La produzione di latte sta crescendo ovunque. Nel corso del 2012, e con la sola eccezione del Cile, tutti i paesi maggiori produttori ed esportatori di derivati di latte stanno registrando aumenti di prodotto consegnato alle latterie. Con incrementi consistenti se confrontati con l’anno scorso, fino a raggiungere tassi di crescita a due cifre: è il caso della Nuova Zelanda e dell’Uruguay.
Stesso andamento, in tono appena più attenuato, anche per i paesi grandi importatori di derivati del latte. Due dinamiche dunque che vanno pericolosamente nella stessa direzione.
Da un lato abbiamo i paesi orientati a vendere sui mercati internazionali che producono molto più latte dell’anno scorso; latte che riverseranno interamente sugli stessi mercati. Dall’altro lato vediamo i paesi normalmente importatori che anch’essi stanno aumentando la produzione interna di latte; e dunque, con ogni probabilità, diminuiranno la propensione a importare derivati del latte. Conclusione: si va verso un incremento generalizzato e relativamente cospicuo dell’offerta di latte a livello internazionale.
Nel mondo
Ma vediamo meglio cosa sta succedendo, premettendo che stiamo ragionando – secondo i dati diffusi da Clal (www.clal.it) – sulle produzioni del primo periodo dell’anno: da gennaio a luglio (o in qualche caso ad agosto) di quest’anno.
Tra i paesi maggiormente esportatori colpisce, in valore assoluto, l’imponente crescita produttiva dell’Uruguay, che fa registrare un rotondo + 15%, e della Nuova Zelanda che segna un + 11,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Bisogna però distinguere i pesi relativi sull’export tra i limitati volumi produttivi del paese sud-americano che fino a luglio aveva prodotto 1,09 milioni di tonnellate di latte (1.064 milioni di litri) e, invece, la considerevole produzione della Nuova Zelanda che a luglio ha raggiunto 8,43 milioni di tonnellate e che storicamente ha una fortissima propensione ad esportare.
Ma a far crescere l’offerta mondiale di latte saranno anche altri player di rango dell’export lattiero internazionale. A partire dall’Ucraina, la cui ragguardevole produzione di 6,7 milioni di tonnellate sta aumentando al ritmo del 2,67%.
Segue l’Argentina che con consegne di latte oltre sei milioni di tonnellate, registra – sempre tra gennaio e luglio – una crescita record dell’8,13%; e poi l’Australia, la cui produzione del periodo considerato ha sfiorato le 5,6 milioni di tonnellate ed è incrementata, rispetto agli stessi mesi del 2011, del 4,7%; considerando che esporta in genere ben più dell’Argentina.
Nella panoramica sui paesi esportatori entrano poi alcuni produttori di dimensioni minori ma tutt’altro che trascurabili. In questo ambito abbiamo la Bielorussia, che produce oltre 3,9 milioni di tonnellate di latte e che ha aumentato la propria produzione del 3,5%, e il Cile che, unica eccezione come già accennato, registra un decremento dell’1% su una produzione di 1,16 milioni di tonnellate di latte (1.129 milioni di litri).
A completare il quadro dei paesi export oriented, ci sono infine i due giganti produttivi: Usa e Unione europea; che mostrano però differenze strutturali rimarchevoli.
Gli Stati Uniti d’America presentano una produzione massiccia di latte, pari a 61,4 milioni di tonnellate. Un volume peraltro in aumento del 2,77%, aliquota rilevante vista la mole a cui si riferisce.
La Ue (a ventisette paesi) ha una produzione di latte ancora più elevata, sfiorando le 83,9 milioni di tonnellate. L’incremento produttivo registrato tra gennaio e luglio è più contenuto in termini relativi: + 1,53%; ma per comprenderne il peso sull’offerta internazionale bisogna considerare che si applica alla maggior produzione a livello mondiale e che l’Ue ha tradizionalmente una propensione all’export ben maggiore degli Usa.
Può essere interessante aggiungere il dato dell’incremento medio della produzione dei paesi maggiormente esportatori di derivati di latte che, secondo il Clal, è pari a +2,91% (tabella 1).
Nei paesi importatori
Tutti segni “più” anche sul fronte della produzione dei paesi maggiormente importatori di derivati del latte. Il che potrebbe significare, come già accennato, una minor propensione ad acquistare prodotto sui mercati internazionali.
Così la Russia, che vanta una produzione molto rilevante pari a 19,46 milioni di tonnellate di latte nel periodo gennaio-luglio 2012, che segna un incremento produttivo del 2,53%. Ma anche Messico (produzione nazionale pari a 6,36 milioni di tonnellate, dato stimato), Brasile (5,89 milioni di tonnellate, dato stimato) e Giappone (4,53 milioni di tonnellate) segnano aumenti produttivi nel periodo considerato rispettivamente pari a +1,91%, + 4,48%, 2,82%.
In media, sempre secondo i dati diffusi dal Clal, la produzione di latte dei paesi maggiormente importatori sta incrementando al ritmo del 2,78% rispetto all’anno scorso (tabella 2).
