Le diete delle bovine in lattazione, specialmente di quelle ad alta produzione, devono necessariamente raggiungere un’elevata densità energetica per soddisfare gli ingenti fabbisogni degli animali. Ora, la qualità del foraggio è un elemento determinante per poterne aumentare l’inclusione senza deprimere il valore nutrizionale della dieta. Se i foraggi sono di scarsa qualità diventa pressoché obbligatorio incrementare il contenuto di mangimi.
Dato che i fabbisogni alimentari delle bovine si modificano nel corso della lattazione, utilizzando diversi livelli di foraggio e di mangimi è possibile aumentare la quantità e la qualità del latte, evitare l’ingrassamento e migliorare l’efficienza economica. Cercheremo di vedere come l’allevatore può procedere per raggiungere questi obiettivi.
L’analisi dei foraggi
La qualità del foraggio si misura con vari parametri analitici tra cui le frazioni azotate e fibrose (NDF, ADF, ADL) e il contenuto di ceneri. Negli ultimi anni si è diffusa una misura in grado di stimare la velocità e l’entità della degradazione ruminale della fibra. Si tratta della determinazione in vitro della degradabilità della fibra attraverso l’uso di liquido ruminale e sistemi di fermentazione a temperatura costante.
Attualmente il parametro della digeribilità della fibra è considerato un essenziale parametro di valutazione della qualità dei foraggi.
Fra i fattori più importanti che modificano la digeribilità della fibra del foraggio va ricordato il suo grado di maturazione al momento dello sfalcio. Ritardando il momento della raccolta aumenta la resa in sostanza secca e al contempo il contenuto di NDF e la lignificazione della pianta, ma si riduce la digeribilità e quindi il valore nutrizionale del foraggio (Palmonari et al., 2008).
Funzione nutrizionale
e dietetica del foraggio
Oltre alla funzione nutrizionale, la fibra ha un ruolo dietetico (stimolazione fisica). Infatti i ruminanti necessitano di un apporto adeguato di fibra che sia in grado di stimolare la peristalsi di tutto il tratto gastro-intestinale, garantendo una corretta funzionalità digestiva. Questo processo permette l’eruttazione di un'elevata quantità di gas prodotto durante le fermentazioni ruminali e consente ad una parte di esso di procedere nel tratto intestinale.
La peristalsi determina il rimescolamento del contenuto ruminale, che è uno degli elementi di maggior criticità per la corretta digestione degli alimenti. Questo movimento crea un ambiente omogeneo capace di migliorare l’assorbimento degli acidi di fermentazione e la disponibilità di nutrienti per i batteri in ciascuna area ruminale.
L'attività di ruminazione è strettamente correlata con il grado di replezione del rumine; la fibra è uno dei principali fattori in grado di influenzarla, grazie alla sua struttura fisica e una più lenta degradazione rispetto ad altre fonti glucidiche. La fibra può perdere la sua efficacia fisica durante le diverse manipolazione che interessano il foraggio dallo sfalcio, alla raccolta e nel carro miscelatore durante la preparazione della dieta.
Nel 1997 Mertens ha sviluppato il concetto di fibra fisicamente efficace (peNDF); la peNDF rappresenta la quantità di NDF con dimensione sufficiente in grado di promuovere la ruminazione e la formazione del cosiddetto “ponte del foraggio” o detto anche “materasso ruminale”.
Dinamiche di transito
e digestione
Negli ultimi decenni nuovi studi hanno meglio definito il comportamento della fibra all’interno del rumine. Nei foraggi la fibra “scompare” dal rumine per effetto del transito ma anche e soprattutto grazie alla degradazione operata dai batteri e dai funghi. Mertens e Ely hanno proposto un modello secondo il quale ogni particella di foraggio (e dunque di fibra) può appartenere a due distinte frazioni: la prima con le caratteristiche idonee alla fuoriuscita dal rumine, e la seconda che invece viene trattenuta per essere ulteriormente digerita (Mertens e Ely, 1977).
