Maccarese, qui la quota più alta è quella per gli ammortamenti

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Claudio Destro, direttore generale Maccarese spa.
A dirlo è Claudio Destro, direttore di questa azienda romana che produce ben 14 milioni di litri di latte all’anno e fattura circa 15 milioni di euro all’anno. Qualità del latte, efficienza di mungitura, riproduzione e controllo analitico dei consumi alimentari: le carte vincenti

L’Azienda agricola Maccarese spa, situata nel comune di Fiumicino (Roma), nacque negli anni ‘30, quando la Maccarese società anonima di bonifiche, che nel 1925 aveva acquistato il comprensorio, effettuò la bonifica integrale del territorio.

Maccarese fu privatizzata nell’anno 1999 quando Fintecna, attraverso una gara pubblica, la aggiudicò al Gruppo Benetton.

In diciotto anni l’azienda è cresciuta nei numeri, nella qualità gestionale e produttiva, e per le sue dimensioni attualmente si colloca al primo posto in Italia. Le colture praticate sono: seminativi, foraggi e ortaggi. Al suo interno Maccarese spa dispone anche di uno dei più grandi allevamenti di vacche da latte a livello nazionale. La stalla produce 42mila litri di latte di Alta qualità al giorno, soddisfacendo il 10% circa del consumo giornaliero dei romani.

Con il direttore generale dell’azienda, Claudio Destro, abbiamo approfondito gli aspetti riguardanti l’amministrazione aziendale, focalizzando alcuni temi, quali: la gestione della stalla, le tecnologie impiegate, la qualità produttiva e, infine, il tema relativo ai costi di produzione.

 

Quale era la situazione della tenuta al momento del vostro rilevamento?

«Al momento del nostro ingresso l’azienda possedeva 3.240 ettari di cui 300 circa a set aside permanente e 1.100 vacche presenti con un volume di quote latte pari a 9,6 miliardi di kg. Fatturava circa 5 milioni di euro all’anno e aveva 120 dipendenti fra operai e impiegati».

 

Quale il fatturato dell’azienda a oggi?

«Oggi Maccarese spa fattura circa 15 milioni di euro all’anno con 65 dipendenti fissi, che diventano 72 nel periodo estivo per far fronte alla necessaria irrigazione».

 

Come è avvenuta una crescita così sostanziale dei ricavi in poco più di quindici anni?

«Grazie a un profondo lavoro di risanamento, avvenuto dopo un anno dal nostro arrivo (periodo necessario per la redazione dei progetti e le conseguenti autorizzazioni amministrative all’esecutorietà) e di investimenti, pari a 26 milioni di euro totali. Al nostro arrivo abbiamo trovato i fabbricati, prevalentemente a uso stalle e annessi, tutti fatiscenti, precari e carenti di manutenzione; tranne la sala mungitura che era stata realizzata all’inizio degli anni ‘90. I terreni sono rimasti sempre 3.240 ettari ma sono stati tutti recuperati, sistemati, spianati e in parte dotati di impianti di irrigazione. Le vacche sono salite di numero e oggi sono pari a 1.450 circa con altrettante manze in allevo e la produzione di latte è andata crescendo fino ad arrivare ai 14 milioni circa di litri annui attuali. Parallelamente è stato affiancato nel 2000 l’allevamento dei maschi frisoni nati in azienda e contestualmente è stata richiesta e poi ottenuta dal Csqa la certificazione di filiera e prodotto per questi animali, che nel frattempo avevamo iniziato a commercializzare attraverso il canale della Gdo. Successivamente il Mipaaf ci ha rilasciato l’autorizzazione all’etichettatura delle carni in aderenza al 1760/00 e, forti di queste certificazioni e stimolati dalla richiesta del mercato, nel 2006 è stato ristrutturato un allevamento abbandonato e vi sono stati introdotti un migliaio di capi incroci per l’ingrasso, provenienti da allevamenti di Roma e Viterbo. Pertanto oggi oltre alle vacche e relativa rimonta sono presenti in azienda in due allevamenti distinti 1.500 vitelloni da ingrasso, di cui circa 400 frisoni, e 1.100 incroci destinati tutti a tre catene della Gdo, le cui carni vengono etichettate con il logotipo “Maccarese”. Infine, sempre nell’ambito di una diversificazione aziendale necessaria per chi vuole aggredire il mercato e sfruttare tutte le opportunità, negli ultimi anni abbiamo realizzato due impianti di biogas per la produzione complessiva di 1,625 MW. Il primo entrato in funzione nel 2010 viene alimentato per l’80% da effluenti zootecnici, mentre il secondo da coltivazioni dedicate e per un 20% da sottoprodotti tra cui anche effluenti zootecnici».

