Proposta forte di Arav al Tavolo bianco della Regione Veneto: “Polverizziamo il latte per realizzare prodotti ad elevato valore aggiunto per l’utilizzo umano, zootecnico, farmaceutico e non solo. Attraverso la creazione di un hub per la produzione del latte in polvere, con l’impegno di tutta la filiera, riusciremo a creare delle scorte importanti di materia prima. Un investimento che deve essere in grado di dare continuità di risultati di mercato ed economici”.
Per far fronte alla nuova situazione del mercato del latte determinata dall'emergenza coronavirus, l’assessore regionale all’Agricoltura del Veneto, Giuseppe Pan, lo scorso 16 marzo ha convocato in videoconferenza il “Tavolo bianco”, con tutti gli attori della filiera lattiero casearia veneta, per riflettere e adottare i primi provvedimenti urgenti.
Tra i partecipanti all’incontro online c’era Arav, l’Associazione regionale allevatori del Veneto, che per voce del proprio presidente Floriano De Franceschi ha avanzato una proposta concreta per affrontare la situazione contingente ed essere pronti e innovativi anche dopo l’emergenza, appunto quella di produrre latte in polvere.
De Franceschi, tra le proposte di Arav l’idea di incentivare la polverizzazione del latte e promuovere accordi comunitari. Di cosa si tratta?
“Da questo momento di crisi si potrebbe ricavare qualcosa di positivo, come definire accordi a livello comunitario affinché si riesca ad individuare all’interno dell’Unione Europea, che sia in Germania, Francia, Slovenia o Italia, stabilimenti che polverizzano il latte in eccesso aprendo poi all’ammasso della polvere di latte”.
Quali possibilità si aprirebbero?
“In tal modo si potrebbero valutare forme di intervento sul mercato che possano consentire il ritiro e la distribuzione delle eccedenze di produzione e dei prodotti lattiero caseari rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato, avviando anche azioni coordinate con la grande distribuzione e la ristorazione collettiva ed organizzata per superare la crisi del settore e sostenere il mercato. Tenendo bene a mente che l’autoapprovvigionamento in Italia oggi arriva all’80% con punte del 100% in alcuni periodi dell’anno, va sottolineato che è proprio da questi momenti che possono nascere nuove opportunità di rilancio del settore”.
Quali sono i vantaggi derivanti dalla polverizzazione e dal fare ammasso?
“L’eccedenza di latte in territorio nazionale porta a un’oscillazione importante dei prezzi, così come l’assenza di polverizzatori. Un problema che non appartiene solo all’Italia, ma più in generale all’Unione europea. Creare delle scorte di latte in polvere e degli ammassi, quindi, potrebbe essere strategico per rendere il mercato più stabile ed evitare che il valore del prodotto si deprezzi oltre certi limiti di accettabilità”.
L’esperienza piemontese del polverizzatore Inalpi di Moretta, che polverizza 5mila quintali di latte al giorno, destinato principalmente alla Ferrero di Alba, la dice lunga. In Veneto si potrebbe replicare questo modello?
“Non possiamo più andare in guerra senza armi. Oggi più che mai lo dimostrano le speculazioni sul prezzo del latte alla stalla conseguenti al coronavirus e l’esigenza di essere al passo con i tempi si fa ancor più forte. La proposta è quella di realizzare un centro di riferimento, un hub per la polverizzazione di latte e siero derivati prodotti in Veneto per ottenere prodotti ad elevato valore aggiunto per l’utilizzo umano, zootecnico, farmaceutico e non solo”.
Per esempio quali prodotti?
“Prodotti come panna, latte in polvere scremato o parzialmente scremato, prodotti proteici, minerali e la combinazione degli stessi, prodotti per la nutrizione medica, della prima infanzia e sportiva, ingredienti da forno, solo per citare alcuni utilizzi sempre più richiesti. Alcune grosse aziende, tra cui Ferrero, realizzano intere linee di prodotti con il latte in polvere, così come molte altre aziende dolciarie. Pertanto, si potrebbero creare delle nuove interessanti opportunità, che oggi il prodotto fresco, per le sue caratteristiche e la sua durata limitata nel tempo, non è in grado di offrire”.
Un centro per gestire le emergenze?
