
La produzione di vitelli da carne da incroci, nati da bovine da latte non destinate alla rimonta in purezza, è una tendenza emergente in Italia, come nel resto del mondo zootecnicamente evoluto. Tale pratica, chiamata Beef on dairy, si sta diffondendo per due motivi: la carenza di ristalli da carne di razza pura e la disponibilità del seme sessato nei bovini da latte, che di fatto libera bovine da destinare all’incrocio con seme di tori da carne.
Nella Frisona italiana, ci si aspetta che nel 2030 questa pratica generi una inseminazione su tre con tori da carne per produrre progenie con carcasse pregiate di elevato valore commerciale. Le rimanenti due su tre inseminazioni verranno invece effettuate con tori Frisoni, sfruttando la combinazione della genotipizzazione a basso costo e il seme sessato, per garantire la rimonta in purezza.
Attualmente in Frisona Italiana le inseminazioni con i tori di carne hanno raggiunto il 23% del totale, con un incremento medio annuo dell’1,6% e con un valore dei vitelli ottenuti da questi incroci pari al triplo dei vitelli puri di razza Frisona (2 euro/kg per i vitelli Frisoni puri e circa 6 euro/kg per i vitelli frisoni incrociati con tori da carne). Tutto ciò nonostante il progresso genetico della popolazione pura di razza Frisona sia in continuo aumento per effetto dell’uso diffuso e accorto della genomica e di schemi di selezione sempre più rapidi e con intervalli di generazioni ridotti.
Uso degli incroci in Frisona Italiana
In Italia, nel comparto latte, si è raggiunta oramai l’autosufficienza per il 90%. Mentre nel comparto carne bovina ci troviamo ben lontani dall’autosufficienza e siamo attorno al 40% dei fabbisogni nazionali.
Nella banca dati del Libro Genealogico Anafibj, nel 2023, sono stati registrati oltre 2 milioni di inseminazioni su bovine di razza Frisona Italiana. Di queste inseminazioni, circa 430mila (equivalente a circa il 20%) sono relative a interventi fecondativi realizzati con l’impiego di seme di riproduttori di razze da carne.
Nel corso degli anni, vedi figura 1, la percentuale degli incroci nella popolazione Frisona italiana è aumentato via via nel corso del tempo, passando dal 12% del 2016 al 23 % del 2023. Di questa considerevole quota di incroci nelle inseminazioni in popolazione Frisona italiana, nel 2024, il 97,6% è effettuato con le razze da Carne (incroci Beef on Dairy) e solo il 2,24% da razze da latte non Frisona (incroci Dairy on Dairy). Le inseminazioni in purezza toro Frisone su bovina Frisona sono scese dall’88% del 2016 al 78% del 2024.

Nel corso dei prossimi anni si prevede che, grazie alla diffusione del seme sessato e la sua riduzione nei costi di produzione, si possa arrivare al 50-60% del seme di tori Frisoni su bovine Frisone per garantire la rimonta in purezza. Attualmente esiste già un 21% degli allevamenti che usa dal 40% all’80% di seme da carne (figura 2).

Quali razze bovine da carne si usano sulla Frisona
Oltre l’80% delle inseminazioni BoD sono state effettuate utilizzando riproduttori di razza Blue Belga (tabella 1), particolarmente apprezzata dai commercianti per la conformazione alla nascita, oltre che garanzia di un maggiore ritorno economico dovuto ad incrementi ponderali e rese al macello competitivi. Recentemente si stanno affermando incroci con seme di tori Angus ottenendo incroci Angus x Holstein con caratteristiche di maggiore marezzatura (marbling) o, meglio, di infiltrazione adiposa nel tessuto muscolare, caratteristica qualitativa che appare sempre più richiesta anche dai consumatori italiani, storicamente alla ricerca di carne magra e con caratteristiche di elevata tenerezza (proprietà tipiche della carne della razza Piemontese).
Tabella 1 -Frequenza di utilizzo delle razze da carne in Italia, nel 2023 | |
Blue Belga | 84 |
Angus | 6,3 |
Limousine | 4,1 |
Inra95 | 5,1 |
Altre | 0,5 |
Fattori che influenzano l’uso del BoD
Come evidenziato dalla figura 3, l’impiego di tori Beef è ampiamente variabile in funzione dell’ordine di parto. Risulta evidente che aumentando il numero di parti, aumenta anche la quota di vacche fecondate con seme da carne. Queste bovine hanno tendenzialmente un valore genetico più basso rispetto alle bovine più giovani, pertanto, si tende a produrre la rimonta necessaria fecondando queste ultime con seme sessato o convenzionale da latte, mentre quelle più vecchie e geneticamente obsolete con seme di toro da carne. Negli ultimi anni le terzipare sono destinate ad oltre il 30% di seme di tori da carne, mentre le manze di razza Frisona non superano il 5%.

