La situazione degli allevamenti nazionali è critica non solo sul fronte dei ricavi, ma anche su quello dei costi di produzione, considerata la spinta inflazionistica che ormai da diversi mesi sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione delle bovine (mais e soia in primis). I listini degli alimenti zootecnici sono infatti cresciuti sensibilmente già a partire dall’inizio del 2021, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni.
I prezzi di tutte le materie prime ed energetiche sono estremamente aumentati e stanno raggiungendo livelli intollerabili, ponendo in forte crisi la sostenibilità economica degli allevamenti di bovini da latte e una delle principali filiere dell’agroalimentare italiano, quella lattiero casearia. Non è un caso che l’allarme congiunto sull’inflazione lanciato dai gruppi Lactalis e Granarolo, due colossi del settore storicamente concorrenti, abbia avuto un’importante risonanza, mostrando come un bene essenziale per il carrello della spesa, quale il latte, stesse rischiando di superare i 2 euro al litro come prezzo di vendita.
È bene ricordare che il fatturato del settore lattiero caseario italiano del solo latte vaccino è di circa 16,5 miliardi di euro, incidendo per 11,5% sul totale del fatturato industriale dell’agroalimentare.
Qui ci sono le condizioni per lanciare un “patto di filiera” tra allevatori, trasformatori e distributori, in cui ciascuno faccia la propria parte in maniera sostenibile per cercare di gestire insieme la situazione, in modo da evitare che un aumento drastico e repentino dei costi di produzione possa determinare un crollo dei consumi, con i relativi effetti. Non si tratta di trovare soltanto una via d’uscita dall’emergenza, ma di avviare concretamente un percorso di programmazione.
Serve un piano proteico nazionale
La produzione di latte è strettamente collegata a quella di mais e di frumento tenero. Fino ad ora queste colture non sono state remunerative perché considerate commodities e, soprattutto, hanno subito la concorrenza di altri paesi dell’Ue ed extra europei. È stata proprio la mancanza di reddito a spingere i produttori ad abbandonare, in parte, queste colture.
Ecco perché è necessario un progetto lungimirante che contenga tutti gli strumenti utili a sostenere il comparto lattiero caseario. Partendo da un piano proteico nazionale che dia programmazione e implementazione proprio di queste produzioni, anche attraverso tecniche come l’ibridazione genetica, senza dimenticare la tecnologia, le infrastrutture digitali e tutto quello che serve a rendere realmente competitiva l’agricoltura. Giusto prezzo al consumatore e giusto reddito all’allevatore è tuttavia un binomio imprescindibile.
Trasparenza di mercato, equa distribuzione del valore, innovazione e ristrutturazione delle imprese verso tecnologie che possano aiutare ad abbattere i costi di produzione, aumento dell’autoapprovvigionamento delle materie prime e delle fonti energetiche, apertura e rafforzamento dei mercati esteri per favorire le esportazioni sono alcuni dei temi che andranno discussi nel dialogo di filiera che Confagricoltura auspica si intensifichi al più presto.
Calmierare gli aumenti dei prezzi al pubblico
Al più presto si deve agire per limitare e invertire la rotta del rialzo dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche per salvaguardare gli operatori della filiera e i consumatori dai rincari.
Il settore per più di un anno ha operato per calmierare gli aumenti dei prezzi al pubblico fino a che è stato possibile.
L’instabilità dei mercati che stiamo vivendo e l’incertezza su ciò che si presenterà nei prossimi mesi preoccupano i produttori e pongono la domanda di quanto la crescita del prezzo ai consumatori sia sostenibile per evitare un pericoloso crollo dei consumi e conseguenze gravi sulla sostenibilità degli allevatori e della filiera lattiero casearia. Ed è su queste premesse che si deve basare un dialogo aperto e costruttivo delle organizzazioni e delle associazioni rappresentative della filiera.