Da allevamenti 5,2% di emissioni. Zootecnia pronta a transizione verde

Un momento del webinar organizzato dalla Cia presso una stalla veneta
Il punto nel corso di un webinar organizzato da Cia-Agricoltori Italiani. Scanavino: «I messaggi fuorvianti non suffragati dai dati incidono negativamente sulla filiera e sui consumatori. Settore già investe per sostenibilità, ora più risorse e strumenti per sfida ambientale e produttiva»

La zootecnia italiana è sotto attacco. Nonostante sia un settore strategico per l’economia nazionale, con un fatturato di 40 miliardi di euro e 270 mila imprese coinvolte tra produzione e trasformazione, e sebbene abbia compiuto enormi passi avanti sulla strada della sostenibilità, arrivando a pesare solo il 5,2% sul totale delle emissioni di CO2 che si riversano sull’ambiente, deve ancora difendersi da visioni allarmistiche e messaggi fuorvianti non suffragati dai dati che incidono negativamente sulla filiera e sui consumatori.
Gli allevatori invece sono già pronti a cogliere la sfida del Green Deal europeo: chiedono solo strumenti e risorse adeguate per affrontare la transizione verde puntando su innovazione, ricerca e nuove tecnologie, con l’obiettivo di impattare sempre meno sul clima, e al contempo tutele per competitività, reddito e qualità. Questi i dati e il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani nel corso del webinar “Allevamenti bovini e transizione ecologica”, che si è tenuto in un’azienda specializzata nell’allevamento di bovini nel Veneto.

Il valore della zootecnia nazionale

Le produzioni animali Made in Italy rappresentano quasi la metà del valore dell’agroalimentare nazionale. Il solo settore della carne (bovina, suina e avicola) genera un giro d’affari di circa 30 miliardi di euro (10 miliardi alla produzione e 20 nell’industria di trasformazione), che arriva a 40 miliardi includendo latte e uova. In particolare, la carne bovina costituisce in valore il 44% e in volume il 33% dell’intero comparto. Oggi, ha ricordato Cia, ci sono circa 140 mila aziende nazionali specializzate nell’allevamento bovino, soprattutto in Veneto (16% dei capi), Piemonte (17%), Lombardia (11%) e Sicilia (9%), che danno occupazione a più di 150 mila persone e presidiano il 40% del territorio rurale, contrastando lo spopolamento e il degrado delle aree interne e custodendo tradizioni culturali e gastronomiche conosciute in tutto il mondo.

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Filiera della carne e impatto ambientale, parlano i dati

Il comparto zootecnico lavora da anni sulla riduzione del suo impatto ambientale. Dal 1970 a oggi la quantità di metano immessa nell’atmosfera e derivante dagli allevamenti è scesa del 40%. Attualmente, secondo la Fao, il comparto zootecnico a livello mondiale pesa per circa il 14% sul totale delle emissioni di CO2 equivalenti. Dati che si abbassano ancora se si considera solo l’Europa, dove l’incidenza degli allevamenti sulle emissioni complessive si colloca tra il 7% e il 10%. Ancora meglio fa l’Italia, dove le emissioni di  CO2 della zootecnia rappresentano il 5,2% del totale, di cui meno del 4% imputabile alle filiere delle carni.

Allevamenti e consumo di acqua

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Bruno Ronchi

La zootecnia è spesso sotto accusa per l’elevato consumo di acqua. Bruno Ronchi, ordinario di Nutrizione e Alimentazione Animale dell’Università della Tuscia, ha spiegato che il consumo di acqua della produzione di carne bovina in Italia si attesta a 11.500 litri di acqua per produrre 1 kg di carne (il 25% in meno rispetto ai 15.415 litri della media mondiale), e solo il 13% di questa viene effettivamente consumato. Il restante 87% è quindi costituito da «green water», acqua piovana utile per le coltivazioni.

