I cambiamenti climatici e le ondate di calore sempre più intense e frequenti rappresentano un rischio per la salute e la produttività delle bovine da latte. Si moltiplicano così gli sforzi dei ricercatori per assicurare il benessere in stalla e prevenire lo stress da caldo.
Tra le iniziative autorevoli è da segnalare che presso il Leibniz institute for agricultural engineering di Postdam, in Germania, si sta svolgendo parte del progetto europeo OptiBarn (Optimised animal specific barn climatisation), nell’ambito dell’iniziativa “Climate Smart Agriculture: Adaptation of agricultural systems in Europe” promosso dalla Commissione europea.
Il progetto ha lo scopo di investigare le migliori strategie edilizie e gestionali per una climatizzazione in stalla basata sulla ventilazione naturale e progettata in modo specifico per le condizioni climatiche della regione in cui sorge l’azienda.
Il controllo del microclima migliora infatti la produttività, il benessere degli animali e riduce le emissioni dannose per l’ambiente.
Nuovi modelli per un problema antico
Il progetto è iniziato nel 2014 e Sabrina Hemel, coordinatrice e ricercatrice del Department for engineering for livestock management del Leibniz institute (Postdam, Germania) racconta i risultati finora ottenuti (Hempel e colleghi, “OptiBarn – Optimised animal specific barn climatisation facing temperature rise and increased climate variability”, atti della 16a International conference rural-urban symbiosis, settembre 2015, Amburgo, Germania).
Per l’analisi dell’effetto del clima esterno sul microclima dei capannoni a ventilazione naturale (Naturally ventilated buildings o Nvb) sono state effettuate prove sia in campo sia all’interno tunnel del vento.
Sono state effettuate simulazioni climatiche per calcolare il livello di stress da caldo degli animali, sulla base di analisi del rischio per quanto riguarda le variazioni previste in futuro, anche in condizioni estreme.
I dati rilevati dalle risposte fisiologiche degli animali sono utilizzati per creare una nuova e sofisticata scala dello “stress da caldo”.
Ai fini pratici, l’équipe produrrà proposte per nuove soluzioni edilizie, sistemi di ventilazione dal design efficace e altre strategie per il controllo del microclima in stalla.
Al termine del progetto, previsto nel 2017, verranno anche elaborati modelli per la simulazione economica, in modo da valutare l’impatto delle nuove strategie sulla produttività delle bovine.
Testare su campo il caldo estremo
Sabrina Hemel riporta che è stato creato un modello di calcolo (Cfd o Computational fluid dynamics) che elabora i vari dati sull’edificio, gli animali e il clima, in modo da esaminare la potenzialità della ventilazione basata sullo scambio di calore passivo terra - aria.
Le simulazioni di laboratorio in una “camera climatica”, tuttora in corso, misurano la rimozione del calore di convezione, in base a velocità dell’aria e temperatura.
Per lo studio su campo sono state reclutate aziende da latte in Germania, Spagna e Israele, in modo da raccogliere dati su condizioni climatiche diverse e spesso estreme, visto il trend dell’ultimo decennio.
Le bovine sono state dotate di sensori per monitorare l’effetto dello stress da caldo sui parametri fisiologici. I ricercatori stanno elaborando anche una scala di valutazione attendibile dello stress, che tenga conto di un maggior numero di variabili rispetto ai modelli attualmente utilizzati.
Variazioni continue in assenza di vento
I primi risultati del progetto riguardano la distribuzione dell’aria all’interno della stalla: è stato notato che negli edifici, anche quelli a pianta simmetrica, il flusso dell’aria è eterogeneo e dinamico. Anche in assenza di variazioni esterne, si verificano continue fluttuazioni spazio - temporali della temperatura, della distribuzione dei gas e dell’umidità (figura 1).
Nel corso di quasi 6 giorni di misurazione è stata tracciata una mappa del microclima nelle stalle (96 m x 34 m): con una direzione del vento predominante in direzione sud - sudovest, la parte frontale sinistra della stalla (più esposta alla corrente) è caratterizzata da valori medi di velocità dell’aria, dell’umidità e concentrazione di ammoniaca, bassa temperatura ed elevata concentrazione di metano.
La parte posteriore destra presenta una bassa velocità dell’aria, basse concentrazioni di ammoniaca e metano, alta temperatura e media umidità.
L’area frontale destra presenta un incremento significativo di tutti i valori (figura 2).
