Veneto, così le aflatossine nel mais per le bovine

I dati emersi dal monitoraggio aflatossine 2017 condotto dai tecnici Ava (Associazione veneta allevatori). E presentati dalla stessa associazione in due recenti riunioni con gli allevatori: il 20 settembre scorso a Gazzo (Padova) e il 26 settembre a Villafranca di Verona

L'andamento climatico dell’estate appena trascorsa è stato caratterizzato da temperature elevate per lunghi periodi. A partire dal mese di maggio abbiamo registrato valori sopra la media e per ben 52 giorni la temperatura massima giornaliera ha superato i 30°C nel periodo giugno-agosto di quest’anno (Arpa Fvg meteo).
Statisticamente il 2017 è stata la 4a estate più calda negli ultimi 25 anni dopo rispettivamente alle annate 2003, 2015 e 2012. Le elevate temperature associate alle scarse precipitazioni, circa il 40% in meno rispetto alla media del periodo, hanno creato le condizioni per lo sviluppo dell’Aspergillus flavus, e il conseguente rischio di contaminazione delle coltivazioni di mais destinati all’alimentazione delle bovine da latte da parte dell’Aflatossina B1 che questo fungo può potenzialmente produrre.

Due fasi
Consapevoli di questa problematica i tecnici dell’Associazione Veneta Allevatori a partire dal mese di agosto hanno iniziato un monitoraggio preventivo svoltosi in due fasi.
La prima in campo attraverso sopraluoghi negli appezzamenti ritenuti più a rischio, con analisi visiva delle spighe e raccolta di campioni di granella da inviare al laboratorio per verificare o meno la presenza della tossina. L’obiettivo in questa fase è stato quello di evitare l’insilamento di pastoni di mais integrali o di granella provenienti da appezzamenti contaminati.
La seconda fase, ancora in essere, è quella del controllo dei prodotti a base mais prima e durante la somministrazione degli stessi alle bovine in lattazione.
L’area geografica interessata dal monitoraggio è stata quella delle provincie di Padova, Rovigo, e Vicenza con particolare attenzione alle zone caratterizzate da scarsa piovosità e che nelle annate precedenti hanno presentato la presenza di tossine nel mais raccolto.
Durante questa attività sono stati analizzati campioni di silomais, pastoni di mais, granelle umide e granelle/farine secche. Su un totale di 109 campioni analizzati 62, pari al 57%, avevano un contenuto di almeno 1 ppb di Af B1; di questi 30, pari al 27%, avevano un valore di Af B1 superiore a 5 ppb.

Pastoni e granelle umide
I rilievi su pastoni di mais e le granelle umide si riferiscono a prelievi fatti durante i sopralluoghi in campo o al momento della raccolta/insilamento, qualora da parte dei tecnici e degli allevatori vi fosse un sospetto di presenza del fungo, ci riferiamo quindi ad un campione a rischio positività maggiore rispetto ad un campione non selezionato.
I valori rilevati sulle granelle umide evidenziano che nel 50% dei casi abbiamo la presenza del fungo e della tossina, con valori superiori ad 1 ppb Af B1 sulla sostanza secca, mentre nel 24% delle analisi tale positività ha superato i 5 ppb, rendendo il prodotto inadatto ad un suo impiego nell’alimentazione delle bovine da latte.
Inoltre dobbiamo considerare il fatto che i prodotti come pastoni e silomais, che hanno un contenuto di umidità elevato, in caso di presenza del fungo (Aspergillus flavus) ed aumento delle temperature come spesso può accadere in questo periodo, possono produrre nuovamente aflatossina B1; infatti una volta che le trincee sono state aperte e si presentano le condizioni anzidette, possiamo avere una proliferazione del fungo con un aumento di AF B1 tale da rendere inutilizzabile l’alimento per le bovine.

In questa foto e in quella sotto al titolo, due spighe contaminate fotografate quest’estate nelle campagne venete.

