Il comunicato diffuso il 18 maggio scorso dal Mipaaf era su carta intestata: «I rappresentanti del ministro hanno informato le organizzazioni sindacali che sono state reperite le risorse per cofinanziare le attività delle associazioni allevatori.
L’importo complessivo ammonta ad oltre 25 milioni di euro. Il decreto con le risorse necessarie per la prima emergenza a favore delle associazioni sarà presentato alla fine della prossima settimana ». Cioè, a occhio, entro venerdì 27 maggio.
Bene, al 16 giugno, data in cui a Salvirola (Cr) si è riunita l’assemblea generale ordinaria dell’Aral (l’associazione regionale allevatori della Lombardia), di questo decreto ancora non si sapeva nulla. Al 28 giugno, data in cui questa edizione dell’informatore Zootecnico va in tipografia, neppure. «Il decreto ci sarà in luglio», ha informato a Salvirola Nino Andena, presidente Aia.
La questione del rifinanziamento delle Apa, che si era bloccata già nell’estate del 2010, pare dunque destinata a sbloccarsi dopo un buon annetto, anche se i milioni necessari sarebbero stati una sessantina. Ritardi che hanno dato il la, sempre durante l’assemblea, allo sfogo polemico dello stesso Andena: «Con l’indotto che ha, parlare di un sostegno pubblico di qualche milione di euro alla zootecnia italiana significa parlare di una spesa molto bassa. E poi bisogna erogarlo in tempi stretti, altrimenti nel frattempo noi allevatori chiudiamo. Oggi abbiamo bisogno di scelte precise e tempi precisi, non solo per la zootecnia ma per lo stesso Paese, se è vero che la produzione di cibo è strategica ». Non preoccupano solo i ritardi: su questi 25 milioni, ha spiegato a Salvirola l’assessore lombardo Giulio De Capitani, «avranno una specie di diritto di prelazione le Regioni a statuto speciale».
L’Aral, ha aggiunto il presidente dell’associazione Germano Pè, «ha dimostrato di poter dare risposte serie ai problemi dei produttori. Ma è necessario disporre di certezze sulle prospettive del “sistema allevatori”. Di sicurezze sui finanziamenti però ancora non ce ne sono, e anche se la Regione Lombardia sta facendo la sua parte, il problema continua a rimanere a livello centrale».
MENO STALLE, PIÙ LATTE
All’assemblea l’Aral ha presentato anche i dati che vediamo in tabella: in Lombardia dal 2002 al 2010 abbiamo avuto oltre mille allevamenti di bovine da latte in meno (-13,8%), ma oltre 3milioni di quintali di latte in più (+8,2%).
Ma se in questa regione la tendenza produttiva è ben chiara («spostamento della produzione verso le stalle più grandi», come riassume il direttore dell’Aral Massimo Battaglia), le prospettive di mercato appaiono contraddittorie. Ci sono spiragli, dice Pè, sul fronte della redditività: «La situazione non è più come nel 2009. Trascinato dal successso di mercato dei formaggi dop, il prezzo del latte sta raggiungendo livelli più soddisfacenti. Ma i costi di produzione restano troppo alti, in particolare sta raggiungendo un’incidenza preoccupante il costo della burocrazia: ancora oggi le aziende devono tenere una quarantina di registri, gli allevatori sono sotto la spada di damocle di mille pesanti penalità sulla 626, il veterinario aziendale sembra soltanto un passacarte (il servizio non dovrebbe essere obbligatorio ma facoltativo)».
La soddisfazione sul prezzo del latte viene smorzata anche dal presidente di Apa Cremona Riccardo Crotti: «Non tutti gli allevatori lombardi producono latte per le dop. Sul fronte ricavi la situazione è più preoccupante: oggi non c’è richiesta di latte spot (è molto se si ottengono 35 centesimi di euro al litro), e la grande distribuzione sta facendo pesanti promozioni del latte alimentare. Non vorrei quindi che, parlando di prezzi, fossimo di fronte ad allevatori di serie A, quelli che fanno latte per grana e parmigiano, e allevatori di serie B, quelli che producono latte alimentare».
Conferma Andena: «Il prezzo del latte va meglio per chi produce per i formaggi dop, ma per chi produce per i formaggi molli l’elettroencefalogramma è piatto».