Le mosche trovano idoneo ambiente di sviluppo negli allevamenti zootecnici e, oltre a creare disagio all’interno dello stesso allevamento, disturbano gli animali allevati e gli operatori e possono causare molestia negli ambienti urbani limitrofi. La produttività degli animali allevati, infastiditi dalle mosche, cala in termini di incremento peso o di produzione di latte, e vi è il rischio di compromettere la qualità del latte prodotto a causa delle contaminazioni batteriche.
Questo problema si aggrava in presenza di Stomoxys calcitrans a causa dell’attività ematofaga e delle conseguenti dolorose punture che infligge a uomini ed animali.
Gli adulti, alla ricerca di cibo, si posano ovunque, rigurgitano saliva e defecano, veicolando numerosi patogeni. Sono un centinaio, fra virus, batteri, protozoi, elminti e funghi, i patogeni trasmissibili in questo modo dalle mosche.
Va però precisato che sebbene siano stati isolati numerosi microrganismi patogeni sulle mosche e che sia stata dimostrata la loro capacità vettoriale, la presenza di mosche pur essendo indice di cattive condizioni igieniche dell’ambiente non è necessariamente da collegare a imminenti epidemie. La loro responsabilità come vettori acquista qualche significato solo in circostanze particolari quali periferie e nuclei urbanizzati degradati e in villaggi e comunità di paesi in via di sviluppo.
Le norme
Gli atti normativi che obbligano gli allevatori a condurre un efficace controllo delle mosche presso gli allevamenti zootecnici sono sempre più frequenti.
Si tratta di normative generiche (ad esempio Regolamenti di igiene e sanità pubblica) o specifiche (ordinanze indirizzate al singolo allevatore) alcune delle quali fanno riferimento a leggi e decreti emanati negli anni 1928 (Legge n. 858 del 29 marzo 1928) e 1934 (T.U.LL.SS. 27.07.1934 n. 1265), a testimoniare l’importanza attribuita a questa tematica da molto tempo.
I controlli e le ispezioni sono spesso conseguenti a segnalazioni di disagio da parte di cittadini e possono coinvolgere diversi enti (Ausl, Arpa, Comuni, Provincia, Corpo forestale dello stato) che verificano, oltre alle situazioni di specifica competenza, la corretta gestione del controllo delle mosche.
La lotta integrata
Nel controllo delle infestazioni un approccio efficace si basa su un sistema di lotta integrata mirato innanzitutto a limitare le condizioni idonee di crescita degli insetti (prevenzione) e sull’impiego di metodi di lotta veri e propri, fisici, biologi e chimici; si tratta del cosiddetto Ipm (Integrated Pest Management).
La lotta integrata riduce l’uso di prodotti chimici e pertanto limita anche l’insorgere di fenomeni di resistenza agli insetticidi che nelle popolazioni di mosca sono facilitati dall’elevata prolificità di questi insetti e dell’elevato numero di generazioni annuali (anche una ogni 10 giorni nella stagione favorevole).
In Italia, oltre alla nota resistenza da parte di M. domestica al Ddt segnalata da Saccà nel 1947, sono stati accertati fenomeni di resistenza sia a prodotti adulticidi che larvicidi.
Un impiego oculato di insetticidi favorisce anche l’azione dei nemici naturali (predatori e parassitoidi) e riduce l’esposizione di operatori e animali a sostanze tossiche.
L’igiene
La gestione delle mosche inizia dalla accurata pulizia di tutti gli spazi aziendali. L’accidentale accumulo di sostanza organica in angoli più o meno nascosti, piccoli accumuli di deiezioni o mangime umido possono rappresentare siti di proliferazione muscidica difficilmente gestibili.
L’azione diretta sulla lettiera deve essere mirata a mantenere il contenuto di umidità al di fuori dei valori necessari alla sopravvivenza di questo stadio (40-80%).
L’obiettivo più ovvio è quello di cercare di mantenere asciutto il più possibile il letame attraverso diverse azioni: corretta manutenzione degli abbeveratoi, aereazione dei locali, aggiunta di materia cellulosica. La concimaia deve essere strutturata in modo da favorire la separazione del percolato e stimolare una fermentazione aerobica che tende ad aumentare la temperatura e l’evaporazione.
Le trappole
Per la cattura degli adulti sono disponibili sul mercato numerose trappole attrattive. Possono essere utilizzati ad esempio particolari supporti di materiale, forma e dimensione variabili cosparsi di sostanze collanti ed in alcuni casi con particolari disegni atti ad attirare le mosche. Questi devono essere utilizzati all’interno degli allevamenti per impedire che organismi non bersaglio possano essere intrappolati e perché devono essere protetti dagli agenti atmosferici che potrebbero comprometterne l’efficacia. L’efficacia può essere inficiata anche in caso di posizionamento in un ambiente eccessivamente polveroso.
