Nell’ultimo decennio la zootecnia italiana è cambiata come poche volte in passato. Stalle da 200 capi, che fino a vent’anni fa erano considerate di dimensione medio-grande, sono ormai piccole e chi le gestisce, se non è un ultracinquantenne che guarda da vicino l’ora del pensionamento, ha davanti due scelte: ingrandirsi o rischiare, tra non molti anni, di scomparire.
Raddoppiati in quattro anni
I fratelli Dieci di Gragnano Trebbiense, centro agricolo al confine tra Piacenza e Pavia, hanno scelto la prima opzione. Nel 2020, la loro stalla contava poco più di 250 capi in lattazione; oggi sono 500, con un percorso di ampliamento tutt’ora in itinere.
“Iniziò tutto cinque anni fa, quando completammo le due nuove stalle che ci hanno permesso di ampliare la mandria. A quei tempi avevamo circa 250, massimo 270 capi in mungitura. Una volta ottenuti i nuovi spazi, in pochi anni siamo arrivati a 500”. Chi parla è Angiolino Dieci, che con Gabriele gestisce l’azienda di famiglia.
“Questa cascina e i terreni circostanti furono acquistati da mio padre, che li ha lasciati in gestione a noi. La nostra, in realtà, è una famiglia di casari, ma diversi decenni fa decidemmo di passare all’allevamento e rilevammo quella che divenne la Società agricola Dieci.
Nel 2020, una volta presa la decisione di ingrandirsi, i Dieci pensarono in primo luogo, e come ovvio, alle strutture. Fecero dunque costruire due nuovi capannoni per le vacche in lattazione, riorganizzando gli spazi e raccogliendo vitelle e manze nelle vecchie stalle. Assieme alle stalle, rinnovarono anche la sala di mungitura, una 16+16 a pettine, e installarono due impianti fotovoltaici e un digestore da 250 kW. Un terzo impianto fotovoltaico è stato infine attivato poco più di un mese fa.
Latte e agroenergie assieme, dunque, per diversificare le fonti di reddito e far rendere anche i sottoprodotti dell’allevamento. “L’obiettivo - conferma Angiolino Dieci - è alimentare interamente il biogas con i reflui aziendali. Ci siamo vicini: ormai la quota di biomasse coltivate che inseriamo nella ricetta è minima e si azzererà completamente quando arriveremo a 600 capi in lattazione, che sarebbe l’obiettivo finale di questo piano pluriennale di crescita”.
L’ultimo step
L’ultimo passaggio del progetto iniziale passa, ancora una volta, dagli immobili. “Dobbiamo riorganizzare l’allevamento di vitelle e manze, razionalizzando gli spazi. Nel frattempo, continueremo ad accrescere il numero di vacche in lattazione. Arrivati a seicento, ci fermeremo, almeno per un po’”.
Va sottolineato che il raddoppio delle vacche è stato ottenuto quasi interamente grazie alla rimonta interna. “Acquistammo una ventina di manze gravide quattro anni fa; a parte quello, siamo andati avanti con i nostri animali. Abbiamo usato, e continuiamo a usare, seme sessato per tutte le manze e per il miglior 30% delle primipare, mentre i restanti capi sono fecondati con razze da carne, come Blu Belga e simili”.
Il prossimo passo, spiega l’allevatore emiliano, sarà la genotipizzazione, ossia la selezione delle vacche riproduttrici in base a test genomici; un cambio di strategia che potrebbe iniziare quando la mandria sarà completa. “Vedo che molti allevatori stanno riflettendo su questa scelta. Lo stesso vale per noi. Penso sia inutile avere tante manze nuove quando la stalla è numericamente a posto. Meglio far nascere i capi necessari per la sostituzione, migliorando al tempo stesso il corredo genetico della stalla”.
Genetica e ambiente aumentano la resa
La genetica, ovviamente migliorata nel corso di questi anni, ha avuto un ruolo non secondario nell’incremento di produzione, che Dieci dichiara essere stato costante da quando le vacche sono entrate nelle nuove stalle.
“Sicuramente c’è una componente genetica. Tuttavia anche le strutture, moderne e razionali, hanno avuto un ruolo. Nella nuova stalla gli animali sono più tranquilli, lo vediamo molto bene, ed essendo tranquilli e riposati producono di più”. Nella progettazione, del resto, si è prestata molta attenzione al benessere: con spazzole, un ampio numero di ventilatori ma soprattutto tanto spazio a disposizione.