Aggiungere il “fattore bovina”
Il progetto OptiBarn conferma che i parametri che maggiormente influenzano la distribuzione del microclima in stalla sono l’ampiezza e la posizione delle aperture dell’edificio, il clima esterno, la velocità del vento e le turbolenze del flusso d’aria.
Quest’ultimo parametro sembra influenzare tutte le altre variabili: i ricercatori ipotizzano che accada a causa degli animali, in quanto rappresentano una fonte di calore, di emissione di gas, umidità e flusso d’aria su piccola scala. Le micro variazioni indotte dalle bovine potrebbero spiegare alcune anomalie del microclima in stalla.
In pratica, le reazioni fisiologiche delle bovine allo stress da caldo condizionerebbero ulteriormente il microclima in stalla, in una relazione funzionale reciproca.
Per valutare lo stress da caldo, sono stati misurate le variazioni della velocità dell’aria, della concentrazione di gas e dell’Indice di temperatura - umidità (Thi), sia istantanee sia a lungo termine, nell’area meno esposta alle correnti e che presenta in media i valori più elevati e disagevoli per le bovine.
Naturalmente è stato confermato che a lungo termine una bassa velocità dell’aria favorisce l’incremento di temperatura, umidità e gas.
Un’apparente contraddizione riguarda invece i cambiamenti istantanei: la concentrazione di gas, infatti, diminuisce quando temperatura e umidità sono elevate. I ricercatori ipotizzano che sia dovuto ai naturali processi di fermentazione e degradazione chimica.
Ciclicità e imprevedibilità
I ricercatori del team OptiBarn annunciano che la correlazione positiva tra Thi e i valori di temperatura e umidità rispecchia un andamento ciclico giornaliero, mentre il vento non possiede questa regolarità.
Il vento influenza l’indice Thi e la concentrazione dei gas in modo indipendente dall’andamento di temperatura e umidità giornaliere.
L’indice Thi è un valore che indica il grado di rischio corso dalle bovine e indirettamente lo stress da caldo, ma il calcolo e il significato di questo valore è in fase di rielaborazione, per adeguarlo alle reali condizioni di stalla
La massima correlazione tra concentrazione di gas e indici climatici si ottiene con 12 ore di scarto tra l’evento (picco di temperatura e umidità) e misurazione del picco dei gas. I ricercatori ipotizzano che sia dovuto a variabili complesse, come l’alternanza giorno/notte e procedure di routine, come la mungitura.
Una prima conclusione tratta dai ricercatori è che il microclima, nella stalla a ventilazione naturale, non ha una distribuzione omogenea.
Vi sono aree più a rischio se il flusso d’aria è insufficiente a mantenere bassi i fattori implicati nello stress da caldo (temperatura, umidità, concentrazione di ammoniaca e metano).
Le variazioni cicliche legate all’alternanza giorno/notte sono ulteriormente influenzate dal flusso d’aria irregolare e dalle risposte fisiologiche delle bovine, che entrano a far parte delle variabili fondamentali che alterano il microclima stesso.
Vento ed effetto camino
La Cigr (Commission internationale du génie rural) è un’organizzazione non profit e non governativa nata dalla collaborazione delle varie associazioni di ingegneria agraria sparse nel mondo, cui appartengono esperti e ricercatori di molteplici Università europee e statunitensi.
Un apposito team di soci ha prodotto nel 2014 un documento che riporta le raccomandazioni tecniche per la corretta stabulazione delle bovine da latte (Autori vari, “The design of dairy cow and replacement heifer housing”, rapporto del Cigr, Sezione II, Working Group n. 14, Cattle Housing, 2014).
Nella sezione dedicata alla ventilazione, gli esperti riassumo le caratteristiche della ventilazione naturale, che si basa sostanzialmente sull’effetto camino e sull’azione del vento.
L’effetto camino è dovuto allo spostamento delle masse d’aria a diversa densità, a causa della differenza di temperatura tra la massa interna alla stalla e quella esterna. Questo effetto è significativo soltanto con un clima rigido, mentre in estate è trascurabile. Se la differenza di temperatura è inferiore ai 10°C e con una velocità del vento uguale o superiore a 1 metro al secondo, infatti, l’effetto camino non è apprezzabile (figura 3).
Per favorire lo spostamento passivo delle masse d’aria in estate è opportuno aumentare la superficie di apertura posteriore rispetto alla direzione del vento, cosicché il flusso d’aria trasverso possa circolare liberamente.
Lo scambio di aria dovuto all’azione del vento dipende invece dal volume di ventilazione (metri cubi al secondo), dalla velocità del vento (in metri al secondo), dalla superficie di apertura esposta al vento (in metri quadrati) e dall’efficacia dell’apertura (sulla base della direzione del vento).