 

Per quanto riguarda l’allevamento da latte quali sono stati gli interventi messi in atto nel corso degli anni?

«Abbiamo iniziato dall’allevo realizzando un nucleo di 240 gabbie per lo svezzamento con sottostante pavimentazione per la costante pulizia. Successivamente abbiamo costruito la stalla delle vitelle da due a sei mesi e nel frattempo procedevamo alla sostituzione delle coperture in amianto per le stalle esistenti con pannello sandwich. Nel 2003 abbiamo inaugurato il nuovo centro aziendale che concentrava tutte le attività dell’azienda all’interno del centro zootecnico, l’officina, il magazzino deposito cereali e il ricovero attrezzi erano stati edificati nuovi. Sempre nello stesso anno trasformammo la sala mungitura da 36 poste disposte a spina di pesce a 60 poste a pettine. L’intenzione era già segnata, ossia crescere con il numero di animali e si doveva quindi partire con la sala mungitura. Contestualmente si definivano i progetti per la realizzazione delle nuove stalle a cuccetta per la capacità di 1.500 vacche che dovevano sostituire una enorme stalla di 9mila mq su lettiera, dove erano stabulate un migliaio di vacche, nel 2008 terminammo. A completamento dell’opera, nel 2010 è stata ottenuta la certificazione ambientale Iso 14.001 per la vaccheria rilasciata dal Bureau Veritas, unica stalla ad averla ottenuta».

 

Qual è l’organigramma in stalla?

«Oggi l’organigramma in stalla è rappresentato da: 1 responsabile zootecnico, 1 aiutante che è anche responsabile dell’allevamento da ingrasso e 30 operai fissi fra capi stalla, mungitori, addetti ai vitelli e all’infermeria. Quest’ultimo è un settore con una propria sala mungitura dedicata alle vacche problema».

 

L’azienda collabora con enti di ricerca, università e l’Istituto zooprofilattico?

«Esattamente. Questi enti, oltre a effettuare prove scientifiche importanti per lo sviluppo delle attività, apportano innovazione e miglioramenti alla nostra gestione, aspetto altrettanto fondamentale. Con i docenti di queste strutture, per esempio, si provvede annualmente a effettuare corsi di formazione e informazione al personale fissandone degli obiettivi di performance che vengono poi monitorati mensilmente dal responsabile zootecnico. Tali corsi includono: routine di mungitura, informazione sul corretto utilizzo dei farmaci e sulla biosicurezza, addestramento agli addetti ai vitelli e all’infermeria, settore particolarmente delicato. Successivamente con cadenza mensile vengono analizzati con il personale gli obiettivi preposti, discussi e poi fissate azioni correttive».

 

Quali sono i parametri che tenete monitorati?

«Qualità del latte, efficienza di mungitura, riproduzione e controllo analitico dei consumi alimentari. Basti pensare che il costo di alimentazione per la nostra stalla ammonta a 3 milioni di euro circa all’anno, risparmiare un 3% sull’errore umano di chi carica il carro miscelatore rappresenta una cifra enorme, ossia: 100 mila euro. L’azienda dispone come software gestionale di Afifarm e Dairy Comp come strumenti di supporto per tenere sotto controllo le performance ottenute, oltre ai dati forniti mensilmente dal sintetico collettivo dell’Aia. Importante anche la figura del veterinario aziendale, il quale gira affiancato da due operatori per le visite ginecologiche quotidiane, fecondazioni e trattamenti sanitari, mentre un altro veterinario esegue le visite sanitarie delle vacche in infermeria e manze».

 

Che tipo di alimentazione utilizzate?

«L’alimentazione è costituita per l’80% da foraggi aziendali e il restante da materie prime acquistate compreso il mais granella. Infatti, in azienda si coltivano 800 ettari di mais ma è tutto destinato a silomais e pastone per le vacche, vitelloni e biogas. Oltre al silomais vengono coltivati e impiegati in stalla insilato di grano e triticale con ss fra 35 e 45%. Importante il controllo degli alimenti, che viene svolto settimanalmente con analisi mirate sull’unifeed e giornalmente viene effettuata la rilevazione della sostanza secca degli insilati, in funzione della quale vengono rimodulate le razioni».

 

Quali razze avete e quante mungiture effettuate?

