Sant’Antonio Abate, appello a sostegno della Fattoria Italia

Coldiretti lancia l’allarme sulla crisi degli allevamenti nel report “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso nel giorno dedicato a Sant’Antonio Abate

Zootecnia alle prese con costi di produzione lievitati ai massimi storici e minacce che arrivano anche da una direttiva di Bruxelles sui temi ambientali

Quasi una stalla su dieci (9%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività per l’esplosione dei costi con rischi per l’economia e l’occupazione ma anche per l’ambiente, la biodiversità e il patrimonio enogastronomico nazionale.

È la Coldiretti a lanciare l’allarme sul crack degli allevamenti italiani nel rapporto “Salviamo la Fattoria Italia” diffuso in occasione di Sant’Antonio Abate, il Patrono degli animali, con il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, in Piazza San Pietro a Roma dove per la tradizionale benedizione sono arrivate le razze più rare e curiose di mucche, asini, pecore, capre, galline e conigli. Si va dalla Pecora Sarda alla Sopravvissana, dalla capra Girgentana alla Monticellana, dal Cavallo Agricolo Italiano al Lipizzano, che ha avuto il riconoscimento Unesco come patrimonio culturale immateriale dell’umanità, fino all’asino dell'Amiata il "Miccio" amiatino, oltre alle razze bovine tradizionali italiane come la Chianina e la Marchigiana e molto altro.

Sant’Antonio Abate giorno del Patrono degli animnali

Quello di Sant’Antonio Abate è un giorno – spiega Coldiretti – che vede in tutta Italia parrocchie di campagne e città prese d’assalto per la benedizione dalla variegata moltitudine di esemplari presenti sul territorio nazionale. L’allevamento italiano – continua la Coldiretti – è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 40 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera.

Costi di produzione alle stelle per le stalle

L’emergenza economica – denuncia Coldiretti – mette però a rischio la stabilità della rete zootecnica italiana che è importante non solo per l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale. A strozzare gli allevatori italiani è l’esplosione delle spese di produzione in media del +60% legata ai rincari energetici, che arriva fino al +95% dei mangimi, al +110% per il gasolio e addirittura al +500% delle bollette per l’elettricità necessaria ad alimentare anche i sistemi di mungitura e conservazione del latte, secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. A tutto questo – afferma Coldiretti – si aggiunge il problema della disponibilità di fieno e foraggi, la cui produzione è stata tagliata dalla siccità, con i prezzi in salita anche a causa della guerra in Ucraina.

A rischio – denuncia la Coldiretti – c’è un patrimonio zootecnico di oltre 6 milioni di bovini e bufale, oltre 8 milioni di pecore e capre, più di 8,5 milioni di maiali, altrettanti conigli e oltre 144 milioni di polli. Da salvare c’è la straordinaria biodiversità delle stalle italiane che, dalla mucca Grigio Alpina alla capra Jonica, dalla mucca Tarina alla pecora Saltasassi, conta decine di razze autoctone o a limitata diffusione suddivise in 64 razze bovine, 38 di capre e 50 di pecore, oltre a 19 di cavalli, 10 di maiali, altrettante di polli e 7 di asini che Aia (Associazione italiana allevatori) in collaborazione con Coldiretti vuole tutelare attraverso il progetto Leo con una grande banca dati sugli animali a rischio di scomparsa. Particolarmente drammatica la situazione delle stalle di montagna con un calo stimato della produzione di latte del 15% che impatta sulla produzione dei formaggi di alpeggio, a causa della crisi, del cambiamento climatico e della mancanza della neve che ha impattato sul turismo. Ma a rischio c’è l’intero patrimonio caseario tricolore con 580 specialità casearie tra 55 Dop (Denominazione di origine controllata) e 525 formaggi tipici censiti dalle Regioni.

Le minacce per la zootecnia vengono anche dall'Ue

Allo tsunami scatenato dalla guerra in Ucraina si aggiunge poi – denuncia Coldiretti – la “spada di Damocle” della direttiva sulle emissioni industriali che finisce per equiparare una stalla con 150 mucche o un inceneritore o a una fabbrica altamente inquinante andando a colpire circa 180mila allevamenti ed esponendoli al rischio chiusura con un effetto domino sulle attività collegate.

La proposta di direttiva, come spiega la Coldiretti, estende una serie di pesanti oneri burocratici a quasi tutti gli allevamenti dei settori suinicolo, avicolo e bovino che vengono considerati alla stregua di stabilimenti industriali. Una situazione che rischia di lasciare campo libero alle importazioni da paesi che non applicano le pratiche sostenibili di allevamento che caratterizzano il sistema produttivo europeo o, ancora peggio, e di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici.

«Una minaccia quella di Bruxelles che pesa su migliaia di allevamenti che si trovano già in una situazione drammatica per l’insostenibile aumento di costi di mangimi ed energia provocati dalla guerra in Ucraina in un momento in cui è sempre più evidente la necessità di puntare sulla sicurezza alimentare e sull’autosufficienza” denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate».

 

Sant’Antonio Abate, appello a sostegno della Fattoria Italia - Ultima modifica: 2023-01-17T18:39:36+01:00 da Francesca Baccino

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