Diverse ricerche (Huthanen et al, 2007; Lund et al, 2007), hanno mostrato che il tempo di ritenzione delle fibre digeribili è maggiore rispetto a quelle indigeribili. Il fenomeno può essere spiegato pensando che le particelle dotate di fibra digeribile sono più leggere e tendono a galleggiare nel liquor ruminale per effetto del gas di fermentazione. Le particelle meno ricche di fibra degradabile sono più pesanti e tendono a sedimentare; in questo modo le particelle da digerire vengono trattenute nel rumine per un tempo più lungo e fino a quando gran parte della fibra viene degradata. Le particelle ricche di fibra indigeribile sfuggono dal rumine più velocemente creando più spazio.
Una parte importante del processo brevemente descritto sopra è legato al peso specifico funzionale (FSG) delle particelle, che in gran parte dipende dalla concentrazione di fibra potenzialmente degradabile e dal gas di fermentazione ad essa correlabile. Secondo alcuni dati preliminari ottenuti da test di transito ruminale delle fibre, si può ipotizzare che l’FSG di “fuga” possa essere raggiunto quando la quantità di fibra potenzialmente degradabile residua sia compresa fra il 10 e il 25% della quantità iniziale.
Le fibre della medica sono caratterizzate fisiologicamente da una quota superiore di fibra indegradabile (iNDF) rispetto alle graminacee e da fibra potenzialmente degradabile con più rapida velocità di fermentazione; queste caratteristiche fanno sì che la medica “scompaia” più velocemente dal rumine aumentando la capacità di ingestione delle bovine; al contrario le graminacee posseggono più fibra potenzialmente degradabile ma generalmente la velocità di fermentazione è lenta; le particelle di foraggio da graminacee dunque galleggiano per più tempo nel rumine e svolgono un “effetto ingombro” maggiore rispetto a quelle delle leguminose.
Nuove misure di laboratorio
Recentemente è stata affinata la conoscenza della composizione della fibra; è stato infatti messo a punto un metodo che consente di misurare, attraverso fermentazioni di lunga durata, la quota indegradabile della fibra che finora era solo stimata a partire dal contenuto in lignina; inoltre, nella quota potenzialmente degradabile (pdNDF), si riconoscono due frazioni: velocemente e lentamente degradabile.
Il rapporto tra queste componenti influenza la velocità con cui si raggiunge il peso funzionale specifico delle particelle e l’escape ruminale; tale caratteristiche sono altamente variabili tra i foraggi.
Quando prevale la quota velocemente degradabile, a parità di iNDF, la pdNDF si riduce rapidamente. A questo punto la particella di fibra sarà composta da una quota preponderante di fibra indegradabile (iNDF), che ne condiziona il comportamento, facendola sedimentare e accelerandone il transito attraverso il rumine.
Le razioni basate sull’impiego di foraggi contenenti fibra velocemente degradabile e che scompaiono velocemente dal rumine determinano la necessità di utilizzare più foraggio per assicurare un’adeguata quantità di fibra fisicamente efficace ovvero capace di indurre adeguati ritmi di ruminazione e favorire la normale peristalsi rumino-reticolare.
Fabbisogni variabili nel corso della lattazione
Le vacche da latte hanno un fabbisogno di nutrienti variabile in funzione della loro produzione di latte, della qualità del latte e dei fabbisogni di mantenimento e di crescita; al contempo variano anche i fattori che influenzano l’ingestione di alimento e la ripartizione dell’energia man mano che il parto si allontana. Tutto questo determina la necessità di diete diverse per ottimizzare la produzione e il benessere delle bovine.
Un momento critico è quello dei primi giorni dopi il parto, in cui è necessario perseguire la massima ingestione di foraggio per permettere la distensione ruminale e la corretta ruminazione. Se questa fase si svolge correttamente, le vacche ad alta produzione sono naturalmente portate a ingerire più alimento fino a che il rumine non sia pieno.
