Una rivoluzione strutturale dell’allevamento bovino da latte si è verificata in Italia negli ultimi vent’anni, proseguendo un trend avviato nell’ultimo decennio del secolo scorso. Infatti nel nostro paese, secondo i dati dell’Icar raccolti e forniti da Aia, nelle ultime due decadi si è assistito ad un contrazione annua degli allevamenti bovini da latte pari al -3% (circa 1.500 allevamenti in meno all’anno) e a un aumento annuo dei bovini allevati per allevamento pari al +24% (circa 10 bovini in più allevati all’anno per allevamento), come riportato nella Figura 1.
Nei prossimi 5 anni tale l’andamento si prevede si stabilizzi garantendo circa 24.000 allevamenti di bovini da latte, con una consistenza media di 75-80 bovine per allevamento, mantenendo un numero totale attorno a 1,8 milioni di bovine allevate (iscritte e non ai libri genealogici), come riportato nella Figura 2.
In termini di produzione di latte, e di composizione di grasso e proteina, non potendo disporre dei dati di tutte le bovine da latte allevate in Italia, grazie al sistema dei controlli funzionali e la iscrizione delle bovine ai registri anagrafici delle associazioni di razza, è stato possibile evidenziare quale sia stato l’andamento negli ultimi vent’anni (dal 2001 al 2019), prevedendo di conseguenza una previsione fino al 2025 (Figura 3).
La produzione di latte è giunta oramai a 9.401 kg di latte per lattazione in 305 giorni, con una percentuale di grasso pari al 3,80% e una percentuale di proteina pari al 3,35%. L’incremento dal 2001 ad oggi corrisponde per il latte ad un +18,6%, per il grasso % ad un + 6,1% e alla proteina ad un +3,4%.
Proiettando questi dati al 2025, si prevede un incremento del +31,0% per il latte, un +10,0% per il grasso ed un +6,8% per la proteina.
Gran parte di questo risultato è dovuto al miglioramento genetico e in particolar modo alla genomica applicata nell’ultimo decennio, che proseguirà anche nei prossimi anni non solo per il latte, grasso e proteina ma anche per altri caratteri produttivi e funzionali, con qualche risvolto, o meglio rovescio della medaglia, che occorrerà contenere e mitigare sin da ora.
Non si dimenticano tuttavia i progressi ottenuti in campo alimentare nonchè nella gestione dell’ambiente, strutture e management dell’allevamento.
Miglioramento genetico sulla quantità e qualità del latte
Sappiamo che il miglioramento genetico ha il pregio di essere cumulativo nel tempo, cosicchè piccoli cambiamenti annuali fanno differenze sostanziali negli anni; e proprio ogni tanto nel tempo è bene soffermarsi a valutare ciò che è stato cumulato o eventualmente depauperato.
Considerando la razza Frisona, ovvero la razza bovina da latte più diffusa al mondo e anche nel nostro paese, con oltre il 90% dei capi allevati sul totale dei bovini da latte (Aia, 2020), l’andamento del progresso genetico per la produzione del latte è sotto gli occhi di tutti e viene riportato in Figura 4.
Si evince che nel 2010 c’è stato un incremento sensibile di tutti e tre i caratteri principali, a partire dalla produzione di latte che è passata da un trend annuo di +89 kg, dal 1995 al 2010, ad un +105 kg, dal 2011 al 2020. Come pure le percentuali di grasso, in riduzione di 0,006 punti %/anno, dal 1995 al 2010, a un +0,007 punti %/anno, dal 2011 al 2020. Le proteine sono di fatto raddoppiate, con un trend genetico annuo passato da +0,0034 %/anno, dal 1995 al 2010, a + 0,0072 %/anno, dal 2011 al 2020.
I fattori principali sono ascrivibili al cambio dell’indice di selezione (PFT) avvenuto nel 2009 e all’avvento della genomica che non ha ancora esaurito il suo effetto e che porterà ulteriori miglioramenti negli anni a venire.
Contributo della genetica sulla quantità e qualità di latte
Considerando la selezione svolta nella Frisona italiana nell’ultimo quinquennio (dal 2015 al 2019), il contributo della genetica sul fenotipo totale, può essere stimato scorporando dal trend fenotipico quello genetico realizzato, come riportato in Tabella 1. Si può notare che il 66 % dell’incremento medio annuo registrato nella produzione di latte, in 305 giorni, è dovuto al miglioramento genetico realizzato, mentre per i contenuti di grasso e proteina i contributi si attestano rispettivamente sul 35% e 46%.
Pertanto, nella razza Frisona italiana, da un terzo a due terzi degli incrementi produttivi realizzati a livello fenotipico negli ultimi 5 anni sono da attribuire all’attività di selezione e miglioramento genetico.
Questi contributi fanno capire quale sia l’importanza che gli allevatori, con le loro scelte selettive, nonché le Associazioni Nazionali di razza e i centri di FA, hanno nel garantire un progresso produttivo e di conseguenza economico dell’attività zootecnica nazionale.