Le trappole vere e proprie possono essere utilizzate in ambiente interno ed esterno a seconda della tipologia. Nei locali in genere si sfrutta il fototropismo positivo, vale a dire l’azione attrattiva esercitata dalla luce nei confronti delle mosche (raggi UV-A). A seconda della tipologia la morte delle mosche può avvenire in diversi modi (griglia elettrica, superficie collante, o trattenute da una ventola). L’efficacia delle trappole luminose è migliore negli ambienti bui e poco illuminati.
All’esterno si impiegano trappole attrattive attivate con esche di natura proteica, sospese in acqua all’interno di un contenitore in plastica.
Nell’impiego di questi strumenti di lotta è fondamentale il corretto posizionamento in quanto correnti d’aria, illuminazione, ombreggiamento, ecc. possono influire sulla capacità attrattiva della trappola.
La lotta chimica
La lotta chimica comprende l’uso di larvicidi e di adulticidi. I principi attivi larvicidi più comuni sono Ciromazina, Diflubenzuron, Piryproxyfen, Triflumuron. Si tratta di regolatori di crescita (in inglese Igr, Insect Growth Regulator), sostanze che impediscono lo sviluppo delle larve e la loro trasformazione in adulto in quanto interferiscono sul complicato equilibrio ormonale degli insetti.
Al fine di limitare la quantità di insetticida impiegato e di assicurarsi l’efficacia del trattamento è fondamentale individuare con esattezza i luoghi di sviluppo delle larve (ad esempio vicino agli abbeveratoi, in quanto la lettiera è generalmente più umida, o lungo i bordi dei box in quanto vi è meno calpestio). Sono da evitare trattamenti ripetuti su tutta la lettiera per il rischi resistenza.
Contro gli adulti sono utilizzabili le esche insetticide o i trattamenti con prodotti liquidi distribuiti con appositi dispositivi. Le esche insetticide possono contenere diversi principi, spesso si tratta di neonicotinoidi ma ne esistono anche di origine naturale. In ogni caso le esche non devono essere mai sparse nell’ambiente (pavimenti, muretti, ecc.) ma poste in appositi contenitori per evitare il contatto con animali non bersaglio.
I prodotti adulticidi sostanzialmente sono a pronto effetto o ad azione residuale. I principi attivi impiegabili possono essere di diversa natura; per limitare i fenomeni di resistenza si raccomanda un impiego corretto in termini di dosaggi e tempistica di intervento nonché un uso limitato ai casi effettivamente necessari; fondamentale è anche variare nel tempo la classe di appartenenza dei prodotti impiegati (piretroidi, carbammati, fosforganici, neonicotinoidi).
In merito ai neonicotinoidi va ricordato il loro impatto altamente negativo nei confronti delle api, oggetto di discussione anche in ambito europeo.
Il loro impiego negli allevamenti limita la possibilità di contatto delle api con questo prodotto ma va tenuto conto di questa problematica e quindi l’uso di questi prodotti deve essere, più che mai, corretto e limitato allo stretto necessario.
Un sistema per ridurre l’impiego di prodotti residuali è la distribuzione (anche con pennello) della miscela su appositi pannelli di materiale non assorbente da posizionare nei siti ove il volo delle mosche è più frequente. Questo sistema limita anche il rischio di effettuare un trattamento inefficace a causa del substrato che se sporco, polveroso o poroso determina un rapido decremento del periodo di persistenza del prodotto.
La lotta biologica
Sono anche state proposte tecniche di lotta biologica mediante l’introduzione di Ophyra aenescens della cui azione predatoria nei confronti di M. domestica si è accennato precedentemente, e di parassitoidi dei pupari in particolare Spalangia, Muscidifurax e Nasonia.
Si tratta di insetti presenti naturalmente negli allevamenti in merito ai quali l’azione più importante da fare è la loro salvaguardia, evitando il trattamento diretto del letame con prodotti non selettivi.
Per concludere, il controllo delle mosche negli allevamenti zootecnici necessita dell’impiego di strategie multiple che possano interagire ed avere effetto sinergico. Singolarmente nessuna azione descritta può ottenere efficacia duratura.
La corretta gestione delle deiezioni, la pulizia e la ricerca dei siti di proliferazione delle larve sui quali intervenire in maniera adeguata sono le azioni che dovrebbero entrare a far parte del costante operato gestionale.
di Roberta Colonna e Rodolfo Veronesi
Gli autori sono del Centro Agricoltura Ambiente “G. Nicoli”, Crevalcore (Bo).
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