Figura 3 - Frequenza di utilizzo del seme da carne per ordine di parto, in Italia, periodo 2016-2023. L'utilizzo del seme da carne sta aumentando in particolare sulle vacche pluripare; sulle manze non si evidenziano incrementi significativi
L’ordine di parto non è però l’unico fattore che condiziona l’uso del seme da
carne sulle bovine di razza Frisona. Infatti, un ulteriore fattore risulta essere il numero di servizi necessari per il concepimento. In figura 4 si evidenza come all’aumentare del numero di servizi fecondativi aumenti l’impiego di tori da carne.
Tuttavia, è evidente che nel corso degli anni questo uso del seme di tori da carni, si sta via via riducendo in funzione del numero di interventi fecondativi su tutti gli ordini di parto, ed è addirittura sotto le 2,0 inseminazioni per secondipare e terzipare.

Un ulteriore aspetto è l’effetto del mese di inseminazione (figura 5). Non sembra ci sia un effetto mese vero e proprio, bensì c’è un aumento dell’uso del seme di tori da carne pari a più del doppio, ovvero da meno del 10% a più del 20% rispettivamente per il 2016 e il 2023. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da annate con prolungate e torridi periodi
estivi con conseguente allungamento degli effetti dell’heat stress (stress da caldo) anche nelle prime settimane d’autunno.

Infine, il livello gestionale aziendale sembra influenzare l’utilizzo della strategia BoD visto suddividente in tre classi sulla base del livello produttivo: basso (<30 kg/capo/d), medio (30-35 kg/capo/d) e alto (>35 kg/capo/d); dalla figura 6 si evince come gli allevamenti con il livello produttivo più alto si caratterizzino, nel corso degli anni, come gli allevamenti che utilizzano più intensamente a strategia selettiva BoD.
Il risultato di questa strategia si concretizza nella possibilità di massimizzare i ricavi sia dal latte che dalla carne, minimizzando così l’impatto ambientale sia per kg di latte che per kg di carne, utilizzando le stesse strutture, attrezzature, personale e materie prime per l’alimentazione generando un sistema virtuoso, sostenibile, sia economicamente, che socialmente ed in fine da un punto di vista ambientale.

Strategia selettiva in ascesa
Nella recente sessione congiunta di Interbull ed Icar meeting di Bled, in Slovenia (2024), Anafibj ha presentato una review sull’uso del seme da carne riportando questa situazione del BoD in Italia. La diffusione del BoD è un fenomeno che si sta diffondendo in tutti i paesi, in particolar modo in Gran Bretagna, con oltre il 50% di BoD, in Irlanda e Canada, con oltre il 30% di BoD, e in Danimarca e Francia, con oltre il 25% di BoD.
In prospettiva, la sostenibilità economica degli allevamenti da latte si raggiungerà anche dalla ottimizzazione del Beef on dairy e tale strategia selettiva risulta in forte ascesa in tutto il mondo, con le Associazioni di razza che devono garantire nuovi servizi valorizzando nuovi caratteri come la lunghezza della gestazione, la natimortalità e la difficoltà parto di questi incroci.
Una app Anafibj
Anafibj ha sviluppato uno strumento di supporto decisionale per gli allevatori nell’utilizzo del BoD e selezione in purezza. Nei piani di accoppiamenti va tenuta in considerazione la razza del toro e riteniamo anche l’effetto del singolo toro entro razza, poiché impatta su facilità di parto, lunghezza gestazione e natimortalità, nonché su altre caratteristiche produttive e qualitative per la produzione di carne.

L’ Easy-Calf App sarà uno strumento ottimale e utile per tutti gli allevatori che desiderano ottimizzare il proprio profitto in allevamento impiegando sia la selezione per il latte che per la carne.
L'autore, docente all'Università di Padova, è direttore di Anafibj e di Fedana