Miglioramento genetico sui caratteri funzionali
Tuttavia, sappiamo che negli ultimi anni altri aspetti, o rovesci della medaglia, devono essere considerati e per questo risulta importante valutare anche altri caratteri funzionali quali fertilità, longevità e cellule somatiche.
In Figura 5, si riportano i trend genetici (su scala 100±5) della fertilità, longevità e cellule somatiche comparati con il trend genetico del latte, trasformato sulla stessa scala dei caratteri funzionali, per la razza Frisona italiana dal 1995 al 2020 (Anafij, 2020).
Si può osservare come ad un leggero depauperamento della funzionalità in generale della bovina da latte di razza Frisona, avvenuto a livello genetico dal 1995 al 2010, si è ora invertita la tendenza, soprattutto per la longevità e a seguire per le cellule somatiche e fertilità. Nell’ultimo decennio il trend genetico medio annuo dei tre caratteri funzionali è pari a +0,983, +0,446 e +0,143 punti su scala 100, rispettivamente per longevità, cellule somatiche (in questo caso il segno positivo significa riduzione del contenuto di cellule somatiche) e fertilità, rispettivamente.
I fattori che possono aver determinato tali risultati positivi negli ultimi 10 anni, sono la definizione di indici funzionali più completi, la modifica dei pesi dell’indice di selezione PFT e la maggior attenzione degli allevatori nella scelta dei tori sui caratteri legati alla funzionalità. Tutto ciò ha portato ad un evidente contenimento nella riduzione della fertilità, cellule somatiche e longevità, nonostante l’incremento produttivo e qualitativo del latte, con un evidente incremento negli ultimi anni di attività selettiva e di miglioramento genetico. L’incremento degli indici funzionali è destinato nei prossimi anni ad aumentare grazie alla genomica applicata a questi caratteri a bassa ereditabilità.
Questo miglioramento genetico è confermato da altri indicatori fenotipici, risultati in netto miglioramento, quali quelli riportati in Tabella 2, dove si evidenzia un incremento medio annuo del tasso di gravidanza di +0,30 %, come una riduzione di -9.000 cellule/ml ed un incremento di latte prodotto per giorno di vita pari a +0,27 kg.
Contributo della genetica sulla funzionalità della bovina
Il contributo della genetica sui principali caratteri funzionali (Tabella 2) è pari al 12% sulla fertilità e del 28% sulle cellule somatiche. Per quanto riguarda la longevità si è voluto stimare l’effetto della genetica sia sulla longevità totale (mesi di vita), sia sulla longevità funzionale (kg latte per giorni di vita totale), evidenziando un contributo della componente genetica del 42% sulla longevità totale e del 64% sulla longevità funzionale (longevità a parità di latte prodotto).
Per quanto riguarda la longevità totale si può notare che mentre l’azione di selezione tende ad aumentare la longevità totale (+0,16 mesi/anno nell’ultimo decennio) la risultante fenotipica della longevità totale risulta con un trend annuo negativo e pari a -0,39 mesi/anno a causa di fattori ambientali che neutralizzano l’effetto della selezione.
Questi contributi fanno capire, anche in questo caso, quale sia l’importanza del miglioramento genetico sulla funzionalità della bovina che può essere declinato anche come miglioramento di un benessere sostenibile a livello zootecnico e sociale, garantendo una migliore capacità riproduttiva associata ad un miglioramento della salute della mammella e della longevità produttiva.
Consanguineità e indice di selezione
L’intensa attività selettiva avvenuta negli ultimi anni, seppur modificando l’indice di selezione in più occasioni, ora arrivato a considerare ben 11 caratteri tra produzione, morfologia e funzionalità (Tabella 3), ha evidenziano un incremento continuo e costante della consanguineità nella popolazione, che si attesta su valori assoluti prossimi al 7% (Figura 6).
Pertanto, l’incremento medio atteso per anno è risultato pari a +0,24 punti %, rientrando così nella categoria potenzialmente a rischio di scomparsa e di forte erosione genetica; secondo quanto previsto dalla teoria della genetica di popolazione e quanto riportato schematicamente da Simon e Buchenauer (1993), vedasi Tabella 4.
È evidente che la razza Frisona italiana, pur costituita da oltre un milione di vacche in selezione, è di fatto composta da molti meno soggetti geneticamente indipendenti l’uno d’altro e ciò per l’utilizzo di animali sempre più parenti tra loro, avvenuto nel corso degli anni.
Questo fenomeno rappresenta il rovescio di una medaglia, che ha e sta portando enormi benefici in termini di produzione e qualità del latte, ma che in questi ultimi anni necessita di maggior attenzione, soprattutto con l’avvento della genomica, che accelera tale processo di imparentamento all’interno della popolazione attiva.