“Assolutamente no. Dovrà essere un centro che, con l’impegno di tutta la filiera, diventerà una parte strutturale del sistema lattiero-caseario veneto. Un investimento che deve essere in grado di dare continuità di risultati di mercato ed economici. Tutte queste azioni comportano costi non indifferenti e necessiteranno, quindi, del sostegno di interventi pubblici ad hoc, che auspichiamo vengano previsti. Certo è che ci impegneremo al massimo a dialogare con gli enti pubblici ed a lavorare per il nostro settore, sicuri che non mancherà il supporto ed il sostegno della Regione Veneto, in primo luogo attraverso la sensibilità sempre dimostrata in questi anni dal presidente Zaia, dall’assessore Pan e dal Dipartimento Agroalimentare”.
Qual è oggi la situazione del mercato lattiero caseario?
In questa situazione di emergenza sanitaria, spiega Floriano De Franceschi, "il settore lattiero caseario risulta particolarmente colpito e in difficoltà. Da un lato le cooperative sono ancora in grado di garantire il consueto svolgersi delle attività, pur con tutte le limitazioni del caso, dall’altra i caseifici privati assieme alle aziende agricole che conferiscono loro il latte sono nel pieno della crisi. La chiusura del settore horeca (hotel, ristorazione, caffè e pubblici esercizi) e le rigide restrizioni agli spostamenti della popolazione hanno portato al crollo del mercato dei prodotti lattiero caseari freschi, seguito da problemi ai caseifici specializzati nella trasformazione e distribuzione di questi prodotti, che paventano l’ipotesi di non raccogliere più il latte dalle aziende conferenti, con gravi conseguenze per queste ultime e per l’intero comparto”.
Quali saranno gli effetti di questo momento?
“Duplice sarà l’effetto negativo: sui produttori, costretti a cedere pur di vendere il latte prodotto, con conseguenze a lungo termine negli equilibri dei bilanci aziendali, e sui consumatori, disorientati nelle scelte. E indotti, a causa di un marketing molto aggressivo, a scegliere prodotti stranieri, la cui qualità è ben diversa da quella made in Italy”.
E quindi si è tenuto il Tavolo bianco, convocato dall’assessore regionale. Quali altre proposte sono state portate al Tavolo dal mondo dei produttori veneti per guardare oltre la crisi?
“Controllo del prezzo del latte alla stalla. Sblocco dei premi unici Pac. Gestione del surplus di latte non ritirato. Riorientamento della domanda del “fresco” messa in crisi dalla chiusura del canale Horeca. Coinvolgimento della grande distribuzione perché sugli scaffali di supermercati e ipermercati arrivino latte, latticini e formaggi made in Veneto. Tutela delle produzioni locali rispetto alle importazioni d’oltre frontiera. Queste, in estrema sintesi, le richieste formulate da produttori e trasformatori”.
Il Veneto, con 2.800 aziende, per un totale di 1,2 milioni di tonnellate di latte prodotto, di cui più dell’80% trasformato in formaggio, è particolarmente colpito dall’emergenza coronavirus. Come procedere in questo periodo di cui non si conosce a priori la durata?
“Con azioni importanti e di impatto. Vi è, infatti, un’emergenza immediata a cui far fronte tramite due possibili iniziative. Una soluzione potrebbe essere quella di sfruttare il latte in eccedenza per produrre cagliate da congelare ed utilizzare. Seguirebbe una seconda opzione, che non esclude la prima, quella di aumentare le produzioni di formaggi a lunga stagionatura o Dop per poi destinarne l’uso agli indigenti. A questo proposito, tuttavia, bisognerà assicurarsi che tale azione non diventi un boomerang e sarà necessario, quindi, collegarla a provvedimenti già programmati di distribuzione di derrate alimentari, come pare sia previsto dal Decreto Cura Italia, con lo stanziamento di ulteriori 50 milioni di euro nel Fondo Indigenti; in caso contrario c’è il rischio concreto di posticipare il problema immettendo in circolazione grosse quantità di formaggio che rischierebbero di ingolfare l’offerta, con ripercussioni sui prezzi di vendita”.
Con poco meno di 1,2 milioni di tonnellate di latte prodotto ogni anno, il Veneto occupa il terzo posto nella classifica nazionale, dopo Lombardia (oltre 5 milioni di tonnellate) ed Emilia-Romagna (quasi 2 milioni di tonnellate).