Le filiere agroalimentari del Friuli - Venezia Giulia sono in sofferenza a causa dell’emergenza sanitaria. Un grosso impatto lo ha avuto, all’inizio, la chiusura delle mense scolastiche, con tonnellate di prodotti freschi rimasti nei magazzini e nelle celle frigorifere.
Ma era solo l’inizio: la serrata di bar, ristoranti e alberghi è stato uno tsunami sui contratti di fornitura già in corso. Importanti in particolare i problemi insorti nel mercato lattiero caseario. Ecco come ne parlano alcuni allevatori della regione.
Giuliano Bottussi, allevatore di Cividale del Friuli (Udine) e conferente del locale caseificio cooperativo, attrezzato con una vendita diretta effettuata presso alcuni spacci aziendali, segnala un andamento regolare dei ritiri e dei pagamenti del latte.
Nel contempo però, evidenzia Bottussi, la difficoltà di trattare la vendita dei vitelli e degli animali destinati alla filiera della carne. I ritiri sono resi quasi impossibili da una significativa riduzione dell’attività dei macelli, dalle difficoltà di trasporto dei bovini e da un crollo del prezzo degli animali che vengono valutati a 1 euro/kg. Dunque le vacche restano in azienda, aumentando i costi di produzione.
Prezzi troppo bassi
Preoccupazioni anche nella testimonianza dei fratelli Bernardis (con stalla in Comune di Varmo, Udine) e di Franco Moras, di Aquileia (Udine), anche presidente di Anapri.
Le loro stalle producono latte per il mercato dove attualmente, dicono, è in atto una tendenza al ribasso sul prezzo d’acquisto, passato dagli 0,43 euro/l ante crisi agli attuali 0,30-0,35 euro/l (premio e Iva compresi): “un compenso che non riesce nemmeno a coprire i costi di produzione”. Inoltre molti caseifici stanno producendo formaggio di media-lunga stagionatura che probabilmente, fra tre-quattro mesi, a emergenza rallentata o finita, farà crollare i prezzi a causa della grande quantità disponibile e da vendere.
Una buona idea, aggiungono, potrebbe essere quella di produrre latte in polvere, facilmente conservabile, trasportabile e molto utilizzato dalle industrie di trasformazione. “Era una strategia da pensare e organizzare in tempi normali, utile anche per gestire gli eventuali eccessi di produzione o eccessi di ribasso dei prezzi d’acquisto (e le emergenze, come quella attuale), ma non è stato fatto; e ora ci si trova al punto di non poterlo fare perché ci sono pochi stabilimenti in grado di effettuare la necessaria lavorazione”.
Ma no problem per il bio
Per le aziende dedicate alla produzione del latte biologico, però, non si registrano per ora contraccolpi di sorta. Graziano Zanello, allevatore di Talmassons (Udine), con un proprio spaccio di vendita diretta, non segnala difficoltà. L’80% del latte prodotto viene trasformato direttamente e i formaggi commercializzati regolarmente. Il restante latte viene venduto a prezzo costante. La diminuzione degli acquisti da parte delle mense scolastiche, sostiene Zanello, è stata assorbita dalla crescita di altri canali di vendita.
Situazione simile è quella della stalla bio di Giuseppe Zoff di Cormòns (Gorizia) il quale, nel suo mini caseificio, ha provveduto ad aumentare la produzione di formaggi freschi e si è attrezzato per le consegne a domicilio.
Bene anche con Granarolo e Parmalat
Anche gli allevatori che hanno rapporti con i “grandi acquirenti” proseguono regolarmente nelle mungiture e consegne. Lo confermano Flavio Vidoni, allevatore di Majano (Udine), che consegna il latte a Parmalat, e i fratelli Bianchini, allevatori di Pri di Talmassons, che consegnano a Granarolo.
Tutte le quantità di latte concordate, dicono, vengono ritirate e il prezzo di acquisto non ha subito decurtazioni di sorta. L’aumento delle vendite di latte e prodotti caseari nei supermercati, per ora, pare sia riuscito a compensare le perdite drastiche avvenute nel canale Horeca.