Granelle e farine
Nella categoria delle granelle di mais, sono state considerate sia le granelle che le farine di mais, spesso acquistate sul mercato, è quindi difficile l’individuazione dell’area di produzione. Anche in questo caso parliamo di un campione a rischio in quando questa tipologia di analisi è stata fatta in funzione di un autocontrollo interno o in caso di innalzamento del valore di Af M1 nel latte di massa.
È quindi evidente che la percentuale elevata del 62% di partite con valore maggiore di 1 ppb, non è rappresentativa dell’intera produzione dell’area. Sempre in merito alle granelle secce possiamo notare che il 37% dei lotti analizzati aveva un valore maggiore di 5 ppb, rilevandosi spesso l’alimento responsabile dell’incremento di Af M1 nel latte.
Su questo aspetto gioca un ruolo fondamentale la selezione dei fornitori e la richiesta di certificazione delle partite di mais acquistate, in cui sia specificato per vacche da latte e quindi con un contenuto di Af B1 inferiore a 5 ppb.

Insilati di mais
I campioni di insilato di mais analizzati provengono da trincee aperte ad iniziare dalla metà di agosto ad oggi. I prelievi sono stati fatti al momento dell’apertura delle vasche in caso di segnalazione di aumenti dei livelli di Af M1 nel latte di massa, e spesso il mais insilato è risultato l’alimento responsabile della contaminazione. I valori indicano come nel 71% delle analisi fatte si sia rilevata la presenza di almeno 1 ppb Af B1 e che nel 29% dei campioni si sia superata la soglia dei 5 ppb, livello di difficile gestione.
La raccolta di un campione corretto su volumi molto grandi come quelli del silomais presenta sempre delle difficoltà, per l’estrema variabilità della distribuzione della tossina e del fungo sulla massa, infatti in alcuni casi solo escludendo questo alimento dalla razione delle bovine si è ridotto in contenuto di Af M1 nel latte nonostante l’analisi avesse dato esito negativo.
Un’elevata contaminazione dei trinciati di mais da parte del fungo è sicuramene l’elemento nuovo che ha caratterizzato questo inizio di settembre. Confrontando i valori relativi allo stesso monitoraggio condotto nel 2016 e quelli del 2017 possiamo evincere come ci sia una rilevante differenza di positività di questo alimento sia per i valori maggiori di 1 ppb 27% vs 71% che sia per i valori sopra i 5 ppb 0% vs 29%.
Le motivazioni vanno ricercate nei meccanismi di inquinamento delle spighe di mais da parte del fungo Aspergillus flavus, il quale può, qualora si presentino le condizioni climatiche, penetrare nelle spighe al momento della fioritura (Causin 2016).
Per le considerazioni fatte precedentemente è evidente che la presenza del fungo all’interno della spiga è di difficile rilevazione nei mais a maturazione cerosa e inoltre un potenziale rischio per sviluppo di tossine al momento dell’apertura delle trincee al suo impiego nelle razioni.
Le masse di insilato di mais necessitano di corretti tempi di fermentazione e di una attenta gestione al momento dell’utilizzo.

Dati sovrastimati
I dati che sono stati presentati vanno considerati con attenzione: il livello di presenza di tossine è sovrastimato rispetto ai risultati che si otterrebbero analizzando un campione del tutto casuale, inoltre il monitoraggio è costantemente aggiornato man mano che si raccolgono nuovi campioni, quindi sarà strategico verificarne lo sviluppo.
Il lavoro svolto in campo ha permesso agli allevatori di selezionare gli appezzamenti da destinare alla produzione di alimenti zootecnici per le bovine in lattazione. A livello di allevamento le analisi condotte in prevenzione hanno portato a una gestione attenta all’inserimento dei nuovi raccolti nelle razioni, riducendo notevolmente il rischio di contaminazione del latte e di fatto garantendo maggior sicurezza al consumatore.

Puoi leggere l'articolo completo di grafici e tabelle sull'Informatore Zootecnico n. 17.

Veneto, così le aflatossine nel mais per le bovine - Ultima modifica: 2017-10-06T14:46:19+02:00 da Mary Mattiaccio

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