Nell’Unione europea
Focalizzando lo sguardo alle dinamiche degli stati membri dell’Unione europea, considerando sempre il periodo gennaio-luglio di quest’anno, si scopre che una piccola pattuglia di paesi sta diminuendo la produzione di latte. Di essa fanno parte il Belgio con un calo produttivo contenuto (-0,48%), la Germania che cala di pochissimo (-0,12%), l’Irlanda (-1,25%) e la Bulgaria (-1,57%).
Tutti gli altri paesi dell’Ue stanno aumentando la produzione di latte (tabella 3), in accordo con il dato generale europeo che abbiamo segnalato precedentemente.
Tra questi spicca la Francia che, con una produzione complessiva che sino a luglio sfiorava le 15 milioni di tonnellate, sta incrementando le consegne alle latterie dell’1,8%.
Da notare poi il grande dinamismo produttivo dei paesi dell’Est Europa (tabella 4). A cominciare dagli stati baltici che, pur avendo produzioni non elevate, stanno aumentando il latte munto annualmente a ritmi molto elevati: da gennaio a luglio l’Estonia fa registrare +7,72%, la Lettonia + 11,14% e la Lituania + 6,71%.
Ma anche la Polonia cresce molto: la sua produzione tra gennaio e luglio di quest’anno segna infatti un +8,8% rispetto allo stesso periodo del 2011; e questo su una quantità di latte consegnata decisamente significativa, se già a luglio ammontava a 5,86 milioni di tonnellate.
Completano il quadro la Repubblica Ceca (produzione in crescita del 6,31%), la Slovacchia (+ 6,91%) e l’Ungheria (+ 9%); sempre considerando il periodo gennaio-luglio 2012.
In Italia
La questione produttiva in Italia ha una duplice valenza: l’una generale che riguarda l’offerta e il mercato, l’altra specifica che riguarda le quote latte. Sono ovviamente questioni collegate: se la produzione nazionale di latte aumenta, con essa cresce parallelamente il rischio di andare verso situazioni di mercato pesante e di superare la quota latte nazionale.
È però quest’ultima incognita a tenere banco nella discussione attuale in Italia sul settore lattiero-caseario.
Molti ricorderanno che nelle ultime tre campagne produttive la produzione italiana di latte ha sempre rispettato la quota assegnata al nostro Paese. Uno stato di cose positivo, minato però dalla circostanza che la produzione, anno dopo anno, ha continuato ad aumentare. Tanto che nell’ultima campagna – la 2011/12 terminata lo scorso 31 marzo – la produzione italiana complessiva e rettificata (in funzione del contenuto in grasso), assestandosi a 10.841.951 tonnellate (consegne alle latterie) è rimasta di sole 41.128 tonnellate al di sotto della quota nazionale (pari a 10.883.079 tonnellate).
Una differenza esigua e preoccupante. Già l’anno scorso, verso fine campagna erano suonati gli allarmi del rischio di un eccesso di produzione; forse grazie anche a questi segnali il pericolo è stato scongiurato. Ma quest’anno il rischio si profila molto più accentuato.
Secondo uno studio di Fedagri - Confcooperative Lombardia, relativo alle consegne di latte aggiornate al luglio di quest’anno, la quantità di latte rettificato in grasso consegnato in Italia alle latterie è aumentata del 3% rispetto allo stesso periodo della campagna precedente; dai dati ufficiali Sian (Sistema informativo agricolo nazionale) la produzione di latte in Italia da aprile a luglio 2012 in totale risulta pari a 3.772.263 tonnellate.
Un aumento dunque importante, verificatosi pur scontando un calo del 4,5% a luglio rispetto a giugno come conseguenza dell’intenso caldo estivo. La situazione è analoga – come evidenzia lo studio Fedagri – a quella che si registra in Lombardia, la regione italiana maggiormente produttiva: +3,5% rispetto all’anno scorso e -4,5% tra giugno e luglio.
Una multa di 100 milioni?
Tutti gli esperti sono concordi nel ritenere che se il trend resterà quello appena descritto, l’Italia in questa campagna lattiera, che finirà il 31 marzo 2013, supererà la quota assegnata al paese. Con un forte rischio di una multa molto elevata: fino a 100 milioni di euro, è la previsione preoccupata di Giovanni Rossi, presidente di Oc LatteItalia.
Multe pesanti che si trasmetterebbero gravemente ai singoli produttori, per i meccanismi della restituzione così come concepiti dalla legge 33/2009.
La legge infatti esclude dalla restituzione alcune categorie di produttori: coloro che non sono in regola con i versamenti mensili sugli splafonamenti; chi termina la campagna con una produzione consegnata maggiore della quota a disposizione nel 2007/08; le stalle che a fine campagna dovessero aver registrato uno splafonamento di quota superiore al 6%. Ciò significa che, in caso di superamento nazionale della quota, per chi dovesse incappare in una di tali condizioni la multa sarebbe interamente imputata, senza alcuno sconto.
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