E qual è il livello di qualità delle acque in Italia? Secondo dati Ispra 2018, riportati da Ronchi, il 72% delle stazioni di monitoraggio delle acque sotterranee presenta un contenuto di nitrati inferiore a 25 mg/l. Solo l’11% dei punti monitorati ha registrato una concentrazione media superiore ai 50 mg/l di nitrati (limite massimo imposto dalla direttiva nitrati). Per le acque superficiali la situazione è migliore, il 97,6% delle stazioni di monitoraggio è caratterizzato da una concentrazione media annuale di nitrato inferiore a 25 mg/l.

Allevamenti e emissioni di metano e ammoniaca

Dati Ispra 2020 attestano che il sistema zootecnico italiano rispetto al 1990 ha ridotto le emissioni di ammoniaca del 12%. Mentre rispetto al 1970 gli allevamenti nazionali hanno ridotto le emissioni di metano del 40%.

Quali le ulteriori possibilità per migliorare la sostenibilità ambientale dei sistemi zootecnici?

Secondo Ronchi, le tematiche e le azioni principali per realizzare la zootecnica del futuro sono:

  • Riduzione delle patologie di natura trasmissibile, traumatica e dismetabolica attraverso l’applicazione di metodologie automatiche di controllo preventivo dello stato sanitario degli animali allevati mediante tecnologie biosensoristiche, modelli preventivi e di allerta, adeguamento delle strutture sul piano gestionale e igienico-sanitario, adozione di piani di alimentazione improntati alle tecniche di precision feeding, impiego di tecnologie per il controllo integrato dei dati aziendali e per la formulazione di interventi di adeguamento.
  • Miglioramento dell’efficienza riproduttiva degli allevamenti, con riduzione dell’incidenza di infertilità o ipofertilità e di mortalità neonatale.
  • Miglioramento della qualità dei foraggi destinati all’alimentazione dei ruminanti, attraverso l’adozione di corrette prassi agronomiche, di condizionamento meccanico e conservazione.
  • Miglioramento genetico degli animali allevati ai fini di potenziare caratteri idonei per favorire resilienza e adattamento agli stress climatici, ad alcune patologie e per migliorare l’efficienza di utilizzazione degli alimenti e ridurre le emissioni ambientali.
  • Adozione di tecnologie informative, di controllo a distanza degli animali e di sistemi di protezione del bestiame allevato, per la verifica in tempo reale delle disponibilità e qualità delle risorse foraggere disponibili, per impostare correttamente i piani di pascolamento, per ridurre le perdite legate a predazione e furti.
  • Miglioramento della qualità dei prodotti animali (anche per via genetica) e dei sistemi di controllo della qualità dei prodotti di origine animale, al fine di fornire prodotti idonei per le esigenze della trasformazione e ulteriori garanzie al consumatore.
  • Riduzione degli sprechi di prodotti di origine animale i diversi livelli della filiera produttiva.

«Il concetto di sostenibilità del sistema zootecnico - ha incalzato Ronchi - non può essere legato esclusivamente ad aspetti riferibili al rispetto climatico e dell’ambiente, ma deve includere necessariamente la risposta alla domanda degli alimenti, di occupazione e ai servizi eco-sistemici collegati»

Zootecnia italiana all’avanguardia per economia circolare, benessere animale e genetica

Tanti sono gli elementi che hanno concorso negli anni a rendere la zootecnia nazionale sempre più sostenibile: dalla gestione degli allevamenti basata sul benessere animale alla riduzione dell’uso di antibiotici; dai programmi di selezione genetica, con le nuove possibilità offerte dalla genomica, all’alimentazione su misura e di precisione. Grazie all’aumento delle conoscenze scientifiche - ha sottolineato Cia - oggi è possibile definire con accuratezza i fabbisogni nutrizionali degli animali, con l’effetto positivo di ridurre sia gli sprechi che le escrezioni di azoto. Sempre per limitare l’impatto ambientale, la zootecnia sta adottando il modello di economia circolare: dal campo al foraggio, dal foraggio all’alimentazione, dalle deiezioni animali ancora al campo, oppure alla produzione di energia tramite impianti di biogas.