Come mitigare la consanguineità
Il problema dell’incremento della consanguineità è facilmente risolvibile, sia a livello di allevamento che di associazione nazionale allevatori e/o centro tori. Teoricamente per azzerare la consanguineità nella futura generazione è sufficiente non accoppiare un toro con una vacca parenti tra loro, praticamente, a livello di allevamento è possibile minimizzare l’incremento di consanguineità effettuando accoppiamenti programmati con strumenti come Wam e Web Pac a disposizione tramite Anafij, quali servizi rivolti ai propri allevatori soci ed iscritti al libro genealogico di bovini di razza Frisona Italiana.
Come Associazione ci sono vari strategie per mitigare la consanguineità ovvero, modificare obiettivi di selezione, direzionando la popolazione verso animali diversi geneticamente dal passato e/o inserire nell’indice di selezione il carattere consanguineità, o meglio ancora la parentela del soggetto con il resto della popolazione, con segno negativo al fine di penalizzare i soggetti, seppure performanti, troppo parenti con il resto della popolazione. Per quanto riguarda i centri tori, oltre ad utilizzare i precedenti strumenti è possibile utilizzare grazie alla caratterizzazione genomica, i soggetti cosiddetti fuori linea e con un patrimonio genico diverso, individuando soggetti con caratteristiche genetiche innovative per nuovi caratteri da selezionare.
Nuovi caratteri
I nuovi caratteri che si stanno affacciando, nel panorama selettivo nazionale e internazionale del bovino da latte, rispondono a nuove esigenze, sociali, ambientali ed economiche che stanno guidando e modificando tutti i settori produttivi gestiti dall’uomo. Nella zootecnia da latte, questi caratteri si possono classificare in un grande macro gruppo ovvero caratteri di sostenibilità, ovvero caratteri legati a:
1) riduzione dell’impatto ambientale: efficienza alimentare, emissione di metano enterico, contenuto di N organico e inorganico nel latte, contenuto di P, ecc.;
2) miglioramento del benessere: mastite, resilienza, agli stress biotici ed abiotici, riduzione all’uso di antibiotici, chetosi, acidosi, comportamento, docilità, adattabilità a diversi ambienti produttivi, interazione genotipo-ambiente, interazione tra animale-microbiota ruminale, ecc.;
3) interesse economico dell’intera filiera produttiva: ad esempio indici di attitudine casearia, contenuto di minerali nel latte, lattosio, K-caseina BB, beta-caseina A2A2, composizione fine del latte per scopi terapeutici e/o preventivi come la lattoferrina, il contenuto di iodio, ecc..
Conclusioni
In conclusione, la genetica e la gestione dei bovini da latte stanno cambiando molto velocemente a causa dell’applicazione di continue ed emergenti conoscenze, integrate con le nuove tecnologie e le nuove esigenze della società, sempre più esigente e connessa con il cibo e l’ambiente che vive.
Strumenti di fenotipizzazione del latte ad elevate prestazioni (es. spettroscopia all’infrarosso), tecnologie di precisione in allevamento, i robot di mungitura e in mangiatoia, la sensoristica applicata nelle varie fasi di allevamento, l’editing del genoma (non ancora approvato a livello comunitario, ma disponibile in paesi extra-europei), il microbioma ruminale e l’apprendimento profondo/automatico o cosiddetto deep/machine learning, rappresentano solo alcune delle innovazioni oggi in fase di sviluppo e applicazione anche nel settore zootecnico da latte, e che ci impegneranno da qui al prossimo decennio.
Tutti questi strumenti emergenti richiedono un’attenta validazione dei dati prodotti sia in termini di qualità sia in termini etici e legali, nonchè dell’accessibilità degli stessi. Una chiara comprensione di questi strumenti promettenti è strategica per la loro valorizzazione e per rendere questi strumenti utili e accettabili, anche al di fuori dell’azienda zootecnica per facilitarne il livello di comprensione della società e consumatori tutti.
Si deve parallelamente far capire i continui sacrifici e sforzi che gli allevatori, e tutte le loro forme di aggregazione (es. associazioni allevatori regionali e nazionali, cooperative di trasformazione e centri di riproduzione, ecc.), stanno compiendo in questi anni di forte cambiamento e rivoluzione tecnologica, ambientale e sociale.
Il miglioramento della qualità del latte vaccino possiamo dire che è stato raggiunto dopo anni di selezione e miglioramento gestionale degli allevamenti da latte. Per la razza Frisona Italiana, titoli di grasso al 4% e proteina costantemente superiore al 3,2-3,3%, erano impensabili solo 20 anni fa, il tutto con produzione che sfiorano i 100 quintali di latte per vacca.
Oggi il miglioramento genetico si sta concentrando sul mantenimento dei risultati raggiunti su quantità e qualità del latte con l’aggiunta di migliorare la longevità, fertilità e resistenza alle patologie, mastite in primis, senza trascurare la mitigazione dell’impatto ambientale.
I nuovi paradigmi zootecnici passano così da un miglioramento della qualità dei prodotti animali a un miglioramento della qualità di vita dei consumatori, degli animali ma sottolineiamo anche degli allevatori.