Punta sulla qualità della carne il nuovo protocollo Inalca (gruppo Cremonini) sul benessere animale. Un vademecum per l’allevamento dei bovini da carne contrassegnato da standard di eccellenza da applicare nei propri allevamenti e da estendere gradualmente anche ai 15mila allevamenti italiani che riforniscono l’azienda. Grazie agli accordi di filiera avviati con Coldiretti, dicono gli esponenti di questa partnership, il protocollo avrà un impatto importante per tutto il settore delle carni bovine in Italia.
Nella foto Ettore Prandini, Claudia Cremonini, Luigi Cremonini al convegno di Roma durante il quale è stato presentato il protocollo. Ettore Prandini è il presidente della Coldiretti, Claudia Cremonini è responsabile relazioni esterne del gruppo omonimo, Luigi Cremonini è presidente di Inalca e del gruppo Cremonini.
Si tratta in sintesi di una serie di buone norme di allevamento dei bovini da carne (vitelloni e scottone) in grado di migliorare il benessere degli animali e di conseguenza la loro salute. Il nuovo protocollo supera le prescrizioni di legge sul benessere animale e copre l’assenza di una normativa specifica sul benessere animale nell’allevamento dei bovini da carne.
A Roma l’amministratore delegato di Inalca, Luigi Scordamaglia, ha spiegato: «Grazie a questo progetto, il benessere animale diventa misurabile in termini reali e concreti, offrendo dati utili per la gestione sostenibile di un allevamento di bovini da carne, un vero e proprio esempio di ciò a cui vuole tendere tutta la filiera italiana. Qui non si tratta solo del rispetto delle norme, prerequisito peraltro imprescindibile, ma dell’attivazione di uno strumento competitivo per pianificare investimenti e creare valore riconosciuto dal mercato. Il tutto per fornire risposte concrete ad un consumatore che comincia finalmente a non credere alle fake news che qualcuno strumentalmente diffonde sulla carne e, sempre più consapevole ed informato, sceglie la qualità e l’italianità che solo una filiera integrata può offrire. Solo una vera alleanza di filiera potrà consentire di raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi in termini di sostenibilità a 360 gradi».
E Luigi Cremonini ha commentato: «Con questa iniziativa stiamo dimostrando che ci sono anche produttori seri. Che chi resta all’interno delle regole, e lo sa comunicare, alla fine vince le battaglie».
Un progetto della Regione Lombardia
La definizione del protocollo è frutto di un progetto biennale promosso dalla Regione Lombardia e cofinanziato per circa un terzo da Inalca nell’ambito del Psr 2014-2020, in collaborazione con l’Università di Milano, Dipartimenti di Scienze veterinarie (Vespa) e di Medicina Veterinaria (Dimevet), e con la Fondazione Crpa di Reggio Emilia. L'attività di studio ha coinvolto direttamente anche due aziende agricole lombarde (Agricola Marchesina e Agricola Martinelli), attive nell’allevamento del bovino da ingrasso nelle province di Milano e Bergamo.
Il primo passo del progetto consiste nella realizzazione di una banca dati per verificare gli effettivi consumi di antibiotici e definire obiettivi di miglioramento. Le linee guida del protocollo intervengono su tutti i fattori che influenzano il benessere dei bovini, tra i quali la corretta gestione dello spazio per ogni animale, il microclima, l’organizzazione delle mandrie, le pratiche di biosicurezza, la nutrizione, l’igiene della lettiera, eccetera, nell’intento di combinare al meglio tutti i fattori che influenzano lo stato di benessere dell’animale e con esso l’adeguata produttività dell’allevamento.
Spiega Giovanni Sorlini, responsabile Qualità sicurezza e ambiente di Inalca: «È evidente che i temi del benessere animale e dell’uso prudente degli antibiotici sono usciti dalla sfera degli addetti ai lavori e intercettano sensibilità etico sociali di particolare rilevanza per il consumatore, oggi più che mai disposto a riconoscere valore, di reputazione ed economico, oltreché di salute, in questi sforzi di miglioramento della filiera produttiva. Grazie a questo progetto il tema del benessere si pone al centro della produzione zootecnica e della gestione complessiva della stalla: l’applicazione del protocollo negli allevamenti permetterà infatti di individuare i punti di forza e di debolezza dell’allevamento sul tema benessere dei bovini, definire indicatori numerici e percorsi di adeguamento, coinvolgendo aspetti di tipo strutturale e gestionale, compresa l’analisi finanziaria degli investimenti e la relativa incidenza sui costi complessivi di produzione. Una consulenza a tutto tondo effettuata da veterinari esperti che intende superare il mero aspetto del controllo per privilegiare un rapporto di partnership stabile fra i vari soggetti della filiera e promuovere percorsi di miglioramento».