«In stalla come genetica abbiamo tutte frisone e le fecondiamo con tori che abbiano prevalente attitudine alla produzione di latte e materia utile, con un occhio di riguardo ai caratteri gestionali. A gennaio è partito il rifacimento della sala mungitura, che sarà uguale alla precedente nell’impostazione, cioè 60 poste fisse, ma con un impianto moderno e tecnologicamente avanzato. Terminata la ristrutturazione partiremo con la terza mungitura nell’ottica di ottenere una maggiore produzione di latte per abbattere ulteriormente il costo di produzione. Siamo consapevoli di avere ottenuto e realizzato negli ultimi anni una buona gestione dovuta all’elevato livello di benessere raggiunto per le bovine che abbiamo in stalla. In particolare abbiamo dedicato ampi spazi in sala parto (30 mq a capo) e per le vacche fresche (20 mq a capo) la cui lettiera è costituita dal separato proveniente dall’impianto di biogas. Soddisfatti dei risultati raggiunti abbiamo recentemente rimosso i materassini dalle cuccette e riempite di separato con lo scopo di aumentare i tempi di riposo delle vacche».

 

Tecnologia in stalla, quanto è determinante per la qualità produttiva?

«Dal nostro insediamento abbiamo introdotto tutto ciò che il mercato offriva in termini di innovazione tecnologica, dal software gestionale ai pedometri, al programma di gestione del magazzino installato sul carro miscelatore. Recentemente abbiamo adottato anche un misuratore Nir per l’analisi delle materie prime e foraggi aziendali, insieme a un altro strumento di analisi che consente di poter valutare individualmente cellule somatiche e carica batterica per effettuare l’asciutta selettiva. Quest’ultima tecnologia ci è utile per arrivare ad utilizzare sempre meno antibiotici, obiettivo che rientra nella nostra politica di sostenibilità ambientale, sicurezza alimentare e benessere animale. Siamo convinti che per migliorare la qualità della produzione e del management bisogna conoscere e quindi misurare, per questo continueremo ad introdurre tutti quegli strumenti necessari allo scopo».

 

E ora veniamo all’analisi sui costi di produzione. Cosa ci può dire a riguardo?

«Nelle tabelle dei costi alla fine è indicato il prezzo medio di vendita al litro del latte che detratto dei costi genera una perdita di euro 0,0589. Ovviamente questa è la contabilità analitica della sola stalla, poiché, ad esempio, gli impianti di biogas utilizzano per il loro funzionamento gli effluenti dell’allevamento, per cui una parte dell’utile dell’energia andrebbe destinata alle vacche. Come pure il contributo Pac derivato dalle quote latte e ora ricompreso nei diritti di superficie. Comunque, già quest’anno abbiamo ottenuto un aumento del prezzo del latte di 3 cent di euro e con l’introduzione della terza mungitura contiamo di riportare il conto economico in positivo e azzerare quindi quella perdita di 5 cent di euro».

 

Ci può fare un punto sulle varie voci di costo?

«Riguardo l’alimentazione c’è da dire che in azienda utilizziamo prevalentemente materie prime che acquistiamo con contratti a termine direttamente nei porti, oltre a un nucleo che contiene gli integratori, i grassi e delle soie trattate ed estruse. Gli insilati che vengono prodotti interamente in azienda sono valorizzati al costo come previsto nei principi contabili di una società. La razione per le vacche in lattazione è unica mentre utilizziamo mangime finito per le vitelle fino a 3 mesi di età. Per quanto riguarda le altre spese si vede in dettaglio come si riesca a contenerle, soprattutto la voce medicinali, in discesa costante ogni anno, e la cui voce maggiore è rappresentata dai vaccini che vengono somministrati alle vacche e alle vitelle».

 

Dai dati risulta che la quota più alta è quella destinata per gli ammortamenti. È corretto?

«Sì, e questo punto merita un approfondimento. In azienda mediamente si spende annualmente circa 400 mila euro all’anno di investimenti per il rinnovo e ristrutturazione delle stalle, oltre che per l’aggiornamento tecnologico mirato al benessere animale. Solo nel 2015 sono stati spesi per la ventilazione e il raffrescamento delle bovine circa 180 mila euro, i cui benefici sono stati immediati già durante l’estate. Abbiamo riscontrato che la crescita della produzione di latte deve essere necessariamente accompagnata da continui investimenti per rendere migliori le condizioni ambientali e strutturali dei ricoveri in maniera da efficientare al massimo la gestione. La voce ammortamento mandria da latte è conseguente alla capitalizzazione delle manze che viene eseguita. Tutti i costi (alimentazione, veterinario, seme, medicinali, ecc) riferiti alla produzione della manza vengono capitalizzati e una volta che l’animale partorisce inizia il suo ammortamento. Dopodiché, quando viene macellata genera una minusvalenza che è contenuta nella voce “minusvalenza cessione mandria da latte”».

 

Leggi l’articolo completo di tabelle su Informatore Zootecnico n. 3/2017

L’edicola di Informatore Zootecnico

Maccarese, qui la quota più alta è quella per gli ammortamenti - Ultima modifica: 2017-02-16T14:40:18+01:00 da Barbara Gamberini

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