L’offerta di alimenti di origine animale di qualità ottenuti con processi sostenibili da un punto di vista ambientale è un’esigenza sempre più sentita sia dai consumatori che dai produttori, ormai consapevoli che una produzione attenta all’ambiente può consentire un minore spreco di energia, risorse e materiali; il che si traduce in un maggiore beneficio economico.
Il concetto di “sostenibilità” dell’allevamento e dell’agricoltura sta entrando sempre più nel linguaggio comune non solo degli addetti ai lavori, ma anche in quello utilizzato dai media per richiamare l’attenzione dei consumatori sulla qualità dei prodotti.
Inoltre, le nuove politiche di sviluppo rurale dell’Ue mirano al raggiungimento di una agricoltura a basso impatto sull’ambiente, favorendo con pagamenti aggiuntivi e contributi quelle aziende che si impegnano nell’adozione o nella messa a punto di sistemi produttivi sostenibili.
Così, proprio sulla sostenibilità del sistema agro-zootecnico da latte, il gruppo Cis (Consorzio intercooperativo servizi) di Montichiari (Bs) ha organizzato un convegno in occasione della prossima rassegna Fazi (Fiera agricola zootecnica Italia) presso il centro fiera di Montichiari. Sono intervenuti alcuni ricercatori del Crpa sul tema “I sistemi foraggeri a supporto della zootecnia da latte ad alta efficienza produttiva e ambientale”. Il convegno si è tenuto sabato 20 febbraio. Si è parlato della pianificazione colturale a supporto dei fabbisogni dell’allevamento da latte addentrandosi nella scelta delle specie e delle varietà migliori da utilizzare a tale scopo.
Un sistema produttivo complesso
La stalla da latte è un sistema produttivo molto complesso che prevede, oltre agli aspetti zootecnici dell’allevamento vero e proprio, anche gli aspetti agronomici delle coltivazioni, comprendendo il problema della gestione dei reflui, delle concimazioni di campo, del consumo di fonti energetiche e della produzione di inquinanti che sono alla base del concetto di sostenibilità aziendale.
Le prove sperimentali del Crpa
Fino ad alcuni anni fa le prove colturali effettuate dal Crpa erano principalmente finalizzate a evidenziare la produttività delle varie specie e le implicazioni agronomiche della loro coltivazione. Oggi la ricerca del Centro ricerche produzioni animali di Reggio Emilia si è allargata agli aspetti ambientali, realizzando una serie di prove per verificare, oltre agli aspetti produttivi, anche la sostenibilità di alcune colture all’interno delle rotazioni aziendali. La scelta di base è stata quella di inserire le colture stesse all’interno di rotazioni che potessero risultare sostenibili dal punto di vista agronomico e ambientale nel medio-lungo periodo, valutando la produttività e, soprattutto, la qualità delle produzioni in funzione della destinazione d’uso zootecnica e dei fabbisogni degli animali allevati. Il lavoro del Crpa oltre alle prove sperimentali, ha posto la propria attenzione su realtà di pieno campo, cioè aziende che praticavano le medesime rotazioni con diverse modalità di coltivazione e di impiego di mezzi tecnici. Questo lavoro ha permesso di acquisire numerosi dati tecnici utilizzati per le valutazioni di carattere zootecnico e ambientale.
Produzione ottimizzata con foraggi di qualità
Fin qui i contenuti con i quali il Crpa ha arricchito il convegno del 20 febbraio a Montichiari. Ora però possiamo approfondire la discussione riferendo di alcune riflessioni tecniche (zootecniche e agronomiche) scaturite dall’esperienza del Comab (Commissionaria agricola bresciana) di Montichiari e dall’esperienza dell’ufficio tecnico della Comazoo (Cooperativa miglioramento agricolo zootecnico). Le cooperative Comab e Comazoo sono associate nel Consorzio Cis, l’organismo che ha organizzato il convegno del 20 febbraio.
La valutazione principale va fatta sulla qualità del foraggio, intesa come la sua capacità di determinare soddisfacenti livelli nelle prestazioni produttive degli animali in termini quantitativi e qualitativi. In particolare, nelle vacche da latte l’alimentazione con foraggi di elevata qualità migliora favorevolmente la produzione quanti-qualitativa del latte. Ciò è determinato dalla correlazione positiva tra le caratteristiche dell’alimento ingerito dall’animale e quelle del latte prodotto. Pertanto la disponibilità di foraggi di buona qualità rappresenta un fattore fondamentale per ottimizzare la gestione alimentare e l’economicità dell’impresa zootecnica.
Da cosa dipende la qualità dei foraggi
Il livello qualitativo di un foraggio può variare, secondo il Comab, può variare notevolmente tra le varie colture utilizzate per la sua produzione. Ad esempio, i foraggi di leguminose hanno valori nutrizionali più elevati rispetto a quelli di graminacee.
Questo aspetto tuttavia non è il solo a incidere sulla qualità del foraggio: anche il momento di raccolta, le tecniche agronomiche applicate alle colture foraggere durante il loro ciclo vegetativo, i metodi di raccolta e le tecniche di conservazione e stoccaggio possono influire significativamente sui contenuti nutritivi delle diverse specie foraggere. Ovviamente, alcuni fattori agronomici sono più importanti di altri nell’influenzare le caratteristiche qualitative del foraggio. La collocazione delle colture in determinati appezzamenti, la loro consociazione e le tecniche agronomiche adottate rappresentano i caratteri principali dell’agro-ecosistema, determinandone la struttura e condizionandone il funzionamento, con effetti positivi sulla produzione quali-quantitativa finale.