Passarini: «Serve una forte azione strutturale di rilancio del settore per aumentare la competitività»

«Contrariamente ai tanti pregiudizi, il settore - ha affermato il presidente di Cia Veneto, Gianmichele Passarini - può concorrere in maniera rilevante alla sostenibilità dell’agricoltura con l’utilizzo efficiente delle risorse naturali, nella cornice di una zootecnia razionale e moderna, valorizzando i servizi ecosistemici dell’allevamento, come quelli di tipo culturale, sociale, paesaggistico e di mantenimento della biodiversità». Per questo, però, ha proseguito Passarini «serve una forte azione strutturale di rilancio del comparto con progetti strategici e interventi appropriati, a partire dal settore delle carni bovine, puntando su innovazione e ricerca scientifica. La transizione 4.0 è la vera risposta per la transizione ecologica. Sono necessarie risorse per ammodernare il sistema produttivo e aumentare la competitività, per produrre meglio dal punto di vista qualitativo e ambientale».

Patuanelli: «Costruire un percorso condiviso tra istituzioni e operatori per progettare l’allevamento del futuro»

«Da parte del Mipaaf, c’è costante attenzione e supporto al settore, anche nei confronti di fake news e attacchi mediatici - ha sottolineato il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, nel suo videomessaggio all’evento Cia -. La filiera zootecnica italiana è ai primi posti nel mondo per la qualità e, da tempo, gli allevatori hanno avviato un percorso improntato alla sostenibilità». Un percorso «di importanza strategica, che deve proseguire di pari passo con la crescita della competitività».

Per Patuanelli «ci sono i margini per rendere i nostri allevamenti ancora più green in un’ottica circolare, tramite l’utilizzo razionale delle risorse naturali e fino alla produzione di energia in azienda» e per accompagnare i produttori in questo passaggio «gli strumenti e le risorse sono messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dalla contemporanea riforma della Pac». Questa combinazione di eventi, afferma il ministro, «rappresenta un’occasione unica per creare un nuovo scenario agricolo sostenibile e inclusivo. A riguardo, pochi giorni fa si è tenuto il tavolo di partenariato per la costruzione in maniera condivisa e partecipata del piano strategico nazionale per la riforma della Pac, che ridisegnerà il sistema di aiuti all’agricoltura anche in senso ambientale».

Il ministro ha quindi ricordato il nuovo Sistema di qualità nazionale per il benessere animale, su cui «dobbiamo lavorare insieme con determinazione per definire uno schema base di produzione e certificazione di carattere nazionale, mirato a rafforzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni di origine animale. L’obiettivo è costruire un percorso condiviso tra istituzioni e operatori - ha chiosato - per progettare l’allevamento del prossimo futuro».

Siciliani: «Sì alla transizione ecologica ma attenzione alla sostenibilità economica»

«Il miglioramento della sostenibilità ambientale che siamo chiamati a perseguire - ha affermato il presidente di Uniceb Carlo Siciliani - non può prescindere in alcun modo dal concetto di sostenibilità economica e dal riconoscimento che la filiera zootecnica italiana merita per il lavoro svolto in questi ultimi anni, sia per il miglioramento delle stalle e del benessere animale, sia per quanto riguarda gli ingenti investimenti strutturali dell’industria di trasformazione per trasferire nei processi produttivi le tecnologie più avanzate e per rendere sempre più salubri e di qualità i nostri prodotti».

«I sostegni previsti dal Piano Nazionale Ripresa e Resilienza appena presentato dal Governo sono linfa vitale per il settore a condizione di saperli utilizzare bene e non farsi imbrigliare dalla burocrazia», ha continuato Siciliani che ha concluso auspicando che «la filiera delle carni impari a difendersi meglio dagli attacchi ormai continui e strumentali che ogni giorno subisce».

Fleury: «Strategia Ue verso sostituzione della proteina animale con quella vegetale»

Netto l’intervento del presidente Gruppo di Lavoro Carni Bovine del Copa-Cogeca Jean Pierre Fleury, che ha affermato: «trovo ingenuità nelle proposte dei rappresentati della Commissione europea. Andiamo verso una nuova Pac non agricola ma alimentare, questo è chiaro, è una svolta già stata presa. Segnalo un allarme: sostituire la proteina vegetale a quella animale è un piano in corso. Questo non viene detto, ma le basi sono state scritte. Ci si dirige lentamente verso una “vegetalizzazione” dell’alimentazione umana in Europa. Sono iniziati progetti pilota delle multinazionali e ong con delle startup che emergono lentamente per cambiare le tendenze alimentari future in Europa».

