Essere allevatori significa, anzitutto, prendersi cura dei propri animali, il loro benessere deve sempre essere per noi una priorità, non foss’altro in un’ottica imprenditoriale. Infatti un allevamento costituito da animali sani, che vivono bene, corrisponde a un’azienda che produce di più e in cui sono ridotti i costi da imputare alle cure della mandria.
E per concretizzare questo contesto, che non è più un sogno, come poteva esserlo un decennio fa, forse più, è indispensabile sfruttare il potenziale offerto dai controlli funzionali e da tutte le professionalità ad oggi disponibili a supporto degli allevatori.
Abbiamo sempre sostenuto che i numeri rivelano molti aspetti della vita in stalla. E il rapporto instaurato con il mondo della ricerca universitaria, e non, è prioritario e strategico soprattutto in un momento di grande cambiamento e incertezza come quello che la pandemia Covid-19 ci sta mostrando.
Infatti attraverso il miglioramento genetico, che si realizza con la raccolta dati dei controlli funzionali, realizziamo un continuo e costante miglioramento delle condizioni di salute degli animali, ottimizzando le nuove tecnologie e procedure operative in stalla. L’uso del lisato piastrinico per contrastare la mastite è un esempio concreto, così come la resilienza mammaria ai patogeni che provocano la mastite, in osservazione proprio in questi mesi da parte di Arav, in un gruppo di allevamenti veneti pilota.
Da allevatore non posso che riconoscere l’importanza della ricerca. Senza voler troppo osare, mi sento di dire che la ricerca che si fa è ancora poca, nel settore zootecnico, si potrebbe fare molto di più, specialmente nell’ambito della ricerca applicata.
I ricercatori dovrebbero ritornare ad entrare negli allevamenti, più di quanto non avvenga oggi, guardare con i loro occhi “di studiosi” ciò che accade, approcciare con metodo scientifico l’analisi della raccolta quotidiana dei dati, che oggigiorno sono moltissimi, e cogliere con gli allevatori le continue opportunità di reciproca crescita professionale.
Mi piace ricordare che in alcuni paesi europei dove la ricerca e le produzioni zootecniche sono all’avanguardia a livello internazionale (es. Olanda e Irlanda) i ricercatori devono dedicare una parte significativa del loro tempo accademico all’interno delle aziende, sia per attività di ricerca applicata che di formazione. In questo modo è certamente possibile realizzare una ricerca dinamica, che ci aiuti a produrre in modo sempre più attento e sostenibile, sotto il profilo economico, ma anche ambientale e, di conseguenza, con riguardo al benessere animale.
Ogni 40 giorni esaminiamo il latte di ogni nostra singola bovina. Abbiamo a disposizione dei campioni di latte che rappresentano una straordinaria fonte di informazioni. Dati preziosi, che sono il punto di partenza per una grande e continuativa attività di ricerca sul campo.
E sono fermamente convinto, anzitutto da imprenditore, che proprio a partire dalla ricerca sia possibile dar vita a servizi innovativi, capaci di restituire agli allevatori preziose e utili risposte. Dai dati dei controlli funzionali, da quei nostri campioni, infatti, potrebbe persino emergere lo screening mirato dei patogeni della mammella, agevolando i veterinari nel loro lavoro, riducendo i tempi ed evitando di impiegare farmaci non appropriati: più ricerca, quindi, significa meno burocrazia e individuare le cure più efficaci e rapide.
Le iniziative Arav
Indossando le vesti di presidente di Arav, invece, non posso che evidenziare il percorso intrapreso con il mondo della ricerca, in particolare con l’Università degli Studi di Padova, con la quale da tempo collaboriamo proficuamente assieme ai laboratori del territorio.
Le progettualità a cui abbiamo recentemente dato gambe sono emblematiche di questo approccio di lavoro.
Tra le iniziative voglio ricordare il progetto “Covid-Milk”, che si concretizza nell’applicazione di azioni di fenotipizzazione e genotipizzazione di precisione funzionali alla raccolta dati di nuovi fenotipi per il miglioramento genetico. Tutto ciò per migliorare la capacità antiviralica del latte, attraverso la caratterizzazione fenotipica e la proposta di strategie di selezione genetica per un maggior contenuto di lattoferrina, nonché con la caratterizzazione genetica delle bovine da latte allevate in Veneto per il genotipo Beta-Caseina A2A2, per migliorare gli aspetti salutistici dei prodotti lattiero caseari.
Utilizzando test molecolari rapidi e affidabili per rintracciare patogeni causanti la mastite bovina e penalizzanti per il benessere animale, invece, osserviamo la resilienza mammaria durante la lattazione e messa in asciutta della bovina.
Anche l’attenzione per l’ambiente è alta. Abbiamo pensato, infatti, a un progetto per la determinazione del bilancio di carbonio negli allevamenti di bovini da latte del Veneto, finalizzato al miglioramento genetico dell’impatto ambientale della vacca da latte, mediante la misurazione individuale dell’emissione di metano enterico.
A questo va collegata la possibilità di una parametrizzazione degli indici utile a calcolare il bilancio di carbonio di ogni azienda con l’obiettivo di dimostrare che l’azienda agro-zootecnica è già in una condizione di bilancio neutro: da queste ricerche in primo luogo di miglioramento genetico, sta emergendo che i nostri allevamenti sono fisiologicamente carbon free
Non posso non ricordare, infine, il progetto in atto sul lisato piastrinico, che prevede un innovativo approccio terapeutico per il trattamento delle mastiti. Ovvero, la somministrazione di una concentrazione sovra-fisiologica di piastrine che contengono numerosi fattori di crescita capaci di svolgere un’azione di supporto alle cellule della linea bianca nel combattere l’agente patogeno, favorendo un processo rigenerativo.