Per un minor impatto dei reflui zootecnici

reflui zootecnici
Un progetto Psr Emilia-Romagna ha indagato come si può fare, nella gestione degli effluenti d’allevamento, per migliorare l’efficienza della loro distribuzione in campo. E per ridurre l’impronta ambientale. Si chiama (E)mission, “per una zootecnia verde”

Si è recentemente concluso il Progetto (E)mission “per una zootecnia verde”, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito della misura 16.1.01 del PSR 2014-2020. Il gruppo operativo, costituito da Università Cattolica di Piacenza (coordinatore), Fondazione Crpa Studi Ricerche e Crpa spa, ha lavorato alla calibrazione di strategie sostenibili di utilizzo dei liquami zootecnici, per ridurre le perdite di azoto in atmosfera (sotto forma di protossido di azoto [N2O] e ammoniaca [NH3]) e nelle acque (sotto forma di nitrato [NO3-]).
Obiettivo principale del progetto è stato incrementare la sostenibilità economica e ambientale di due importanti filiere: Parmigiano Reggiano e Grana Padano.
Per le distribuzioni sperimentali dei liquami è stato impiegato un carrobotte prototipo, dotato di un classico distributore superficiale, oppure di un interratore a dischi, distanziati 30 cm, per una larghezza complessiva di 4 metri.

Il prato stabile del Parmigiano Reggiano: az. Grana d’Oro (Re)

Nel 2017-2018 sono stati confrontati tre momenti di distribuzione dei liquami bovini su un prato stabile dell’areale Parmigiano Reggiano, ossia: autunnale, invernale (in deroga alle limitazioni legislative) e primaverile. Inoltre, sono state valutate due modalità di spandimento (superficiale vs interrato). La fertilizzazione ha previsto una distribuzione di liquame come frazione chiarificata a seguito di separazione solido-liquido, alla dose di 170 kg N/ha.
I risultati della prova hanno confermato come la maggiore volatilizzazione di NH3 avvenga con temperature elevate e con distribuzione superficiale dei liquami. Nella distribuzione autunnale (tesi M1), infatti, il leggero interramento del liquame ha ridotto la volatilizzazione del 57% rispetto all’apporto superficiale, volatilizzando in atmosfera 24,3 kg N-NH3/ha contro i 57,5 kg N-NH3/ha dello spandimento superficiale a tutto campo.
A gennaio (M2), con temperature basse, le volatilizzazioni si sono ridotte drasticamente e indipendentemente dalla modalità di distribuzione. Stesso discorso vale per la distribuzione primaverile (M3), che tuttavia ha dato luogo mediamente a una maggiore perdita di NH3 (circa 20% dell’azoto distribuito).
Invece le emissioni di N2O, gas ad effetto serra, hanno mostrato le perdite più rilevanti, con l’interramento (valori cumulati annui per i tre momenti distributivi tra i 10 ed i 20 kg N/ha, mentre lo spandimento superficiale ha generato perdite mediamente sempre inferiori a 10 kg N/ha). I maggiori valori di emissioni di N2O sono stati registrati a seguito della distribuzione invernale.


La maggiore concentrazione di nitrati nella soluzione circolante del terreno, indice di un maggiore rischio di dilavamento dell’azoto nitrico, è stata misurata a seguito della liquamazione autunnale, con valori compresi tra 100 e 200 mg NO3-/L. Viceversa, a seguito della distribuzione primaverile i valori erano inferiori ai 30 mg NO3-/L, grazie al risveglio vegetativo del cotico prativo.
Per quanto riguarda la produzione foraggera al primo taglio, quello più influenzato dalle liquamazioni effettuate, non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra le tempistiche di distribuzione mentre le produzioni superiori si sono avute con la distribuzione superficiale (Tabella 1).
La causa è stata individuata nel danneggiamento al cotico operato dall’interratore, indicando la necessità di modifiche meccaniche (es. maggior distanziamento dei dischi interratori).

La coltivazione di mais nell’areale del Grana Padano: azienda Cerzoo (Pc)

Nel 2018-2019 la sperimentazione ha riguardato il sistema agricolo maidicolo del Grana Padano, nel quale sono state testate le stersse modalità di distribuzione (superficiale o interrato) della prima prova. Un ulteriore fattore di indagine era rappresentato dalla gestione del terreno precedente la semina del mais, con il confronto di due cover crop (senape bianca e segale) a fianco del tradizionale suolo nudo. Il mais è stato seminato direttamente sul residuo colturale delle cover crop, senza lavorazione.
La concimazione con digestato, 170 kg N/ha, è stata effettuata a un mese di distanza dalla terminazione delle cover crop. Dopo un altro mese è stata eseguita una fertilizzazione di copertura al mais con urea (N 46%) alla dose di 160 kg N/ha, seguita da una leggera irrigazione (20 mm) per favorirne l’incorporazione nel terreno non lavorato.
I risultati hanno evidenziato importanti perdite per volatilizzazione dell’NH3 anche con l’interramento del liquame (33% dell’azoto distribuito), che sono arrivate al 40% con l’applicazione in superficie. Di contro, la volatilizzazione a seguito della distribuzione di urea è stato significativamente contenuta grazie all’irrigazione eseguita subito dopo l’applicazione dell’urea (solo il 3-4%).
Per l’N2O, le maggiori emissioni sono state osservate in seguito alle operazioni di fertilizzazione e di irrigazione, eventi che notoriamente favoriscono i processi microbiologici alla base delle emissioni.
Relativamente al tenore di nitrati, alla prima data di campionamento (16 maggio 2019), i valori più elevati sono stati rinvenuti nel suolo nudo e sotto cover di senape, che era risultata distrutta precocemente dalle gelate. La cover di segale, invece, grazie alla sua maggior resistenza alle basse temperature, ha continuato ad intrappolare il nitrato lungo il profilo del terreno, riducendolo a valori inferiori a 50 mg NO3-/L per la tesi con concimazione superficiale.
Le rese di granella di mais sono risultate molto elevate nelle tesi concimate, senza differenze tra modalità di distribuzione del digestato (Tabella 2). In relazione alla presenza/assenza di residuo da cover crop, invece, si è delineata una graduatoria che vede al primo posto il suolo nudo e la senape, seguite dalla segale, che ha verosimilmente immobilizzato una quota dell’azoto e il cui residuo ha agito da barriera alla rapida infiltrazione dei fertilizzanti lungo il profilo del terreno, mettendo un po’ in crisi la nutrizione azotata del mais.

Conclusioni

Il Progetto (E)mission ha dimostrato come, nonostante le differenze strutturali degli agrosistemi presi in considerazione (un prato stabile e una coltivazione di mais), l’approccio-guida debba essere il medesimo, focalizzato sulla comprensione delle dinamiche delle perdite azotate, che devono trovare risposte correttive efficaci ed opportunamente declinate nei diversi contesti.
La pratica dell’interramento dei liquami, ad esempio, se, da un lato, ha confermato la sua efficacia nella riduzione delle emissioni ammoniacali, d’altro canto ha mostrato di promuovere le perdite di protossido di azoto, contribuendo all’effetto serra.
La prova su prato stabile ha poi messo in luce la necessità di trovare un valido compromesso tra i benefici ambientali, derivanti dall’interramento dei liquami così come dal loro impiego primaverile, e la necessaria sostenibilità economica dell’azienda, che passa anche attraverso una razionale gestione degli stoccaggi ed il mantenimento delle rese produttive.

Per un minor impatto dei reflui zootecnici - Ultima modifica: 2020-12-03T14:58:09+01:00 da Lucia Berti

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