Il glucosio, sintetizzato nel fegato, arriva alla mammella per la sintesi del lattosio che richiama acqua (proprietà osmotica) determinando la quantità di latte prodotta. Il fegato può produrre tanto più glucosio, tanto più amido sia presente nella razione (principalmente dai cereali) e le vacche da latte ad alta produzione necessitano di diete altamente fermentescibili. Nelle prime fasi della lattazione (90-100 giorni) l’energia è prioritariamente utilizzata dalla mammella per la produzione del latte.
Questo fenomeno di ripartizione è fisiologicamente coordinato dall’assetto ormonale della vacca; in particolare sono responsabili gli alti livelli plasmatici di ormone somatotropo e le modeste concentrazioni di insulina alla cui azione sono relativamente insensibili i tessuti periferici. Questo equilibrio cui partecipano anche alcuni ormoni sintetizzati nel fegato (IGF) indirizzano preferenzialmente il glucosio e i nutrienti alla mammella.
La situazione si modifica con il progredire della lattazione quando cambia la sensibilità dei tessuti periferici all’azione degli ormoni citati. In particolare nelle bovine meno produttive, se la dieta fornita è caratterizzata da elevate quote di amido (in particolare se altamente fermentescibile), aumenta la disponibilità di propionato (precursore del glucosio) e di glucosio assorbito nell’intestino.
La maggiore disponibilità di questo intermedio energetico favorisce un declino accelerato della curva di lattazione e si accentua la deposizione di tessuto adiposo; in pratica quindi la vacca perde più velocemente il latte e altrettanto rapidamente ingrassa. In queste condizioni l’ingestione non è più prioritariamente limitata dallo spazio ruminale ma dalla fermentescibilità della dieta. Se si riducono gli amidi e i mangimi l’animale potrebbe compensare con l’assunzione di una maggiore quantità di foraggio, senza che si riduca la produzione di latte.
In definitiva, le diete altamente fermentescibili che sono necessarie ad inizio lattazione per stimolare elevate produzioni, possono deprimere l’ingestione quando la produzione di latte si abbassa.
Importanza
della qualità dei foraggi
La ricerca ha dimostrato che per ogni punto percentuale di incremento della degradabilità della fibra si ottiene una maggiore ingestione di sostanza secca (150 grammi), e un incremento della produzione di latte (240 grammi) corretto al 4% di grasso (Oba e Allen, 1999). Le bovine da latte prima del parto e durante la prima fase di lattazione che ricevono foraggi di elevata digeribilità, possono sostenere elevate performance produttive senza incorrere in problemi metabolici. Nelle diete per vacche ad alta produzione la digeribilità della fibra deve essere elevata sia in quantità che in velocità di degradazione.
Nella vacche meno produttive, caratterizzate da ingestione più bassa, può essere valorizzato anche il foraggio a più lenta velocità di degradazione, a patto che sia comunque dotato di un elevata quantità di fibra degradabile. In pratica nella seconda parte di lattazione la dieta può essere vantaggiosamente costituita da un’elevata quota di foraggi, perché il tempo di ritenzione ruminale è sufficientemente elevato per la loro degradazione.
Nelle vacche a bassa produzione l’utilizzo di maggiori quote di foraggi di qualità, in sostituzione di concentrati, evita il rischio di eccessive fluttuazioni del pH ruminale, flessioni del grasso del latte e riduce la ripartizione di maggiori quote di energia per il deposito di grasso nei tessuti periferici.
Necessaria più fibra
nei primi giorni dopo il parto
La strategia di preparare una razione unica per tutta la lattazione è molto diffusa. Come anticipato, questa scelta comunque deve prevedere l’utilizzo di una dieta più ricca di fibra nei primi giorni dopo il parto (10-21 giorni), perché le vacche fresche sono in una condizione di lipo-mobilizzazione e a forte rischio di problemi metabolici. Se queste bovine ricevono una dieta ricca di carboidrati rapidamente fermentescibili (che comprende ad esempio fonti come orzo, frumento o mais fioccato), nel rumine si produce un eccessiva quantità di acidi, ed in particolare di acido propionico, che agiscono stimolando l’ossidazione epatica e deprimono l’ingestione (Allen et al., 2009).
