Che le mosche rappresentino un problema per le aziende zootecniche non è di certo una novità: le loro attività accentuano lo stato di stress degli animali, minacciano la biosicurezza dell’allevamento e inficiano negativamente sulla produttività. È cominciato così il webinar “Mosche in allevamento: la parola d’ordine è biosicurezza” organizzato il 28 maggio scorso dall’Informatore Zootecnico in collaborazione con Newpharm. Appurati i rischi – hanno continuato i relatori del webinar -, è necessario che l’allevatore conosca al meglio il suo nemico e metta in atto tutte le misure necessarie al fine di gestire in maniera ottimale le mosche.
E proprio con l’intenzione di far conoscere questi insetti al pubblico, Moreno Dutto, entomologo, ha descritto nel dettaglio abitudini e ciclo biologico delle principali specie di interesse buiatrico. I muscidi – ha spiegato l’esperto - rappresentano una famiglia molto numerosa (Muscidae), inserita in un ordine di insetti altrettanto numeroso rappresentato dai ditteri (oggi sono conosciute circa 120mila specie). Il ciclo di sviluppo delle mosche – ha spiegato Dutto - è di tipo olometabolico: prevede uno stadio di uovo, uno di larva, uno di pupa e uno di adulto (fig.1).
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Specie di interesse buiatrico
Secondo quanto riportato da Dutto, le principali specie infestanti in allevamento sono: Musca domestica, Musca autumnalis, Stomoxys calcitrans e Haematobia irritans.
La prima – ha precisato l’entomologo - è una specie infestante gli ambienti zootecnici, il suo comportamento alimentare è saprofago (larve) e polifago (adulti). Essa si trova frequentemente all’interno delle stalle e in prossimità di esse e non segue gli animali al pascolo.
Il letame bovino mescolato alla paglia rappresenta il substrato elettivo. Le femmine depongono dopo circa 4 giorni dallo sfarfallamento e ogni femmina, nella sua vita, depone da 1400 a 2500 uova.
La Musca autumnalis – ha continuato Dutto - è morfologicamente simile alla M. domestica ed entra di rado in abitazioni e stalle e predilige i pascoli. Gli adulti, soprattutto le femmine, frequentano il muso dei bovini. Il comportamento alimentare di questa specie è coprofago (larve) e secretofago (femmine adulte). La deposizione avviene su su feci dopo 10-15 minuti dall’emissione. Ogni femmina, nella sua vita, depone circa 230 uova.
La Stomoxys calcitrans – ha detto Dutto - è una specie endofila symbovine stalla-tipo, particolarmente frequente (infestante) nelle stalle. Non segue gli animali al pascolo e ha un regime trofico da saprofago durante lo stadio larvale ed ematofago durante la fase adulta. L’ovodeposizione inizia con T > 15°C e prevede 200-300 uova per femmina.
Infine – ha concluso Dutto -, l’Haematobia irritans, morfologicamente simile a S. calcitrans, è una specie symbovine pascolo tipo che si trova poco frequentemente (non infestante) nelle stalle ma segue gli animali al pascolo. Infesta prevalentemente la regione delle corna e il suo regime trofico prevede: coprofagia durante lo stadio larvale ed ematofagia nella fase adulta. Questa mosca depone su feci fresche e ogni femmina depone 360-400 uova nel corso della propria vita.
Benessere e biosicurezza
Quando si parla di mosche – ha spiegato Mauro Marmiroli, medico veterinario buiatra - è inevitabile parlare di benessere e biosicurezza. Considerando gli allevamenti di bovine da latte, a esempio, capita spesso di osservare la presenza di mosche su dorso, zampe e muso degli animali: questo provoca un aumento dell’attività motoria delle bovine con conseguente aumento del consumo energetico. Inoltre, spesso accade che, per difendersi dalle mosche, le bovine scelgano di ammucchiarsi (bunching) riducendo così le ore di riposo. Tutti questi comportamenti rappresentano uno spreco metabolico che sottrae energia necessaria alla crescita e alla produzione.
Quanto appena descritto – ha continuato Marmiroli - va a incidere sul time budget della bovina con conseguente calo produttivo di latte. Secondo recenti studi, infatti, è dimostrato che esiste una correlazione positiva tra le ore di riposo e la resa lattea.
