necessario riconoscere il giusto prezzo per un cibo di qualità e sostenibile, in primo luogo proprio da parte di chi lo compra, lo distribuisce e lo consuma.
           Due fronti
Si aprono due fronti in questa nuova situazione.
ll primo consiste nel riaffermare la dignità del cibo, un cibo di qualità, sostenibile e sicuro a cui va riconosciuta l’unica attestazione credibile, un giusto prezzo che faccia giustizia della retorica per cui si dicono cose diverse da quelle che si praticano.
Il secondo fronte è gestire il cambiamento che è conseguenza di diverse situazioni: siamo diventati autosufficienti, non si importa latte estero, quei trasformatori che fino a ieri lasciavano a casa il latte oggi sono disponibili a pagarlo il 20% in più pur di non rimanere senza materia prima, la domanda nazionale ed internazionale si mantiene alta, ma nel contempo manca l’alimentazione per i nostri animali e quella che c’è spunta dei prezzi da fantascienza.
Gli allevatori europei concentrando l’offerta hanno alzato la remunerazione del latte e lo stesso vale per la trasformazione.
Noi siamo il paese dei campanili e dei caseifici, dei prosciuttifici e delle cantine ma se nel vino la diversità produce distintività e valore aggiunto, nel latte troppi attori sottraggono reddito a chi produce.
         Tre consigli agli allevatori
Di questa crisi non vedremo la fine nel breve periodo e le conseguenze saranno pesanti. Ed  è convinzione di molti che in queste situazioni più che la prudenza serva il coraggio.
C’è un consiglio, peraltro non richiesto, che mi sento di dare agli allevatori, in primo luogo, a questi costi, è indispensabile tenere d’occhio le proprie rese produttive. Ci sono soglie sotto le quali non è sostenibile produrre, a prescindere dal prezzo.
In secondo luogo occorre rivendicare, prima ancora di un accordo economico, la giusta trasparenza contrattuale per un equilibrata distribuzione del valore, in una relazione moderna, dove non siano solo  gli allevatori a pagare le inefficienze del sistema.
Infine occorre sostenere, dalla produzione, una stagione di aggregazioni, per progettare alcune grandi piattaforme per sfrondare il settore dai troppi localismi e personalismi.

Latte, che fare in questo nuovo scenario - Ultima modifica: 2022-05-07T14:55:53+02:00 da Giorgio Setti

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