«La tracciabilità della filiera bufalina rappresenta l’elemento di risanamento di un comparto che oggi, grazie al beneficio che deriva dal nuovo sistema, si riassetta come volano di un’economia importante della regione Campania». Sono le parole di Antonio Limone, commissario dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno (Izsm).
«Ce l’abbiamo fatta! Qualcuno non ci sperava ma siamo stati tenaci. Non ci sarà più latte “a terra” per gli allevatori, ma maggiore consapevolezza dei consumatori e garanzia per i caseifici, stabilità e incremento del prezzo del latte».
Partiti con il progetto “Primm e dopp”, l’Izsm, la Regione Campania, l’assessorato all’Agricoltura, con la collaborazione di un gruppo di giovani ricercatori pionieri nel campo, hanno cambiato le carte in tavola introducendo più solidità nel sistema.
La grande novità del nuovo sistema di tracciabilità della filiera bufalina è l’informatizzazione dello stesso con possibilità di consultazione immediata on-line sia da parte dei produttori (allevatori, intermediari e caseifici) sia dei controllori e che interessa, per la prima volta, anche i prodotti derivati.
Le differenze col vecchio sistema
«Le vecchie disposizioni in materia (legge Zaia e decreto del ministro Catania) erano confinate al solo mondo agricolo - riferisce Esterina De Carlo, responsabile del CrenBuf (Centro di referenza nazionale sull’igiene e le tecnologie dell’allevamento e delle produzioni bufaline) -. Non erano rilevate le produzioni dei caseifici, ma si avevano solo indicazioni sulla separazione spaziale all’interno dello stabilimento tra le produzioni dop e quelle convenzionali. Inoltre, sussisteva l’obbligo del rilievo produttivo, da comunicare al Sian (Sistema informativo agricolo nazionale) in forma cartacea, una sola volta al mese per ogni capo di bestiame e non c’erano controlli né sanzioni».
Il nuovo sistema di tracciabilità è, invece, completo e gestito in cooperazione applicativa tra Sian e l’Izsm.
«Il tutto - continua De Carlo - nasce dal decreto attuativo firmato da Mipaaf e ministero della Salute del 9 settembre 2014 in applicazione dell’articolo 4 del decreto legge 91 “Campo libero” (24 giugno 2014), che prevede misure per “la sicurezza alimentare e la produzione di Mozzarella di Bufala Campana Dop”. Il decreto stabilisce in maniera risoluta la nascita di un sistema informatico chiaro di tracciabilità e l’obbligo di utilizzo della piattaforma informatica».
Ora, allevatori, caseifici e intermediari (intesi come qualsiasi soggetto che s’interpone tra allevatori e caseifici) sono obbligati a registrare qualsiasi movimento del latte di bufala e tutte le produzioni derivate, anche se semilavorati.
«Naturalmente – aggiunge De Carlo -, sono previste sanzioni pecuniarie per chi non aderisce al sistema di tracciabilità; da due a tredicimila euro per le produzioni dop e non dop, ed esclusivamente per le dop è prevista anche la chiusura dello stabilimento (da 10 a 30 giorni) e la sospensione del marchio fino alla pubblicazione dell’infrazione, nei casi più gravi, su due testate giornalistiche nazionali».
Come funziona
Tutte le movimentazioni, dunque, sono tracciate, non solo le mozzarelle ma qualsiasi altro prodotto derivante dal latte di bufala, compreso il semilavorato (cagliata destinata alla vendita).
«Gli allevatori di tutto il territorio nazionale, nonché i caseifici e gli intermediari che trattano produzioni non dop – spiega De Carlo -, immettono i dati sul sistema gestito dall’Izsm, mentre i produttori dop si avvalgono della piattaforma messa a punto dal Dqa, che è l’organo di controllo della mozzarella di bufala dop, e questo trasmette i dati al portale Sian in web service. L’Aia (Associazione italiana allevatori), invece, immette nel sistema web service i dati, capo per capo, delle aziende bufaline iscritte ai controlli funzionali, a ogni controllo effettuato. Tutti i dati confluiscono pertanto nel portale del Sian e da questo ritornano al CrenBuf per le elaborazioni statistiche e l’inserimento degli alert».
Quello dei controlli funzionali è uno strumento utile e, se esteso a tutte le aziende, consentirebbe di monitorare i dati aziendali favorendo un raffronto preciso tra quanto dichiarato e quanto atteso.
«I dati immessi nel sistema - spiega De Carlo - possono essere consultati da tutti i possessori di password. In particolare, sono in possesso di password l’Icqrf (Istituto per il controllo antifrodi del Mipaaf) e in Campania, su richiesta del Servizio veterinario regionale, le Aassll. Le password sono rilasciate per un sistema parallelo di sola consultazione (chek track)».
Quali vantaggi
I vantaggi di questo sistema di tracciabilità toccano non solo i consumatori, ma tutti gli attori della filiera, consentendo anche una serie di elaborazioni statistiche.
«A conferma dell’efficacia del sistema - aggiunge la responsabile - quest’anno non si è verificato, come negli anni passati, esubero di latte nel periodo invernale. Si registra solo una piccola quota di latte congelato per scelta dei produttori non dop che preferisce conservarlo per la stagione estiva, quando i consumi aumentano. Inoltre, si è verificato un aumento delle retribuzioni agli allevatori con una riduzione del gap tra il prezzo del latte invernale e quello estivo. Quest’ultimo aspetto, però, non esime gli allevatori a continuare sulla strada della destagionalizzazione dei parti per evitare che, in futuro, possa nuovamente verificarsi un’eccessiva carenza del latte estivo, a discapito delle produzioni dop».
Il servizio di call center
L’iniziativa, tra l’altro, prevede un servizio di supporto di call center per chi ha difficoltà a informatizzarsi oppure opera in zone dove ci possono essere inconvenienti a connettersi in rete, oltre al supporto in campo espletato da personale specializzato che opera con presidi, ma anche “porta a porta”, a supporto di allevatori e caseificatori.
Il servizio è attivo dalle 9.00 alle 19.00 dal lunedì al venerdì ed è di aiuto qualora si verifichino problemi di collegamento sulla rete. Ogni utente è dotato di un codice personale che è comunicato all’operatore e consente di operare in totale sicurezza.
Le attività di supporto sono state fortemente volute dall’assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, che ha contribuito e ancora contribuisce al sostegno dei servizi erogati.
Visualizza l’articolo completo pubblicato su Informatore Zootecnico n. 8/2016
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