Mammi: Emilia-Romagna, dal Psr 120 milioni alla zootecnia

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Alessio Mammi è l’assessore all’Agricoltura, Agroalimentare, Caccia e Pesca della Regione Emilia Romagna.
In particolare un solido impegno finanziario è destinato alle aree interne e di montagna

Il prossimo Psr, in questi giorni approvato dalla Commissione Europea, garantirà per la nostra Regione oltre 408 milioni di euro, per il biennio 2021-2022. Si tratta di risorse importanti, che se ben gestite permetteranno di accompagnare la transizione del settore agricolo verso gli obiettivi che ci siamo dati di una maggiore sostenibilità, attenzione all’ambiente e alla qualità dei prodotti e, nel caso della zootecnia, sensibilità al benessere animale.

Una parte rilevante di queste risorse, circa 120 milioni di euro, interesseranno il settore zootecnico, che a livello regionale racchiude circa la metà della Plv (produzione lorda vendibile) e rappresenta un valore economico e sociale essenziale e importante per lo sviluppo del territorio e di contrasto allo spopolamento della montagna, poiché legato storicamente a prodotti di alta qualità e a denominazione di origine, molti dei quali riconosciuti anche a livello internazionale.

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Nel caso specifico delle aree interne poi (tre appartenenti all’appennino e una alla zona della bassa ferrarese), consapevoli dell’importante ruolo che rivestono per la tenuta sociale e demografica delle stesse, abbiamo individuato, sul totale dei 408 milioni di euro disponibili 50,4 milioni destinati a progetti che rilancino le produzioni locali e favoriscano la commercializzazione di quanto nelle stesse aree viene prodotto.

A queste risorse si aggiungono quelle previste per i bandi sulle filiere, penso ad esempio a quella del settore lattiero caseario, che per buona parte vedono interessate le zone dell’Appennino reggiano e parmense in cui viene prodotto il Parmigiano Reggiano.

Inoltre, nei prossimi bandi la cui uscita è prevista in autunno sarà previsto un punteggio aggiuntivo alle imprese di montagna, consapevoli delle maggiori criticità che esse incontrano nel fare impresa. Un’attenzione in continuità con quanto previsto anche nel precedente Piano di Sviluppo Rurale 2014- 2020, dove attraverso 28 linee di finanziamento differenti al territorio appenninico sono arrivate direttamente o indirettamente risorse per un valore complessivo di 413 milioni di euro.

Sbagliato considerare l’Appennino un problema

Un impegno importante che ci siamo presi, consapevoli che, se anche la Regione non può sostituirsi alle aziende, sia tuttavia necessario operare a trecentosessanta gradi affinché siano rimossi quegli ostacoli allo sviluppo locale che portano allo spopolamento, garantendo opportunità non solo occupazionali, ma anche di piacevolezza della vita, di mantenimento delle relazioni sociali, di presidio universale dei servizi sanitari ed educativi.

Penso che si debba abbandonare l’idea che l’Appennino sia un problema, perché ciò ci porta inevitabilmente ad un approccio maggiormente assistenziale e in misura minore di rilancio. Al contrario dobbiamo essere capaci di accompagnare e dare risalto a quelle specificità, tipiche di un territorio rurale, che sono proprie della montagna, e che trovano nell’agricoltura uno dei suoi punti di forza e di eccellenza.

Questo lo vediamo con chiarezza se osserviamo le comunità che vi abitano dove sono presenti molteplici attori sociali che, nonostante i limiti e le criticità richiamate, con lodevole intraprendenza investono e scommettono sul rilancio del territorio, partendo proprio da quelle filiere produttive che afferiscono al comparto agricolo.

E qua veniamo al nocciolo della questione, che interessa il mio assessorato, perché credo che proprio nel caso specifico della zootecnia in Appennino si giochi da tempo una partita importante, anzi direi fondamentale, visto che ciò che garantisce e ha garantito l’occupabilità nelle zone montane sono state le produzioni agricole, in particolare la filiera lattiero casearia, attorno a cui ruota un indotto virtuoso di cui siamo sempre più consapevoli.

Serve un’Ocm zootecnica

I dati relativi alle produzioni e alla commercializzazione di questo periodo post-pandemico sono buoni, in particolare quelli del Parmigiano Reggiano, dove osserviamo una ripresa dei consumi accompagnata ad una maggior attenzione dei consumatori alla qualità, tuttavia se vogliamo giocare d’anticipo riducendo anche quelle distorsioni che il mercato lasciato a sé produce, credo si debba agire politicamente in vista della nuova programmazione comunitaria 2021-2027 prevedendo che venga istituita una Organizzazione Comune di Mercato zootecnica, in analogia con quanto avviene in altri settori.

Anche altre Regioni lo stanno chiedendo, e penso sia un bene che su questi temi si possa fare squadra, perché gli strumenti insiti in una Ocm sono indispensabili per migliorare le relazioni tra gli anelli della filiera e favorire l’evoluzione del nostro sistema zootecnico per garantire il giusto reddito a tutte le fasi coinvolte, da chi produce la materia prima a chi ne usufruisce per l’alimentazione degli animali, fino a coloro che commercializzano il prodotto.

Solo in questo modo sarà consentito anche a chi lavora nelle zone dell’Appennino di continuare a farlo mantenendo la qualità e i vantaggi economici necessari per continuare ad investire e creare occupazione.

Mammi: Emilia-Romagna, dal Psr 120 milioni alla zootecnia - Ultima modifica: 2021-10-13T11:35:45+02:00 da Lucia Berti

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