Manifestazione della Coldiretti a Udine. Sono stati migliaia gli allevatori che con trattori e vacche sono scesi in piazza a un anno dalla fine delle quote latte per denunciare una crisi senza precedenti, che sta provocando la strage delle stalle italiane. Nella foto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo durante la mobilitazione.
“Avete preso i nostri marchi, non vi daremo le nostre mucche”, “Chi acquista ha il diritto di sapere se quello che compra è veramente fatto in Italia”, “Più trasparenza con l’etichettatura di origine obbligatoria” e “Stop a speculazioni: giusto prezzo per produttori e consumatori”, sono alcune delle richieste che si leggono sui cartelli e sugli striscioni. Di fronte al Teatro Nuovo Giovanni da Udine è stata portata la pronipote della mucca “Onestina”, simbolo della battaglia per il Made in Italy degli allevatori che chiedono di continuare a mungere con un prezzo giusto e onesto.
E’ stata montata una caldaia per la preparazione del formaggio ed è stata messa in mostra anche una selezione dei migliori formaggi della montagna italiana ritenuti a rischio di estinzione per colpa delle cagliate e delle polveri di latte straniere, come quelle che sono state scoperte alla frontiera del Tarvisio e che sono state esposte al pubblico ludibrio.
Per la mobilitazione nazionale è stata scelta Udine proprio perché il Friuli è considerato la porta di ingresso in Italia di centinaia di milioni di chili di latte stranieri, anche come trasformati e semilavorati industriali, che vengono spacciati con l’inganno come Made in Italy. Il risultato è che nella regione il prezzo per il latte pagato agli allevatori è il più basso d’Italia.
La polvere di latte e le cagliate straniere che hanno attraversato la frontiera per giungere in Italia ed essere trasformate in formaggi e mozzarelle “made in Italy” sono state gettate in terra dagli allevatori che denunciano la concorrenza sleale e il grave danno provocato all’immagine e alla qualità del prodotto realizzato con il latte italiano.
“Una mozzarella su quattro in vendita in Italia – informa la Coldiretti – non è ottenuta direttamente dal latte, ma da semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta. Ciò provoca una distorsione del mercato, una depressione dei prezzi pagati ai allevatori italiani e causa la chiusura degli allevamenti. Di fronte a questa escalation di truffe e inganni per salvare il Made in Italy non c’è più tempo da perdere e occorre rendere subito obbligatoria l’indicazione di origine del latte in tutti i prodotti lattiero caseari per garantire la trasparenza dell’informazione e la salute dei consumatori”.
Il prezzo del latte in Friuli: solo 0,30 euro/litro
Dalla fine delle quote latte lo scorso anno hanno chiuso in Italia almeno 1.500 stalle da latte, la maggioranza in montagna, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame, su valori di ben quindici anni fa. E’ quanto emerge dal dossier Coldiretti “Quote latte: un anno dopo” presentato alla mobilitazione di Udine.
Il prezzo del latte alla stalla – sottolinea la Coldiretti – sta letteralmente crollando da 0,44 euro al litro nel marzo 2014 a 0,37 nel marzo 2015 ed è ora mediamente di 0,33, con punte fino a 0,30 euro in Friuli Venezia Giulia, dove si registrano le quotazioni più basse d’Italia proprio per la pressione delle importazioni di bassa qualità. “Si tratta di valori che – denuncia la Coldiretti – non consentono neanche di garantire l’alimentazione degli animali e che spingono le aziende alla chiusura mettendo a rischio il lavoro, gli animali, le stalle, i prati ed i pascoli custoditi da generazioni”.
La vita o la morte di molte stalle sopravvissute fino ad ora in Italia dipende, sostiene la Coldiretti, da almeno 5 centesimi per litro di latte che si ricavano dalla differenza tra i costi medi di produzione pari a 38-41 centesimi e i compensi attualmente riconosciuti. Per effetto di questi pochi centesimi le stalle presenti in Italia dopo la fine delle quote latte sono scese al minimo storico di meno di 33mila unità, rispetto alle 180mila attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con il rischio concreto che di questo passo nel giro di qualche anno la nostra montagna verrà spopolata dalla indispensabile presenza degli allevamenti, che hanno garantito fino ad ora biodiversità, ambiente e equilibrio socio economico delle aree più sensibili del Paese.
“Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, ha affermato Roberto Moncalvo.