Parlando poi di biosicurezza - ha aggiunto -, il ruolo di vettori biologici e meccanici dei ditteri Muscidae è ampiamente provato: le mosche facilitano la circolazione intraziendale di patogeni e parassitari.
Infine – ha concluso il buiatra -, se si parla di mosche non si può non tenere conto del benessere degli operatori: in caso di infestazione da mosche cala la tranquillità lavorativa e aumenta il rischio biologico di biosicurezza anche per l’uomo. Tutto questo, ovviamente, ha delle ripercussioni negative anche sull’animale.
Attuare un valido piano di controllo
Dalle relazioni dei due esperti è apparso quindi chiaro che oggigiorno una corretta gestione delle mosche deve rappresentare una priorità per l’allevatore. Ma cosa si può fare? A spiegarlo è stato Stefano Cherubin di Newpharm che ha affermato come all’interno di un valido piano di controllo delle mosche, i moschicidi ricoprono un ruolo determinante per limitare lo sviluppo della popolazione infestante.
Innanzitutto – ha spiegato Cherubin – è molto importante tenere in considerazione che il nemico non è rappresentato solo dagli adulti volanti, ma è fondamentale concentrarsi soprattutto sugli stadi giovanili (circa il 75% della popolazione).
Di conseguenza, il piano di lotta deve prevedere differenti strategie di controllo per ogni fase di vita dell’insetto. In particolare, per quanto riguarda le larve è possibile intervenire utilizzando larvicidi, per gli adulti, invece, adulticidi.
Tra le soluzioni poi si annoverano anche prodotti di natura ecologica in grado di catturare fisicamente gli insetti.
Per quanto riguarda la lotta larvicida – ha approfondito Cherubin – questa rappresenta il fulcro del piano di controllo e si attua applicando il prodotto direttamente sulle lettiere e sui focolai di proliferazione, individuati in substrati organici in attiva fermentazione (deiezioni). Presentando il larvicida HokoEx, Cherubin ha spiegato come questo interferisca sullo sviluppo delle larve e nel dettaglio come distribuirlo: tale e quale oppure diluito.
La lotta larvicida - ha precisato Cherubin - è il processo cardine per ottenere il controllo efficace dell’intera popolazione di mosche, considerando che le forme giovanili rappresentano la percentuale di popolazione più rilevante e facilmente eliminabile in quanto stanzianti.
Parlando di lotta agli adulti invece – ha spiegato Cherubin -, la molecola utilizzata è l’Azamethiphos, che agisce istantaneamente sul sistema nervoso senza esercitare alcun effetto irritante o repulsivo sull’insetto bersaglio. Questo permette un rapido controllo della popolazione di mosche agendo sia per contatto che per ingestione. L’azione per contatto si manifesta quando gli insetti poggiano i propri tarsi sulle superfici trattate mentre la presenza di sostanze zuccherine in tutte le formulazioni stimola gli insetti a nutrirsene avidamente. Nel corso dell’evento sono stati presentati due elementi di spicco della gamma Newpharm: Alphi WG e Sheila RB1, ambedue a base della molecola sopra citata.
Infine – ha concluso Cherubin -, l’ultimo step è l’uso delle trappole per la cattura massiva degli adulti. Per le aziende con occhio rivolto alla sostenibilità e all’ambiente, Newpharm ha sviluppato le trappole ecologiche registrate per la cattura efficace di mosche e mosconi. Posizionate esternamente ai locali di stabulazione, impediscono alle orde di mosche di insediarsi in allevamento.
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Advion mosche
A chiudere l’evento è stato Stefano Cerchiai con la presentazione della nuova esca sviluppata da Syngenta, l’Advion Mosche. A base di Indoxacarb, questa esca in granuli è fortemente appetibile, in grado di controllare efficacemente le specie d’interesse per il comparto zootecnico. Inoltre, il parallelo sviluppo di un pratico distributore ha permesso a Syngenta di proporre un binomio utile quando si manipolano esche in granuli: attraverso il distributore d’esca infatti, da posizionarsi nei locali di stabulazione, risulta facile somministrare prodotto fresco alle mosche.
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