Sullo sforzo chiesto agli agricoltori per mettere in campo una sostenibilità più accentuata, Fleury ha detto: «sul tema del cambiamento climatico si costruirà la globalizzazione di domani. Non confondiamoci l’agricoltura subisce, non è responsabile della situazione in cui viviamo oggi, o comunque è molto poco responsabile. Dobbiamo svolgere il nostro ruolo, ma ho l’impressione che si chieda tanto all’agricoltura e in particolar modo al settore dell’allevamento». E su questo ha continuato: «i costi che devono affrontare gli allevatori per incrementare le pratiche di benessere animale e sostenibilità sono distanti dall’essere coperti. Questo è un argomento cruciale che deve essere affrontato nella Farm to Fork».

Secondo Fleury «bisogna fare attenzione, c’è un rullo compressore che sta schiacciando a nome della transizione ecologica e della lotta al cambiamento climatico il settore dell’allevamento. Denuncio questa situazione e le incoerenze. Se la sostenibilità economica non viene considerata al pari di quella ambientale allora il settore dell’allevamento in Europa non sopravvivrà a lungo».

 Leggi anche: Carni sostenibili: Attenzione ai 9 paradossi della Farm to Fork

Veronesi: «I progressi tecnologici dell’industria mangimistica favoriscono la sostenibilità»

«Importante studio dell’industria mangimistica sulle fonti proteiche alternative alla soia, come girasole o semola glutinata ha portato a mangimi caratterizzati da un elevato tenore energetico e un moderato livello proteico, sempre più sostenibili. I risultati di questo sviluppo tecnologico - ha spiegato il presidente di Assalzoo, Marcello Veronesi - si possono riassumere analizzando l’indice di conversione, infatti negli anni questo parametro è continuamente migliorato: serve sempre meno mangime per produrre 1 kg di carne, questa per noi è la vera sostenibilità».

Per quanto riguarda l’alimentazione Veronesi ha specificato: «con mangimi equilibrati è possibile utilizzare meno proteina e avere meno azoto nelle feci. Attualmente l’industria mangimistica sta anche valutando tecnologie in grado di modulare le fermentazioni ruminali per migliorare sempre più l’efficienza energetica e contemporaneamente la produzione di metano. Saremo sempre più sostenibili dal punto di vista ambientale sociale ed economico».

Scanavino: «Pronti alla sfida green ma senza penalizzare la produzione»

«La sfida green vogliamo giocarla da protagonisti - ha ribadito il presidente nazionale di Cia, Dino Scanavino- continuando a migliorare la qualità e la sostenibilità dei nostri allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tutela l’ambiente senza penalizzare la produzione». A tal fine, ha proseguito, «bisogna identificare gli strumenti finanziari adeguati per sostenere economicamente gli allevatori che avranno bisogno di nuovi investimenti, sia strutturali che tecnologici, ad esempio per una migliore gestione e valorizzazione dei reflui zootecnici, così come per la produzione di energie rinnovabili. In questo senso l’adozione di incentivi e premialità agli allevatori per il sostegno agli investimenti nel settore, nell’ambito dei piani dello sviluppo rurale e della nuova Pac, potrebbe essere molto efficace. Una spinta necessaria per far cogliere e centrare al settore zootecnico la sfida del Green Deal».

NUMERI DELLA FILIERA BOVINA (Fonte: Banca dati nazionale anagrafe zootecnica e Ismea. Anno 2020)

Numero allevamenti bovini tot: 138.925 aziende.
Numero capi allevati: 5.632.978 capi.
Numero capi macellati: 2.635.526 (Veneto 30.43%, Lombardia 22.25%, Piemonte 15.40%, Emilia Romagna 12%).

Da allevamenti 5,2% di emissioni. Zootecnia pronta a transizione verde - Ultima modifica: 2021-04-27T19:19:14+02:00 da Laura Saggio

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