“Abbiamo cuccette pari al numero dei capi e spazio in eccedenza in mangiatoia. In questo modo, cerchiamo di scongiurare qualsiasi competizione, facendo sì che le vacche siano il più possibile tranquille. Per esempio, abbiamo creato, a fianco della sala mungitura, un box per le visite e le inseminazioni, in modo da isolare i capi che necessitano di cure senza infastidire gli altri. In pratica, tra una mungitura e l’altra le vacche non vedono mai un essere umano, se non il conducente del carro miscelatore. Anche l’avvicinamento del foraggio, per esempio, è fatto da un robot”.
Il ruolo del carro unifeed
Nuove stalle, nuova sala… e nuovo carro miscelatore. Il 2020/21 è stato un biennio di investimenti per la famiglia Dieci. Nel piano di rinnovamento delle strutture e della mandria, è entrato anche il cambio del carro miscelatore.

La scelta è caduta su un Leader PF2.28 Plus, semovente verticale a doppia coclea della Faresin, con vasca da 28 metri cubi. “Lo abbiamo scelto per alcuni motivi ben precisi. Il primo è l’affidabilità, nel senso che ce ne avevano parlato molto bene. E, finora, a ragione: in 7.300 ore di lavoro non si è mai fermato. Il secondo è la manovrabilità. Abbiamo, in azienda, alcuni passaggi stretti ed eravamo preoccupati di riuscire a muoverci al loro interno con un semovente così grande. Per cui, abbiamo limitato la scelta ai modelli con quattro ruote sterzanti e di queste dimensioni con doppio assale sterzante non ce ne sono molti. Il Leader Faresin è uno di questi e dunque… eccolo qui”.
Arrivato nel luglio di quattro anni fa, il PF 2.28 non ha mai conosciuto un giorno di pausa, macinando e miscelando insilati, fieni essiccati e in rotoballe, pastone, sfarinati vari. “Lo usiamo per fare tutto. Contrariamente a quanto fanno altri allevatori, per esempio, non carichiamo le rotoballe direttamente nel carro, ma preferiamo raccoglierle con la fresa. Lo facciamo, soprattutto, per non impegnare un secondo uomo e un secondo mezzo, che potrebbe essere il caricatore telescopico, per esempio. In questo modo, l’operatore del carro fa tutto da solo. Molto probabilmente ci mette un po’ più di tempo, ma lavora tranquillo e senza fretta”.
Un rimpianto: il mulino
Solitamente, un carro impiegato in questo modo, ossia per il caricamento totale degli ingredienti, è dotato, oltre che dell’immancabile fresa, di mulino. “Purtroppo, il nostro non ce l’ha. Lo dico con rammarico, perché fu una nostra scelta. Abbiamo infatti alcuni terreni in collina, dove produciamo frumento da granella e fieno per la stalla. Abbiamo avuto paura che, vista l’area di coltivazione, le rotoballe contenessero troppi sassi, che avrebbero potuto danneggiare il mulino, per cui abbiamo rinunciato. Ho però sentito alcuni colleghi - prosegue Dieci - che pur avendo terreni collinari usano il mulino senza problemi, per cui oggi ci siamo parzialmente ricreduti. È quindi probabile che il prossimo carro sarà con mulino, perché è un accessorio che torna molto utile nella gestione dei fieni essiccati, soprattutto se tendenti al legnoso come quelli dello scorso anno. I foraggi del 2024 furono infatti raccolti con grande ritardo a causa delle piogge persistenti, per cui molti sono in eccesso di maturazione. In questi casi, ovviamente, un mulino avrebbe accelerato il processo di taglio e miscelazione”.
A proposito di miscelazione, le due coclee verticali del Leader PF, secondo l’allevatore, fanno un buon lavoro. “Mi sembra che andiamo bene. Qualche tempo fa sono venuti i tecnici di Faresin per un controllo. Hanno prelevato dei campioni e hanno stabilito che la miscelata ha una buona omogeneità. Lo vediamo anche dalle vacche, che stanno bene, mangiano tutto e producono parecchio”. Per la resa alla mungitura, naturalmente, l’omogeneità della razione è fondamentale, al pari di una miscelazione che renda impossibile - o quantomeno molto, molto difficile - la selezione degli alimenti. “In generale non vediamo problemi nell’alimentazione degli animali. Carro, mangiatoie ampie e anche il robot spingiforaggio, messi assieme, fanno un ottimo lavoro e gli animali sono alimentati bene e costantemente”.
