Il sistema dei prodotti a indicazione di origine vive un’importante fase di crescita. Un periodo che pertanto richiede un forte senso di responsabilità e un’azione decisa sulla strada dell’innovazione. Ci attendono sfide decisive per il futuro.
Bisogna rafforzare il sistema delle Dop e Igp in un’ottica di condivisione. Oggi più che mai è necessario una maggiore interazione delle filiere in tutti i comparti, per arrivare a dei veri e propri “contratti di filiera” nell’interesse di tutti gli anelli che le compongono.
Le sfide sono quelle della qualità, della tracciabilità, ma anche, e non ultimo, quella che toccano il contenuto culturale e identitario dei prodotti tutelati.
Non si tratta solo di numeri. I prodotti a marchio Dop sono un modello di produzione sostenibile dal punto di vista ambientale, economico ed etico. Comunicano cultura e identità.
L’aumento della popolazione mondiale (9 miliardi nel 2050) e la progressiva urbanizzazione (nel 2017 la popolazione urbana ha raggiunto il 50 % del totale) farà aumentare la domanda di alimenti di origine animale (fino al 50 % in più) soprattutto nei Paesi attualmente in via di sviluppo. Allo stesso tempo, la disponibilità di terra arabile crescerà solo marginalmente mentre i cambiamenti climatici imporranno vincoli sempre maggiori anche all’allevamento degli animali.
Le strategie dovranno essere differenziate tra Paesi in via di sviluppo, dove dovrà aumentare l’intensificazione e la produttività degli allevamenti, e Paesi sviluppati, dove i consumi di alimenti di origine animale dovranno stabilizzarsi.
Sostenibilità degli allevamenti
In questo scenario, il sistema europeo delle produzioni tutelate, che tanto si è sviluppato in Italia, propone un modello di produzione completamente certificata che consente di perseguire la sostenibilità degli allevamenti sotto il triplice aspetto della sostenibilità economica (per il maggiore valore aggiunto della produzione), della sostenibilità ambientale (per la programmazione della produzione che è l’opposto della crescita produttiva incontrollata) e della sostenibilità etica (per le numerose azioni a tutela del benessere degli animali e della qualità dei prodotti).
Si tratta di un sistema che viene riconosciuto nel mondo sia per la qualità della produzione sia per il continuo aumento delle esportazioni. Ed è proprio questo il Made in Italy che vince.
Dal mio osservatorio, credo che siano maturi i tempi affinché il sistema dei Consorzi possa adottare dei regolamenti interni, vincolanti per tutti i produttori previa approvazione del ministero, al fine di perseguire i temi legati alla sostenibilità ambientale e al benessere animale.
Oggi i consumatori chiedono di rispondere a una domanda su tutte: da dove viene quello che mangiamo? Ecco allora che anche il tema della tracciabilità diventa centrale. Il comparto bufalino si è dotato di un complesso di norme e verifiche all’avanguardia in Europa, che coinvolge allevatori, produttori, Consorzio e organismi di controllo in un grande Patto che sta dando i suoi frutti in termini di sicurezza e trasparenza.
Due capisaldi: export e giovani
Occorre insistere su questa strada. Le grandi realtà consortili devono tendere la mano ai giovani e meno strutturati Consorzi. Questi ultimi dovranno impegnarsi per raggiungere la maturità necessaria per la crescita del comparto.
La direzione della crescita deve avere due capisaldi: export e giovani. Bisogna far percepire sempre di più ai mercati esteri le importanti differenze fra il prodotto certificato Dop e i tanti prodotti similari non certificati; bisogna insistere sulla vigilanza congiunta negli altri Paesi che sta dando ottimi risultati e bisogna accelerare sugli accordi con gli altri Stati extra Ue che intendono riconoscere le denominazioni di origine. Ovviamente senza svilirne significato e importanza.
Altro passo da compiere è quello di supportare l’internazionalizzazione delle nostre imprese, la cui dimensione è spesso troppo piccola per affrontare il mercato globale. Su questo chiediamo un ascolto più convinto da parte delle istituzioni.
Inoltre le nostre denominazioni, così come i Consorzi, hanno bisogno di investire nella formazione dei ragazzi. Non si cresce senza una adeguata cultura e competenza delle nuove generazioni, senza la messa a punto di percorsi nuovi di specializzazione. Loro sono la nostra grande risorsa e scommessa.
Bisogna guardare ai giovani con uno sguardo nuovo e una prospettiva condivisa. L’obiettivo comune è da un lato creare cultura intorno alle Dop e Igp e dall’altro avere manager, comunicatori, dirigenti che nel prossimo futuro proseguano il grande lavoro realizzato fino ad oggi, che ha portato le nostre eccellenze ad essere apprezzate in tutto il mondo, generando economia e orgoglio per l’Italia.