I responsabili della filiera lattiero casearia hanno consegnato alla redazione anticipazioni dei propri interventi al Dairy Summit 2020 ( www.dairysummit.it ); e queste sono ricchissime. Ricchissime soprattutto di idee concrete per dare nuovo slancio al settore: niente lamentele, ma grande positività e propositività. Nonostante i problemi creati dal coronavirus.
Guardiamo per esempio alle parole di Nicola Bertinelli, presidente del consorzio del Parmigiano Reggiano: «Con il nostro progetto benessere animale una squadra di sette veterinari ha fatto il punto della situazione; e ora pensiamo a incentivi da dare ai caseifici e agli allevamenti che avvieranno azioni per il miglioramento del benessere. Col progetto “Scaglie” stiamo raccontando le meraviglie del territorio in cui viene prodotto il nostro formaggio. E al Ttg di Rimini abbiamo presentato una nuova offerta di turismo enogastronomico».
Propositività anche nell’intervento di Ettore Prandini, presidente della Coldiretti: «È necessario un piano nazionale per difendere la sovranità alimentare e non dipendere dall’estero per l’approvvigionamento. Abbiamo le potenzialità e l’esperienza per produrre tutto il latte che serve al Paese. Bisogna però riorganizzare la filiera altrimenti avremmo un aumento delle produzioni senza un giusto prezzo per le aziende agricole. Sull’export poi va promosso un piano straordinario di internazionalizzazione con la creazione di nuovi canali e una massiccia campagna di comunicazione per le produzioni 100% made in Italy».
Stesso orientamento nelle dichiarazioni di Gianpiero Calzolari, presidente di Granlatte e di Granarolo: «Il mondo sta cambiando e la filiera Granlatte sta raccogliendo la sfida, che passa attraverso digitalizzazione, innovazione e finanza sostenibile. Bisogna lanciare un grande progetto nazionale per ragionare sul ciclo di vita del packaging (confezionamento e fine vita). Benessere animale: abbiamo certificato le 651 stalle della nostra filiera, tutte oggi raggiungono i 70/100 di benessere animale richiesti da Granarolo, quelle che non sono riuscite a fare il salto sono fuori dalla filiera. Stiamo lavorando a un ulteriore passo avanti: passeranno da 90 a 300 gli indicatori di valutazione, saranno monitorati in modo periodico». Packaging, benessere e terza strategia un piano antispreco: «Oggi è possibile allungare la shelf life dei prodotti e dunque ridurre gli sprechi. Stiamo lavorando a questo obiettivo con la nostra R&S ma anche sul fronte istituzioni laddove vi siano vincoli di legge, come nel caso del latte fresco. Ottimi risultati li abbiamo già ottenuti sui formaggi freschi e in particolar modo sulla mozzarella».
Sguardo rivolto al futuro anche quello di Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura: «Occorre operare in un’ottica interprofessionale a braccetto con l’industria e senza polemiche, ma con l’obiettivo, che ci auguriamo diventi comune, di lavorare esclusivamente latte italiano. È giunto il momento di rafforzare tutto il sistema agroalimentare nazionale per garantire al Paese l’autosufficienza alimentare, fondamentale nelle situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Per far questo proponiamo di accrescere la produttività, dal momento che nella produzione di latte siamo autosufficienti per circa l’80%; di lavorare sulla filiera; di puntare sull’innovazione; di limitare i gap strutturali».
In linea l’Alleanza delle cooperative agroalimentari, con la propria campagna “Verde latte rosso”. Spiega infatti Giovanni Guarneri, coordinatore del settore lattiero caseario dell’Alleanza: «Questa nostra campagna di comunicazione ha voluto raccontare come si muovono le imprese zootecniche. Abbiamo investito un budget biennale di 600mila euro e il sito web della campagna ha raggiunto 7 milioni di persone».
Fiducia e voglia di rilanciare pure nell’intervento di Domenico Raimondo, presidente dell’Afidop: «Per garantire il continuo sviluppo del nostro settore stiamo contribuendo alla crescita del sistema certificato. Se gestita bene, una Dop può rappresentare un modello vincente, esportabile in tutto il mondo».
E Giandomenico Auricchio, alla guida dell’omonimo gruppo caseario assieme ai fratelli Antonio e Alberto, informa: «In questi anni ci siamo spesi molto in acquisizioni, arrivando a operare in mercati per noi nuovi. Siamo diventati una piccola multinazionale. Quindi il lavoro dei prossimi anni sarà rafforzare la nostra presenza su questi mercati».
Bene, davanti a questa raffica di nuove idee, a queste iniezioni di propositività, davanti a proposte che poi si concretizzano in precisi investimenti nonostante le incognite prodotte dalla pandemia, l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un particolare sentiment tipico degli imprenditori del settore: l’ottimismo, o almeno la fiducia, che viene generata dalle cosiddette contromosse.
È una tattica imprenditoriale ben nota: la contromossa, il rilancio, la ripartenza, l’iniziativa anticiclica, da attuare proprio nel momento in cui i competitor, oppure altri settori dell’economia, rallentano o si chiudono a riccio. E da Keynes a Marshall via via sino a Ursula von der Leyen si è sempre visto che le contromosse anticicliche sono un’opzione in grado di generare buoni risultati.