Allevatori e coronavirus: “Noi resistiamo così”

allevatori e coronavirus
Giuseppe Ruggeri
Cinque imprenditori zootecnici del Nord Italia, cinque diversi esempi di resilienza nei confronti dei problemi causati dal Covid-19. Ecco la loro esperienza

Mascherine, guanti e altre precauzioni per il personale di stalla. Timori per la continuità del rifornimenti di mangimi, però poi svaniti dopo i primi tempi. Buoni in genere i rapporti con le latterie, buonissimi quando il legame con queste è di tipo cooperativo. E non sono passate inosservate le difficoltà incontrate dal latte italiano sul mercato.
Sono solo alcuni dei numerosi spunti emersi dai nostri colloqui con cinque allevatori di bovine da latte delle province di Brescia e di Vicenza, discutendo con loro dei problemi provocati dal coronavirus al loro lavoro quotidiano. Insomma, uno spaccato di grande interesse su come gli imprenditori zootecnici hanno affrontato la questione Covid-19; spunti che si vanno ad aggiungere ai tanti altri flash che negli ultimi due mesi l’Informatore Zootecnico ha messo a fuoco e proposto ai lettori, anche sul sito internet.
Niente di sistematico, ovviamente, ma in questo caso anche procedere per flash può risultare utile. Ecco comunque cosa è emerso dai nostri colloqui con questi allevatori.

Renato Facchetti, di Chiari (Bs)

Abbiamo chiesto all’allevatore Renato Facchetti, titolare dell’omonima società agricola situata a Chiari (Bs), con sette dipendenti, come stia facendo fronte ai problemi provocati dal coronavirus. Ci ha risposto così: “Lavorare in questo clima è stata la prima problematica da affrontare perché, specie all’inizio dell’emergenza, le informazioni in arrivo erano moltissime e spesso l’una in contrasto con l’altra.

 

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Renato Facchetti

Per garantire la nostra sicurezza e quella dei dipendenti abbiamo provveduto a una sanificazione preventiva e massiccia dei locali e ci siamo immediatamente adoperati per reperire tutti i dispositivi necessari (mascherine e gel disinfettanti) per proteggerci dall’eventuale contagio”.

E nei rapporti tra l’azienda e l’esterno?
“Problematiche ce ne sono state diverse, in particolare per quanto riguarda l’approvvigionamento degli alimenti e delle materie prime ad uso stalla. Trovandoci in una delle provincie più colpite dell’epidemia, gli autisti avevano paura e questo ha comportato qualche ritardo nelle consegne, ma in qualche modo siamo sempre riusciti a risolvere tutte le problematiche. Il nostro è un lavoro che non può conoscere fermo e devo dire che l’intera filiera ha risposto, seppur con le dovute precauzioni, in modo intelligente e responsabile”.

Quali misure preventive sono state prese per il personale di stalla?
“Siamo in totale sette dipendenti, compresi i tre titolari, e ciò che abbiamo fatto – continua Facchetti - è stato semplicemente dividerci i compiti in modo da non venire a contatto gli uni con gli altri. Abbiamo dotato tutti di mascherine protettive e guanti e abbiamo raccomandato di lavarsi molto spesso le mani e cambiare i guanti anche diverse volte al giorno. Inoltre, abbiamo chiuso l’accesso all’azienda a chiunque non fosse un dipendente in modo da evitare contaminazioni. Il nostro fortunatamente è un lavoro che prevede già una certa distanza sociale tra lavoratori per cui da questo punto di vista non è stato molto difficile riorganizzare ruoli e compiti”.

Per quanto riguarda le latterie, avete riscontrato qualche difficoltà?
“No, fortunatamente la latteria viene sempre a caricare di notte e questo ci ha permesso di non aver alcun problema a riguardo. Sta procedendo tutto in modo regolare, come prima dell’emergenza”.

Avete riscontrato un calo nel prezzo del latte in seguito all’emergenza coronavirus?
“Sì, purtroppo abbiamo notato un calo del prezzo del latte di 3 centesimi. Oggi il prezzo è aumentato a 0,37 centesimi per litro. Purtroppo, nonostante l’alta qualità del latte italiano, credo che in generale ci sia stata una grande speculazione per abbassare i prezzi. In Italia una quota significativa di latte viene ancora importato, speriamo invece che le giuste regole imposte a garanzia dell’alta qualità del latte made in Italy trovino il sostegno e l’impegno anche da parte delle nostre istituzioni”.