È molto importante, dicono i tecnici Comab, che tutte le scelte effettuate siano compatibili con la creazione di un agro-ecosistema in grado di auto-sostenersi in termini economici e di mantenersi in equilibrio con l’ambiente.
Come valutare un foraggio
Tra le esperienze tecniche del Comazoo e del Comab c’è anche la questione di come valutare un foraggio. Per eseguire una valutazione dei foraggi è necessario prendere in considerazione non solo i semplici valori grezzi di proteina, fibra e amido, ma risulta opportuno valutare anche la digeribilità dell’Ndf (Fibra neutro detersa) del foraggio ingerito (kd, costante di degradazione), e la velocità di transito dello stesso attraverso il rumine (kp, costante di passaggio). Questi sono due valori in competizione; all’aumentare dell’uno si riduce l’altro. Un foraggio con una elevata velocità di transito nell’apparato digerente sarà caratterizzato da una minore digestione della frazione fibrosa più lentamente degradabile, proprio perché manca il tempo necessario per una degradazione completa.
Prendendo ad esempio una medica di ottima qualità (come quella disidratata), il transito ruminale sarà veloce, grazie alla notevole digeribilità della sua fibra, ma ciò comporta una scarsa degradazione e quindi una scadente efficienza. L’ingestione sarà pertanto elevata, ma nelle feci troveremo una certa quantità di materiale non digerito. Al contrario, sempre secondo Comazoo e Comab, con la paglia si avrà un transito ruminale lento, ma una buona efficienza, in quanto ci sarà il tempo necessario per una digestione più accurata. Se però si esagera con la quantità di paglia, la razione avrà un basso contenuto energetico, il livello di ingestione sarà insufficiente con delle ripercussioni negative sulla produzione degli animali. Nella pratica comune, allo scopo di regolarizzare la velocità di transito, negli ultimi tempi si è iniziato a utilizzare con sempre maggiore frequenza nelle razioni una modesta quantità di paglia, che è foraggio sicuramente di scarsa digeribilità, ma che riesce ad aumentare la funzionalità ruminale.
In una posizione intermedia si colloca il loietto che è un foraggio di buona qualità, molto appetibile che può contribuire a incrementare l’efficienza ruminale, promuovendo un rallentamento della velocità di passaggio per l’elevato valore di Ndf che lo caratterizza.
Insilato di mais
Alcune considerazioni possono essere fatte anche sull’insilato di mais che ha delle rese produttive elevatissime e ha il vantaggio di essere composto da una fibra di discreta digeribilità e cariossidi fermentate e parzialmente macinate. Come esempio (fonte: Comazoo e Comab), l’inserimento in una razione di 25 kg di un silomais al 32% di sostanza secca e al 30% di amido mette a disposizione della bovina 8 kg di sostanza secca, di cui 3500 grammi sono di Ndf, con una digeribilità a 48 ore di circa il 45%, e 2400 grammi di amido da mais, che corrispondono quasi a 3,5 kg di granella di mais già macinata e fermentata e quindi più degradabile della corrispondente farina essiccata. In alcune zone, però, la coltivazione del mais da insilare è stata abbandonata o per scarsa disponibilità di acqua o perché troppo costosa. I cereali autunno vernini, come il triticale, il frumento e l’orzo rappresentano una valida alternativa nelle zone non irrigue o dove l’uso dell’acqua risulti troppo costoso. Questi cereali hanno rese in massa verde che possono facilmente raggiungere i 400 quintali/ettaro e fornire Ndf di medio alta digeribilità (55-60%), a patto che vengano raccolti prima della maturazione del seme, altrimenti la lignificazione progressiva della pianta porta a insilare piante con un Ndf a bassissima digeribilità.
Erba medica
Un ulteriore approfondimento, proveniente dall’esperienza Comazoo-Comab, va fatto per l’erba medica. Anche se la sua fibra non è mai molto digeribile, il suo livello proteico dà un contributo importante nella riduzione dei costi della razione. Introdurre in una razione 3 kg di sostanza secca da medica con il 18% di proteina e il 45% di Ndf significa apportare 540 grammi di una proteina di buona qualità, che corrisponde a circa 1,1 kg di soia f.e. al 49% di proteina. Pertanto, nella vacca da latte, l’abbinamento insilato di mais e medica conferisce dei buoni apporti nutrizionali alla razione, e va abbandonata solo per quando i costi diventano eccessivi. Tutte le altre colture foraggere come il loietto, il miglio perlato, il sorgo e il panico hanno un grande interesse nel completamento dei cicli colturali o nelle rotazioni ma difficilmente possono rappresentare alternative alle due culture principali del mais e della medica. Per effettuare una valutazione migliore bisogna contabilizzare esattamente il costo di produzione dei foraggi in azienda, inserirli al costo e non al valore di mercato nei piani alimentari così da simulare cosa è più conveniente fare.
Sonia Rumi
L’autrice è dell’Ufficio tecnico della Comazoo (Cooperativa miglioramento agricolo zootecnico) di Montichiari (Bs).
L’articolo completo è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 3/2016
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