A parte la presenza di sistemi automatici per la regolazione delle aperture, non vi sono grandi possibilità per favorire il ricambio d’aria passivo, poiché il vento è il motore principale ed è variabile in termini di intensità e direzione.
Una progettazione ottimale
Per favorire la ventilazione naturale è fondamentale valutare in fase di progettazione l’esposizione alle correnti d’aria nel periodo estivo e la distribuzione delle aperture nelle pareti.
Ad esempio, in figura 4 il team Cigr riporta il profilo di diverse strutture.
Come regola generale, i risultati migliori si ottengono se l’edificio è orientato con l’asse principale perpendicolare alla direzione prevalente del vento. La pendenza del tetto del 25-30% massimizza l’effetto camino.
Se il fronte esposto ha una lunghezza superiore ai 18 metri è necessario dotare il tetto di aperture aggiuntive (esempi b, d e g).
L’edificio “a” non è una buona soluzione, perché favorisce la condensazione e una cattiva distribuzione dell’aria fresca. Anche i capannoni con aperture senza pannelli deflettori (edificio e) sono sconsigliati, poiché eventuali correnti provenienti dalla direzione opposta potrebbero ostacolare la fuoriuscita dell’aria esausta.
Sono da evitare ostacoli interni fissi o mobili (edifici f e h), che interrompono il flusso d’aria.
In capannoni molto grandi con distribuzione non uniforme dell’aria sono necessarie aperture aggiuntive sul tetto, oppure è inevitabile ricorrere alla ventilazione artificiale.
Gli edifici con il tetto a una sola falda (c) richiedono un fronte completamente aperto e una superficie aperta, sul lato opposto, di almeno 8-10 metri di lunghezza.
I capannoni a tunnel (i), meno diffusi, non devono essere troppo lunghi, in modo da assicurare una sufficiente circolazione del flusso in senso longitudinale, e devono essere dotati di sufficienti aperture laterali.
Libera circolazione
Il team Cigr mette in guardia anche dallo scarso ricambio di aria che, in associazione alla bassa velocità del vento, favorisce la concentrazione di sostanze contaminanti e dannose per la salute della bovina (gas, polveri, microrganismi), specialmente se il capannone è piccolo (figura 5).
La massa d’aria statica, inoltre, contribuisce a mantenere stabili i parametri del microclima, come temperatura ed umidità relativa, impedendo il raffrescamento.
Per favorire il flusso d’aria verso le bovine, gli esperti raccomandano di ridurre al minimo gli ostacoli e di mantenere una distanza minima da altri edifici e da alberi di 20 metri. Tale distanza va aumentata se la struttura è più lunga di 25 metri o più alta di 6 m.
Massimizzare il flusso d’aria
Susan Wood Gay, professoressa di Ingegneria presso il Virginia polytechnic institute and state University (Usa) approfondisce le caratteristiche della ventilazione e sottolinea che gli edifici con una ventilazione insufficiente sono esposti a problemi di corrosione della struttura in metallo o legno, a causa dell’accumulo di gas corrosivi e della condensazione del vapor acqueo (figura 6).
In estate, la soluzione migliore è rimuovere completamente le pareti e creare un ambiente aperto, in cui il tetto ha la solo funzione di proteggere le bovine dall’irraggiamento solare e dalle precipitazioni atmosferiche.
Le pareti devono avere aperture di circa 4 metri in altezza e devono essere rimossi gli ostacoli interni alla circolazione dell’aria. Altezze superiori non aumentano ulteriormente la ventilazione.
Il lato più esposto al calore (sud) va accessoriato con gronde che proteggono le bovine dall’insolazione diretta.
Poiché la ventilazione naturale si basa sullo scambio di masse d’aria promosso da forze naturali, il “controllo” degli spostamenti di aria è possibile solo grazie ad una flessibilità ampia della struttura (pareti mobili, pannelli deflettori).
In tutte le stagioni l’edifico deve assicurare un ricambio d’aria costante, a bassa velocità, per rimuovere gas ed umidità.
Il flusso d’aria costante ha anche lo scopo di limitare l’accumulo di calore prodotto dagli animali. Nei periodi di caldo intenso, occorre massimizzare il flusso e favorire una circolazione adeguata, per rimuovere le sacche di aria calda che si creano tra i corpi delle bovine.
Visualizza l’articolo completo pubblicato su Informatore Zootecnico n. 9/2016
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