Il Mipaaf rende noto che il ministro Maurizio Martina ha avuto un confronto telefonico con il ministro dell’Agricoltura tedesco Christian Schmidt (nella foto) in vista del Consiglio dei ministri Ue di fine giugno. Al centro della discussione c’è stata la necessità di un intervento europeo unitario per finanziare con risorse comunitarie un piano di riduzione volontaria della produzione di latte.
Questo intervento consisterebbe in una misura valida per tutti gli Stati membri che puntasse ad "aiutare gli allevatori a contenere la produzione, migliorando la competitività complessiva e cercando di frenare il calo dei prezzi a livello continentale". Su questo aspetto, comunica il Mipaaf, "Germania e Italia hanno una posizione assolutamente unitaria e per questo si chiederà alla Commissione un budget dedicato con stringenti condizioni per l’utilizzo".
I ministri hanno anche discusso sulla necessità di affrontare la crisi negli altri settori, in particolare l’ortofrutta e il suinicolo. Per il suinicolo da parte di Martina è stata avanzata la proposta della riattivazione dello stoccaggio privato per le carni suine e il potenziale inserimento del settore tra quelli finanziati con gli aiuti accoppiati Pac.
Conclude il ministero: "Germania e Italia, insieme alla Francia e ad altri Paesi, continueranno a lavorare anche nelle prossime ore per una posizione comune con richieste concrete a favore degli allevatori da presentare alla Commissione europea".
Assolatte sulla stessa lunghezza d’onda
In linea con questo orientamento Assolatte, l’associazione delle imprese di trasformazione. Anche se l’Italia produce solo fino al 65% del fabbisogno e il contingentamento della produzione non è un problema italiano, questa è la via da seguire secondo Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte. “Bruxelles potrebbe venire incontro a chi si vuole fermare e i produttori di latte potrebbero beneficiare di questa possibilità”.
Il costo della materia prima italiana è troppo alto, come sottolinea il presidente di Assolatte nella sua relazione per l’assemblea associativa annuale del 15 giugno scorso. “In tutto il mondo il prezzo del latte diminuisce drasticamente? Veniamo immediatamente chiamati affinché l’industria si comporti in modo responsabile”. Su questo punto Ambrosi è molto chiaro anche quando scrive, riferendosi alla battaglia piuttosto infuocata scoppiata nei mesi scorsi tra produttor i di latte e trasformatori: “sotto ricatto (non trovo altri termini per definire boicottaggi e assedi davanti ai cancelli) – accettiamo prezzi fuori mercato”.
Un accenno di Ambrosi anche alla fine delle quote latte che ha dato “il colpo di grazia”. “Per affrontare la liberalizzazione, la sola strada possibile si chiama competitività. E’ inaccettabile che si continui a sostenere che noi non possiamo puntare sulla capacità concorrenziale, perché dobbiamo specializzarci solo sulla qualità dei nostri prodotti, come se qualità e quantità non fossero coniugabili”.
Anche un aumento del quantitativo di latte in polvere destinato all’intervento, proposta su cui Bruxelles sta lavorando, potrebbe dare un contributo. A livello europeo potrebbe infatti “sgonfiare” l’offerta con un evidente beneficio sulle quotazioni del latte anche italiano.
Il decreto sull’origine in etichettatura per il latte non ha inoltre, secondo Ambrosi, alcun vantaggio reale, visto che i prodotti d’importazione non avrebbero questo obbligo. “Dobbiamo spingere sul “made in Italy” per tutti i prodotti, non solo sull’origine della materia prima, a maggior ragione se non c’è una regola europea”.
Altro nodo fondamentale riguarda l’immagine salutistica del latte che va difesa contro le falsità mediatiche per invertire il calo dei consumi. “Il più danneggiato – rimarca Ambrosi- continua ad essere il latte alimentare, che anche lo scorso anno ha registrato una contrazione notevole. Situazione meno grave ma altrettanto preoccupante la vivono lo yogurt, il burro, i formaggi”.
I dati diffusi da Assolatte mostrano infatti un fatturato di 15,4 miliardi di euro nel 2015 che conferma sempre la leadership del settore lattiero caseario nell’agroalimentare italiano, ma entrando nel dettaglio dei consumi risulta che il latte fresco è in forte flessione (-8%), seguito dall’Uht (-5%). Restano stabili i consumi dei prodotti freschi come mozzarelle, yogurt e latti fermentati (2,2%). Nel segmento dei formaggi i duri soffrono di più (-2,3%).
L’export compensa, come sempre, i risultati nazionali poco brillanti: le vendite di formaggi italiani all’estero sono cresciute del 10% arrivando a 363mila tonnellate e 2,2 miliardi di controvalore, mentre il saldo positivo della bilancia commerciale ha sfiorato le 660mila tonnellate ed è raddoppiato rispetto allo scorso anno.