Come valuta l’idea del presidente di Coldiretti Ettore Prandini di diminuire del 3% le produzioni di latte a scopo preventivo per venire incontro all’eventualità di problemi produttivi in caseificio?
“Sono pienamente d’accordo. Calare del 2-3% la produzione di latte in una stalla che munge 100 quintali di latte al giorno come la nostra vuol dire calare la produzione di 3 quintali, una quota talmente bassa che non ci se ne accorge nemmeno. Ma se pensiamo a livello nazionale vuol dire calare di 3 milioni di quintali e in questo senso trovo che sia una misura preventiva molto intelligente. Abbiamo subito la violenza sul prezzo approfittando del momento difficile, ma sono convinto che se non avessimo aderito a questa minima riduzione, avremmo subito un calo ancora maggiore perché l’eccesso, in caso di problemi nei caseifici, sarebbe finito nel mercato libero, con tutte le conseguenze economiche negative che questo comporta per il latte italiano di alta qualità”.

 

Giuseppe Ruggeri,
di Verolavecchia (Bs)

Un’altra importante azienda zootecnica del Bresciano è la Agrogi di Giuseppe Ruggeri, di Verolavecchia, con 25 dipendenti. Ruggeri ci ha parlato così di come hanno fatto fronte ai problemi provocati dal Covid-19: “La prima misura che abbiamo messo in campo è stata in termini di protezione dei nostri 25 dipendenti, attraverso la fornitura di mascherine e guanti in lattice, questi ultimi già normalmente utilizzati nello svolgimento del lavoro zootecnico.

Reperire le mascherine non è stato facile e nei primi tempi abbiamo dovuto sanificarle per poterle riutilizzare più volte, mentre oggi, per fortuna, stanno arrivando in grande quantità in modo da poterle cambiare anche più di una volta durante il turno. Inoltre, abbiamo intensificato il lavaggio delle mani con gel disinfettanti e abbiamo creato diverse postazioni dove potersi lavare senza venire a contatto con altri. A ciò abbiamo aggiunto il noleggio di tre nuovi trattori in modo da consentire agli operatori di avere ognuno il proprio macchinario. Tutto questo per far sì che anche dal punto di vista psicologico i lavoratori si sentissero al sicuro nello svolgimento del proprio lavoro”.

Come è stata gestita la sicurezza sanitaria del personale di stalla?
“In generale i dipendenti di un’azienda zootecnica, e i nostri non fanno eccezione, sono sempre molto vicini e collaborativi con la proprietà perché vivono insieme a noi il naturale ciclo del lavoro. Abbiamo fornito loro l’autocertificazione per poter venire al lavoro e non abbiamo avuto problemi a riguardo”.

E per quanto riguarda l’approvvigionamento delle materie prime?
“Abbiamo riscontrato qualche preoccupazione all’inizio dell’emergenza perché sembrava che non si potesse muovere più nessuno ma grazie anche alla capacità di stoccaggio dei nostri fornitori e all’anticipo di qualche ordine siamo sempre riusciti a lavorare regolarmente. In generale, anche i servizi di intervento e manutenzione sulle reti idrauliche o elettriche dell’azienda si sono svolti regolarmente, potendo contare sulla rete di professionisti con cui lavoriamo da sempre. Abbiamo avuto solo qualche difficoltà con il reperimento dei pezzi di ricambio di alcuni macchinari ma grazie ad uno stoccaggio preventivo siamo riusciti a risolverli senza fermare il lavoro”.

Come vi siete organizzati per la consegna del latte alla latteria?
“Noi consegniamo direttamente in latteria con il nostro furgone per cui, al di là dell’intensificazione delle misure di sicurezza per gli autisti con mascherine e guanti e della misurazione della temperatura degli stessi una volta giunti in latteria, non abbiamo riscontrato grosse difficoltà.

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Un’altra immagine di Giuseppe Ruggeri all’interno del proprio allevamento.

L’unica differenza è che oggi gli autisti restano all’interno del mezzo e i responsabili delle latterie si occupano di collegare i tubi per il prelievo il latte, annullando di fatto il contatto”.

