E’ noto che il successo dell’allevamento delle bovine da latte è strettamente legato ad una buona gestione della rimonta ed in particolare delle vitelle, che rappresentano il futuro della mandria. Un gestione carente e poco attenta può influenzare il parametro decisivo di questo successo: la mortalità perinatale.
Essa rappresenta un duplice costo per l’allevatore poiché causa la perdita di un animale e, con esso, la perdita di potenziale genetico. Inoltre un’elevata mortalità delle vitelle comporta un ritardo nel tasso di sostituzione delle bovine produttive e all’eventuale incremento dimensionale della mandria, oppure può portare l’allevatore ad incrementare il numero di capi acquistatati.
La mortalità è più elevata nelle tre settimane successive al parto ed è spesso causata da affezioni gastrointestinali e polmonari (Torsein et al., 2011). Molto frequentemente la causa di questi problemi è da ricercare nella cattiva gestione dei ricoveri, da un’insufficiente e intempestiva somministrazione del colostro e da una cattiva gestione dell’alimentazione.
Per comprendere meglio le relazione tra gestione delle vitelle e mortalità il Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano ha condotto un’indagine in 28 aziende di bovine da latte lombarde. L’indagine ha previsto la raccolta di molte informazioni relative alla gestione delle vitelle mediante un questionario somministrato direttamente agli allevatori. Di seguito riportiamo i risultati salienti ottenuti.
I parametri registrati
Le aziende sottoposte all’indagine avevano mediamente 144 bovine in lattazione tutte di razza Frisona (tabella 1). La consistenza della mandria non è molto lontano dalla numerosità media delle aziende di bovine Frisone lombarde.
La produzione di latte è risultata medio-alta con 11.399 kg/bovina a lattazione. L’età media alla prima inseminazione è risultata pari 15 mesi e l’intervallo interparto pari a 411 giorni.
L’intervallo interparto osservato è ben lontano dai 365 d considerati ideali. Osservando qualche dato riportato in bibliografia è emerso che circa il 74% delle aziende irlandesi riesce ad avere una intervallo interparto inferiore a 400 d (ICBF, 2013) con valore medio pari a 394 d, mentre in Gran Bretagna la media di più di diecimila aziende controllate nel 2007, è pari a 426 d (Gates, 2013). Nelle nostra indagine è stata notata comunque una certa variabilità tra le aziende per età alla prima inseminazione e intervallo interparto, tale variabilità indica la difficoltà delle aziende nel gestire in modo ottimale la gestione della fertilità.
L’età al primo parto è risultata pari a 26,6 mesi, dato migliore rispetto alle aziende inglesi in cui si è registrato un dato medio pari a 31,9 mesi.
Il tasso di rimonta è risultato piuttosto elevato e anche questo dato è molto variabile tra le aziende, con valori massimi anche molto elevati. Il valore medio è risultato superiore rispetto al dato medio inglese pari a 27,5% (Gates, 2013).
La separazione dalla madre
Nelle aziende considerate nel presente studio il numero medio di vitelle presenti in azienda era pari a 29 soggetti (tabella 1).
Le vitelle sono state separate dalla madre mediamente dopo quasi due ore dalla nascita (104 min) con valori minimi pari a 5 minuti e massimi pari a 12 ore (tabella 2). Il 75% delle aziende separa le vitelle entro le tre ore dalla nascita. La letteratura è concorde nell’affermare che la separazione deve essere la più tempestiva possibile e comunque entro le 12 ore dalla nascita per ridurre il rischio per il vitello di contrarre infezioni dalla madre (Windsor e Whittington, 2010), in particolare per prevenire la contaminazione con le feci materne, che possono essere fonti di Mycobacterium avium subspecies paratubercolosis (MAP), (Dorè, 2012).
Le vitelle sono rimaste mediamente in gabbiette singole per 39 d, ben al di sotto delle 8 settimane indicate dal Reg. CE n 119 del 2008 come tempo massimo consentito per la stabulazione individuale. La stabulazione individuale nelle prime fasi di vita riduce il rischio di contrarre infezioni, che spesso sono causa di mortalità in questa fase, oltre a permettere un miglior controllo degli animali (Gullisken et al., 2009).