Sul tema degli antibiotici, Sorlini precisa che «gli allevamenti della filiera Inalca hanno già ridotto del 18% l’utilizzo di antibiotici negli ultimi due anni. Stimiamo un ulteriore abbassamento del 10% nell’uso di antibiotici già nel corso del prossimo anno: un traguardo che verrà perseguito tramite l’applicazione estesa del protocollo e ulteriori azioni a difesa della salute degli animali, prima fra tutte la profilassi vaccinale».
Chi è Inalca
All’incontro di Roma Inalca si è presentata come «il più grande produttore di carni bovine in Italia”. Inalca è la società del Gruppo Cremonini leader in Europa nella produzione di carni bovine e prodotti trasformati a base di carne, salumi e snack, con i marchi Inalca, Montana, Manzotin, Italia Alimentari, CorteBuona e Ibis. Nel 2017 ha registrato ricavi totali per oltre 1,96 miliardi di euro.
La società, con più di 5mila dipendenti, ha 12 stabilimenti in Italia specializzati per tipologia di prodotto (nove per la produzione di carni bovine e tre nell’area salumi, snack e gastronomia pronta), e 26 impianti e piattaforme distributive all’estero, con una presenza importante in Russia e in vari Paesi africani. Oltre il 40% del fatturato della produzione deriva dalle attività estere. Inalca è il maggiore produttore di hamburger in Europa, con una capacità produttiva di oltre 120mila tonnellate di hamburger l’anno.
Coldiretti: bene per il territorio e per il mercato
«La carne italiana nasce da un sistema di allevamento che per sicurezza e qualità non ha eguali al mondo» ha aggiunto al convegno di Roma Ettore Prandini. Sottolineando che «scegliere carne made in italy significa anche sostenere un sistema fatto di animali, di prati per il foraggio e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado, anche in aree difficili». Prandini ha anche ricordato le conclusioni di un’analisi Coldiretti/Ixè secondo le quali quasi due italiani su tre (63%) sarebbero disposti a pagare di più per carne ottenuta rispettando al massimo il benessere degli animali.
L’obiettivo del protocollo Inalca, che avrà un impatto importante per tutto il settore delle carni bovine in Italia grazie agli accordi di filiera avviati con Coldiretti, ha spiegato la stessa organizzazione professionale, è migliorare i già alti standard qualitativi della bistecca made in Italy in un contesto di consumo che vede il 95% degli italiani mangiare carne nonostante le fake news, gli allarmismi infondati, le provocazioni e le campagne diffamatorie.
Con il 18% degli italiani che ne porta in tavola meno di 100 grammi alla settimana, il 45% dai 100 ai 200 grammi e il 24% tra i 200 ed i 400 grammi – ancora secondo l’indagine Coldiretti/Ixè - a livello nazionale il consumo di carne risulta equilibrato e ben al di sotto del limite di 500 grammi alla settimana consigliato dall’ Organizzazione mondiale della sanità.
E una proiezione Coldiretti su dati Ismea ha determinato che nel 2018 sono state vendute quasi 850mila tonnellate di carne, di cui oltre un terzo carne bovina, per una spesa tendenziale di circa 7,5 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo l’indagine Coldiretti/Ixè nel Belpaese si assiste a una svolta verso la qualità con il 45% degli italiani che privilegia la carne proveniente da allevamenti tricolori, il 29% che sceglie carni locali e il 20% quelle a marchio Dop, Igp o con altre certificazioni di origine.
Al convegno di Roma sono intervenuti anche Carlo Angelo Sgoifo Rossi e Riccardo Compiani dell’Università di Milano (Sgoifo Rossi è il coordinatore del progetto), Alessandro Gastaldo, della Fondazione Crpa, Silvio Borrello, capo dei Servizi veterinari del ministero della Salute, Piero Frazzi, direttore unità organizzativa veterinaria della Regione Lombardia, Gaetano Penocchio, presidente Fnovi - Federazione nazionale veterinari.