L’elettronica che semplifica il lavoro
Al di là della robustezza, affidabilità e qualità della miscelazione, la prima caratteristica citata da Angiolino Dieci quando ci ha mostrato il carro Faresin è stata l’elettronica. A dimostrazione che, quando è semplice e funzionale, la digitalizzazione agli allevatori piace, e parecchio.
“Il computer è un grosso aiuto. Ci permette di vedere tutti i carichi e gli scarichi, ma soprattutto di fare rapidi cambiamenti alla ricetta. Riceviamo l’alimentarista quasi ogni settimana. Se c’è qualcosa che non va, basta impostare le correzioni sul computer dell’ufficio; il mattino seguente l’operatore trasferisce i dati sul carro e il gioco è fatto”.
Torniamo infine alle ragioni principali che hanno portato alla scelta di un Leader PF 2. Tra cui, ricordiamo, figurava la necessità di avere un mezzo maneggevole. Obiettivo centrato, ci dice il proprietario. Le quattro ruote sterzanti rendono il PF 2 capace di superare i passaggi più stretti dell’azienda. “Sebbene sia parecchio grande, passa dappertutto. Per cui, anche sotto quel profilo, si dimostra una buona scelta”.
La soluzione per aziende di ogni dimensione
Leader PF 2 Plus è una gamma di carri miscelatori a doppia coclea verticale, con cubatura alquanto variabile. Varia infatti da 18 a ben 33 metri cubi, che rendono questo semovente adatto anche per le grandi stalle. La dotazione di serie prevede un motore Fpt Nef da 6,7 litri: un 6 cilindri dalle eccellenti prestazioni, sia in termini di potenza espressa, sia di consumi. Per il PF 2.28, acquistato dall’azienda piacentina, sviluppa 191 kW, pari a 260 cavalli. Servono, oltre che a spingere il carro fino ai 25 km orari che rappresentano la velocità massima, ad azionare le due grandi coclee miscelatrici e la fresa, che con 2,04 metri di larghezza e 60 cm di diametro è in grado di raccogliere rapidamente insilati di varia natura, ma anche fieni essiccati. A Gragnano Trebbiense, è impiegata per il carico di tutti gli ingredienti (insilati vari, rotoballe di fieno, pastone).

La rotazione fino a 350 giri al minuto abbrevia i tempi di carico, ma la possibilità di ridurre la velocità fino a 200 rpm consente anche il rispetto delle fibre, quando non sia necessaria un’azione particolarmente incisiva. La miscelazione è delegata a due coclee con velocità di rotazione da 5 a 50 giri al minuto e controcoltelli idraulici. Abbinate alla geometria della vasca in acciaio ad alta resistenza, agevolano il flusso del prodotto, velocizzano la movimentazione dal basso verso l’alto e l’interscambio tra una coclea e l’altra, a beneficio della sofficità della miscelata.
Secondo il costruttore, Leader PF rappresenta il massimo della qualità disponibile nel mercato per il settore dell’allevamento perché consente di ottenere un miglioramento del benessere animale, un aumento delle produzioni e, allo stesso tempo, una riduzione dei costi di alimentazione della mandria.
Non soltanto stalla
L’azienda della famiglia Dieci è composta da una stalla con (attualmente) 500 capi in lattazione, ma anche da un’importante superficie coltivata. “I terreni in conduzione, dunque non soltanto i nostri, ammontano a circa 350 ettari, praticamente tutti a servizio della stalla. Vi coltiviamo infatti - spiega Angiolino Dieci, uno dei proprietari - diversi tipi di foraggio: sorgo, miscugli autunno-vernini, prati e naturalmente mais”. Essendo in provincia di Piacenza, l’allevamento non è vincolato al disciplinare del Parmigiano Reggiano, che vieta gli insilati nella razione alimentare.
Negli anni, conclude l’allevatore, sono stati fatti diversi esperimenti: grano foraggero, triticale, orzo. “Attualmente ci troviamo bene con i miscugli, per cui stiamo lavorando principalmente con essi, oltre che con il fieno essiccato”. Quest’ultimo, prodotto su terreni collinari in uso all’azienda, dove si coltiva anche frumento da granella.