Nella pratica la razione per il primo periodo dopo il parto viene realizzata attraverso un aggiunta di concentrati alla dieta di asciutta o attraverso la somministrazione della dieta di lattazione con una quota di quella di asciutta. Nel corso della lattazione gli animali vengono frequentemente gestiti con una razione unica e dove è possibile divisi tra primipare e pluripare, con evidenti benefici sia produttivi che sanitari.
Preparare un’unica razione unifeed permette di semplificare la gestione aziendale, evitando lo stress da spostamento agli animali e il rischio che alcuni animali non ricevano la dieta formulata per loro. Le capacità del carro unifeed ed il numero degli animali in stalla determinano poi il risparmio o meno di tempo per la preparazione di più razioni.
Un fattore importante che pesa sulla scelta di più razioni è la fertilità della mandria, perché se il periodo di parto concepimento si allunga, le bovine avranno più rischio di ingrassare. Questa condizione si verifica più frequentemente tra le bovine adulte, mentre le primipare hanno una persistenza di lattazione molto più costante, che ne permette più facilmente la gestione in un unico gruppo per l’intera lattazione.
Razione specifica
per le vacche meno produttive
Una delle principali ragioni per cui si considera l’utilizzo di più di una razione per le vacche in lattazione è per limitare l’ingrassamento delle vacche a fine lattazione. Le vacche grasse sono ad elevato rischio di essere riformate nella lattazione successiva per problemi metabolici, scarsa salute e problemi riproduttivi.
Se viene utilizzata un’unica dieta unifeed, la formulazione dovrà considerare dei fabbisogni medi, obbligando ad un compromesso tra l’ottenimento di alti picchi produttivi e il controllo della condizione corporea.
Quando invece si possono gestire gli animali con due diete, è consigliabile spostare le bovine alla dieta più ricca di foraggi quando raggiungono BCS di 3.
Il livello di foraggi può variare abbondantemente tra le due diete, e per le bovine che producono meno di 40 kg un aumento del livello di foraggio in sostituzione di una quota di carboidrati rapidamente fermentescibili, non limita la produzione, proprio perché hanno ingestioni più contenute, ma permette di limitare l’impiego dei mangimi.
Le vacche che producono oltre 40 kg, se avessero molti foraggi in razioni riceverebbero un limite all’ingestione che può portarle a produrre anche fino a 8-10 kg in meno di latte al giorno.
Questo limite si riduce se il foraggio è dotato di fibra di alta degradabilità perché, come visto in precedenza, potrà permettere una maggior ingestione di alimento anche a livelli di inclusioni più elevati.
La presenza dei robot di mungitura o del vecchio auto-alimentatore, rappresentano un’opportunità per ottimizzare la razione, attribuendo individualmente diverse quantità di mangime senza necessariamente dover preparare più razioni unifeed. Questi sistemi hanno inoltre il vantaggio di poter considerare molti più parametri per il calcolo dei fabbisogni, come il peso, la qualità del latte, i dati ambientali, i tempi di ruminazione e riposo.
In conclusione
La produzione di foraggi di qualità è il mezzo più efficace per migliorare le performance produttive delle bovine e garantire le loro condizioni di salute. I foraggi, e più in particolare i fieni, oltre all’effetto fisico devono apportare nella dieta alti livelli di fibra degradabile, perché può rappresentare una fonte importante di energia per l’animale.
Tramite i sistemi in vitro che analizzano la degradabilità della fibra è possibile stimare la quota potenzialmente degradabile e la velocità di degradazione (kd) delle frazioni velocemente e lentamente degradabili. Tali metodiche permettono di fatto di simulare, in condizioni controllate di laboratorio, i processi fermentativi che subiscono gli alimenti una volta ingeriti dalle bovine.
Queste stime ci consentono di prevedere le dinamiche digestive e attraverso i modelli di razionamento dinamico di meglio formulare le diete, per poter massimizzare l’efficienza alimentare e la qualità del latte, garantendo al contempo il benessere e la sanità dell’animale.
Allegati
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