Gli allevatori lombardi di bovine da latte sottolineano la differenza tra la propria regione e il resto d'Italia: produzione, produttività, efficacia dei servizi sono superiori a quelle delle altre regioni. E ne traggono le conseguenze rivendicando meno tagli al “sistema” delle associazioni allevatori rispetto a quanto sta avvenendo nel resto del paese.
Palcoscenico della rivendicazione l'assemblea dell'Aral, l'Associazione regionale degli allevatori della Lombardia, svoltasi pochi giorni fa a Salvirola (Cr). Dove il presidente Germano Pè ha rimarcato che questa regione produce oltre il 40% del latte nazionale. Aggiungendo che «l'associazione lombarda fa il 50,6% del lavoro di assistenza in stalla offerto in tutt'Italia dal sistema allevatori». La percentuale rappresenta l'incidenza del numero di controlli del latte effettuato dalla Lombardia sul totale nazionale; al secondo posto c'è l'Emilia-Romagna con il 16,3%, poi il Piemonte con l'8,8%, il Veneto con il 7,2% e l'intero Sud Italia con il 5%. E i dati dello schema pubblicato qui sopra, presentati sempre in assemblea dal direttore Aral Massimo Battaglia, rinforzano il concetto: la zootecnia lombarda ha una marcia in più.
Così l'Aral si sente legittimata a chiedere maggiore attenzione da parte di chi (il governo, l'associazione nazionale degli allevatori) sta imponendo tagli e razionalizzazioni alle associazioni allevatori provinciali (Apa) e regionali, in particolare chiudendo le Apa per farle confluire nelle regionali.
In altre parole secondo l'assemblea Aral in Lombardia le Apa non scompariranno del tutto, ma subiranno fusioni. «Rimarremo all'interno - ha spiegato Pè - dei limiti stabiliti dalla delibera nazionale, che permette di derogare alle aggregazioni delle Apa quando queste fanno riferimento a più di 100mila capi. Stiamo valutando l'idea di ridurre a sole quattro le Apa lombarde: Brescia, Cremona, Mantova e Milano, per esempio aggregando quella di Bergamo a quella di Brescia, o quelle di Lodi e Pavia a quella di Milano. Aggregazioni che realizzeremo non solo per dar seguito alle decisioni nazionali, ma anche per ridurre i costi di gestione delle associazioni e per offrire agli allevatori un miglior servizio. Pensiamo cioè a una più spinta informatizzazione e a inviare nelle stalle i tecnici Apa che ancora stanno in ufficio».
Ma è anche la congiuntura economica a imporre alle associazioni questo tipo di razionalizzazione: «Il comparto suinicolo - ha continuato il presidente Aral - sta affrontando ormai da anni situazioni economiche di grande difficoltà. E quello lattiero caseario, che a inizio anno aveva trovato motivi di ottimismo in un prezzo del latte soddisfacente, vede ora questa stessa situazione peggiorare: gli industriali prendono a pretesto la contrazione del prezzo del latte spot per proporre una riduzione del prezzo alla stalla stabilito nell'accordo regionale, in scadenza a fine giugno». Non c'è motivo quindi perché gli allevatori non chiedano anche alle proprie associazioni miglioramenti gestionali e risparmi.
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