È stato registrato in molte zone del Nord Italia un calo nel prezzo del latte alla stalla in seguito all’emergenza Coronavirus. Anche voi avete riscontrato questo fenomeno?
“Sì, purtroppo in un mondo in cui la speculazione è sempre in agguato, appena è uscita la notizia sull’eventualità di fermare alcuni impianti per problemi sanitari tra i dipendenti, si è scatenata la corsa al ribasso. Il prezzo del latte non è crollato, ma di sicuro è sceso del 10% e ha innescato un trend negativo, proprio all’aprirsi della stagione estiva dove di solito il prezzo del latte di alza grazie al maggior consumo di prodotti latticini quali mozzarella e formaggi freschi e alla forte presenza di turismo”.

E dell’idea di ridurre dl 3% la produzione di latte cosa pensa?
È un’idea della Coldiretti. Credo che Ettore Prandini abbia fatto il ragionamento corretto di cedere qualcosa per avere qualcosa. In un momento di massima allerta come quello che stiamo vivendo, sono convinto che ognuno debba fare la propria parte e sarebbe stato irresponsabile da parte nostra non collaborare. Essendo un’azienda di grandi dimensioni, per far fronte alla riduzione del 3% della mungitura, abbiamo pensato di anticipare di qualche giorno il periodo di asciutta degli animali pronti alla gestazione, cosa che non provoca danni all’animale. Diversamente si sarebbe potuto anche procedere ad un cambio di alimentazione della mandria ma ciò avrebbe comportato conseguenze negative per l’animale e l’innesco di squilibri che non vorrei mai vedere nella mia mandria”.

 

Vincenzo Dal Martello, Vicenza

“Non dobbiamo perdere la fiducia. Nei momenti di difficoltà il popolo veneto ha sempre saputo affrontare le situazioni, rimboccandosi le maniche e guardando al futuro con ottimismo e, soprattutto, con la capacità di programmare ed organizzare la rinascita. Così faremo, di sicuro, anche in questa occasione”. Queste le parole di Vincenzo Dal Martello, allevatore di Vicenza con 50 vacche in lattazione, riferendosi ai problemi per l’economia provocati dal coronavirus.

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Vincenzo Dal Martello

Difficoltà ce ne sono, ma il mercato è in piena attività, quindi la richiesta di prodotti del territorio è non solo stabile, ma in crescita. “I prodotti vicentini sono particolarmente attrattivi – spiega Dal Martello – e questo è chiaramente testimoniato da Latterie Vicentine, cooperativa di cui sono socio, che settimanalmente aggiorna noi soci sull’evoluzione della richiesta di prodotti e sull’andamento stesso delle vendite attraverso gli spacci aziendali. E la richiesta è forte, cosa che ci rincuora e ci spinge a lavorare con fiducia per il futuro”.
Prezzo del latte stabile, prospettive positive. “Il periodo che stiamo attraversando è difficile, gli spostamenti sono limitati, ma i cittadini, in buona parte a casa in quarantena, sono portati a consumare di più. Questo cambiamento nelle abitudini di ciascuno – aggiunge l’allevatore vicentino – ha portato a fare scorte e, quindi, ad acquistare anche i derivati del nostro latte fresco vicentino. Siamo moderatamente ottimismi, però guardiamo al futuro con lucidità e consapevoli che gli scenari saranno profondamente diversi rispetto al passato”.
Nessuna speculazione sui mangimi. “Sul versante delle forniture delle materie prime non si registrano particolari difficoltà o speculazioni. La soia è leggermente aumentata di prezzo – precisa Dal Martello – ma non possiamo dire che sia in atto un’attività speculativa, perché il prezzo aveva assunto un andamento crescente negli ultimi mesi. Il granoturco è sui valori di tre, quattro mesi fa, quindi dovremo attendere per comprendere gli effetti di questo momento di stasi e grande difficoltà per il Paese intero”.
La diversificazione nella produzione di Latterie Vicentine ha salvato gli allevatori che conferiscono alla cooperativa di Bressanvido (Vi). “Questa situazione ci ha posto di fronte ad un’evidenza chiara: il conferimento di latte a Latterie Vicentine, o comunque a una realtà cooperativistica grande e che nel corso del tempo ha saputo diversificare la produzione, rappresenta un valore aggiunto. Così, infatti, si possono ridurre o azzerare le perdite che altri allevatori, invece, stanno patendo”.