In 15 aziende è stato inoltre misurato lo spazio a disposizione degli animali, sia durante la stabulazione individuale, che in quella di gruppo: in 8 aziende le gabbiette avevano dimensioni inferiori agli standard richiesti dalla normativa comunitaria, mentre nei recinti di gruppo lo spazio individuale è risultato superiore a quanto richiesto. Mediamente in ciascuna azienda il tempo giornaliero dedicato alla gestione delle vitelle è risultato pari a più di 2 ore, i valori più elevati sono stati riscontrati nelle stalle di maggiori dimensioni e quindi con il maggior numero di vitelle.
Alimentazione e svezzamento
Nella tabella 3 sono illustrate le modalità di alimentazione e svezzamento delle vitelle nelle 28 aziende. Il primo colostro è stato somministrato mediamente dopo 4 ore dalla nascita ma, come è possibile osservare dal grafico 1, vi è una grande variabilità: in alcuni casi si arriva a somministrare il colostro dopo 8 ore dalla nascita (1 stalla) mentre 10 stalle hanno somministrato il primo colostro a 5,8 ore dalla nascita.
Il dato non è molto confortante: è infatti dimostrato che l’assunzione del colostro deve avvenire entro le 4 ore dalla nascita per poter assicurare un completo assorbimento delle immunoglobuline materne attraverso l’epitelio intestinale. Dopo questo intervallo di tempo, le capacità di assorbimento diminuiscono sensibilmente (Godden, 2008).
Da un’approfondita analisi statistica dei nostri dati è emerso che la somministrazione del colostro dopo le 3 ore dalla nascita comporta un aumento del rischio di mortalità tra le 24 ore e lo svezzamento pari all’84% ed è risultato il fattore di rischio di gran lunga più importante.
Il colostro è stato mediamente somministrato due volte al giorno in quantità pari a circa 4 litri al giorno, quantità considerata corretta. Il latte o i sostituivi del latte sono stati somministrati in quantità pari a 5,23 l/d mediamente due volte al giorno, il quantitativo somministrato è inferiore a quanto registrato in un precedente lavoro di indagine svolto sempre in Lombardia (Colnago et al., 2007). A circa 7 giorni dalla nascita sono state messi a disposizione delle vitelle piccoli quantitativi di alimenti concentrati.
L’età media di svezzamento è stata pari a 78 giorni, il dato è piuttosto variabile tra le aziende: si va da un minimo di 40 giorni a un massimo di 120 giorni.
Il tasso di mortalità
I tassi di mortalità delle vitelle mostrano valori molto variabili tra le diverse stalle (tabella 4). La mortalità perinatale, cioè nelle prime 24 ore dopo la nascita, pur mostrando un valore medio non elevatissimo, mostra un valore massimo del 30% riscontrato in circa il 10% delle aziende, decisamente troppo elevato e indice di una carente cura da parte dell’allevatore verso gli animali appena nati. Analoghe considerazioni possono essere fatte per il tasso di mortalità precoce (tra le 24 ore dopo la nascita e lo svezzamento).
Un report irlandese (ICBF, 2013) riporta valori di tassi di mortalità nei primi 28 giorni di vita pari a 4,24%, mentre dati inglesi riportano un tasso di mortalità tra la nascita e i 180 giorni di vita pari al 7,42% (Gates, 2013). Quest’ultimo lavoro riporta inoltre una relazione diretta tra incremento del tasso di mortalità delle vitelle e incremento della dimensione aziendale.
Anche nella nostra indagine, suddividendo le aziende in base al numero di capi (<150 vacche in lattazione o > 150 vacche in lattazione), è emerso che nelle stalle di minori dimensioni il tasso di mortalità perinatale è risultato pari al 7,69% contro un tasso del 9,39% delle aziende grandi; lo stesso vale per il tasso di mortalità tra le 24 ore e lo svezzamento: pari a 8,38% delle stalle piccole contro il 9,16% delle aziende grandi.
Più attenti col colostro
I risultati ottenuti dall’indagine milanese indicano quindi che la gestione delle vitelle presenta ancora dei punti critici, che possono facilmente essere migliorati.
Un aspetto importante da considerare è la somministrazione del colostro: una migliore gestione di questo aspetto può portare a ridurre sensibilmente la mortalità. I risultati indicano inoltre che la maggiore cura alle vitelle deve essere prestata nelle aziende di maggiori dimensioni perché risultano quelle con il più elevato tasso di mortalità.
Allegati
- Scarica il file: Vitelli, quale relazione tra gestione e mortali