 

Francesco Pagiusco,
di Bressanvido (Vi)

Francesco Pagiusco è titolare di uno degli allevamenti di bovine da latte più grandi del Veneto, situato a Bressanvido (Vi), con 550 bovini da latte, di cui 260 in lattazione; è anche socio della cooperativa Latterie Vicentine. E sul coronavirus afferma: “Non avremmo mai immaginato uno scenario di questa portata. Ma dobbiamo riconoscere che il sistema cooperativistico ha funzionato. E soprattutto che ha confermato l’importanza di essere in rete per poter reagire ai contraccolpi. In realtà, però, non possiamo dire, almeno per ora, di aver subito un danno da questa triste vicenda. La produzione è stabile, così come il prezzo del latte alla stalla”.

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Francesco Pagiusco.

L’attività quotidiana nella stalla è cambiata. “Oggi siamo chiamati a rispettare regole sanitarie più rigorose, a osservare la distanza di sicurezza nei rapporti con i fornitori, a utilizzare le mascherine e ad altri importanti accorgimenti ai quali non eravamo prima abituati. Di certo, però, la quarantena non ci tocca più di tanto. Il nostro lavoro infatti – spiega il giovane allevatore vicentino – prevede già un impegno 365 giorni l’anno, quindi siamo abituati a stare in casa e ad apprezzare anche i valori che questo modo di vivere porta con sé”.
Le usanze dei consumatori sono cambiate. “Oggi chi fa la spesa ha ancor meno tempo per confrontare i prodotti, per capire qual è il migliore in rapporto al prezzo. I prodotti del territorio, con tutta probabilità, sono favoriti, perché rappresentano una garanzia di qualità. Il brand locale sicuramente fa la differenza”.

Paolo Dalla Palma, di Enego (Vi)

Al surplus di latte corre in aiuto la solidarietà. È quanto accaduto ad Enego (nell’Altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza), all’azienda agricola El Tabaro, della famiglia Dalla Palma. Paolo Dalla Palma è noto nel territorio per le sue produzioni dai caratteristici profumi di erbe spontanee e caratterizzati dall’uso di solo latte delle sue vacche.

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Paolo Dalla Palma e famiglia.

Bovini che nel periodo estivo vanno in malga, dallo scorso anno, quando la famiglia Dalla Palma ha iniziato a gestire Malga Mazze Superiori, dopo importanti lavori di sistemazione. “Siamo stati coraggiosi – spiega Dalla Palma – perché lo scorso anno abbiamo voluto rivedere il nostro modo di lavorare, accettando una nuova sfida: portare in malga i nostri animali”.
Però il coronavirus ha in parte infranto i progetti dell’azienda della famiglia Dalla Palma, perché i profitti accantonati con il lavoro in malga si sono presto volatilizzati per effetto dell’impossibilità di proporre i prodotti aziendali nei tradizionali mercati. “Vista la situazione abbiamo pensato fosse meglio sospendere la nostra presenza nei mercati tra Padova e Vicenza – prosegue Dalla Palma – per ridurre il rischio di contagio. Una scelta difficile, che ha prodotto un’evidente perdita di fatturato. In questo periodo di maggior produzione di latte, poi, i problemi si sono accumulati”.
Per correre ai ripari El Tabaro ha chiesto aiuto al locale Caseificio Finco, anch’esso situato a Enego. Fortunatamente la risposta è giunta rapida: “Grazie alla comprensione manifestata dal Caseificio Finco – conclude Dalla Palma – oggi conferiamo alla loro casearia il 50% del nostro latte, così da poter continuare con la nostra produzione di formaggio, ma al contempo ottenendo delle entrate certe. Un gesto che abbiamo particolarmente apprezzato e che ha dimostrato che le nostre aziende sono un tutt’uno con il territorio e contribuiscono a rendere solida quell’economia locale che rende forte il nostro Paese”. l

(Le parole degli allevatori del bresciano sono state raccolte da Marco Barabanti, quelle degli allevatori del vicentino da Matteo Crestani).

Allevatori e coronavirus: “Noi resistiamo così” - Ultima modifica: 2020-05-14T17:10:09+02:00 da Lucia Berti

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