Robot di mungitura, il mangime erogato non frena la resa

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Da esperienze aziendali condotte in Piemonte

L’adozione dei sistemi di mungitura automatici sta prendendo sempre più piede nelle aziende zootecniche da latte in tutto il mondo, e l’Italia non fa eccezione. La robotizzazione della mungitura comporta una serie di cambiamenti, sia a livello gestionale sia a livello operativo: tra questi, la gestione nutrizionale della mandria.
Una delle opportunità derivanti dall’installazione dei robot di mungitura è quella di poter mettere in atto la cosiddetta “precision feeding”, ovvero cercare di adottare piani nutrizionali che meglio si avvicinano ai reali fabbisogni di ogni singolo animale.


Questo è possibile in quanto le vacche non ricevono tutti i nutrienti di cui hanno bisogno tramite una total mixed ration (Tmr, l’unifeed in greppia). Ma una quota importante (70-90%) viene fornita tramite unifeed (definito partial mixed ration, Pmr) e la quota complementare (10-30%) viene somministrata tramite il concentrato erogato dal robot durante l’evento di mungitura.
L’obiettivo della nutrizione al robot è duplice: da una parte quello di fornire i nutrienti necessari alle vacche per soddisfare i propri fabbisogni, al fine di massimizzare le performance produttive; dall’altra quello di stimolare le vacche a visitare volontariamente il robot per la mungitura.
Gli aspetti da valutare quando si predispone un piano alimentare per una stalla dotata di robot di mungitura sono essenzialmente tre: il concentrato somministrato al robot, la Pmr somministrata in greppia e l’interazione tra i due.
Solitamente allevatori ed alimentaristi attribuiscono troppa importanza al concentrato somministrato nel robot, mentre la Pmr viene quasi trascurata, nonostante la maggior quota di nutrienti che essa apporta alla dieta.
Quando si parla di concentrato somministrato al robot due sono gli aspetti principali da considerare: le caratteristiche chimico-nutrizionali del concentrato e la quantità somministrata. In questo articolo ci focalizzeremo sulla quantità.

I concentrati somministrati al robot vengono utilizzati in modo efficiente?

Quando parliamo di quantità di mangime somministrato durante l’evento di mungitura occorre considerare tre valori differenti: la quantità di mangime programmata dal software per la singola vacca, la quantità di mangime erogata dal robot e la quantità di concentrato effettivamente consumato dalle bovine. Di questi tre, il più importante è sicuramente l’ultimo, valore che purtroppo nelle aziende commerciali al momento non è possibile misurare.


In bibliografia non esiste un valore medio ideale di mangime per vacca per giorno. Studi osservazionali realizzati in Usa e in Canada hanno dimostrato che, mediamente, la somministrazione di mangime al robot per capo al giorno varia dai 3 ai 5 kg.
Tuttavia, gli studi scientifici affermano che difficilmente la quota di concentrato programmata attraverso il software del robot corrisponde a quella consumata dalla bovina. Il motivo di tutto ciò è attribuibile a più fattori, tra le quali il numero di visite di mungitura necessarie per il raggiungimento dell’erogazione complessiva del mangime prefissato come obiettivo.
A questo proposito, nella Figura 1 vengono riportati i dati raccolti in un’azienda commerciale piemontese. Ogni punto rappresenta una bovina, e i due valori messi in regressione corrispondono al mangime programmato sul software ed al mangime erogato dal robot.
Si può notare come fino a 4 kg capo/giorno di mangime le vacche riescono a ricevere tale quantità, mentre oltre i 4 kg capo/giorno lo scenario si fa più complesso. Infatti, all’aumentare della quantità di mangime programmato aumenta notevolmente la variabilità del mangime erogato dal sistema automatico. Questo perché quantità maggiori di concentrato richiedono un numero maggiore di visite giornaliere al robot di mungitura, che non sempre si riescono a raggiungere.
Quindi se le vacche a cui sono state assegnate quote maggiori di mangime non riescono a consumare tutti i giorni la quantità attesa, aumenta la variabilità della fornitura complessiva dei nutrienti. Questo ha delle ripercussioni negative sulle performance, in quanto un requisito fondamentale per poter estrinsecare al massimo il potenziale produttivo delle bovine è la maggior costanza possibile nell’assunzione giornaliera di nutrienti.


Ogni qualvolta che l’animale non riesce a consumare interamente i kg di mangime a lui destinati rimpiazzerà tale quota aumentando il consumo di Pmr, andando a consumare una razione complessivamente diversa da quella formulata. In tali situazioni, quindi, non saremo in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato di alimentare in modo preciso ogni singolo animale secondo i suoi reali fabbisogni.
Sorge dunque spontanea una domanda: perché viene somministrato così tanto mangime tramite l’autoalimentatore del robot?
Il primo motivo è basato sulla convinzione che aumentando i kg di mangime erogati aumenterà il numero di visite volontarie degli animali e conseguentemente si ridurrà il numero di vacche che devono essere accompagnate dall’allevatore al robot. Tuttavia, esperienze sperimentali e aziendali hanno più volte testato l’effetto della quantità di mangime somministrato al robot ed i risultati evidenziano univocamente che non c’è relazione tra la quantità di mangime somministrato ed il numero di visite volontarie al robot.
La seconda ragione si fonda sul presupposto che all’aumento dei kg di mangime forniti corrispondano più kg di latte prodotto. Anche in questo caso la letteratura scientifica non supporta tale assunzione, in quanto ciò che va a influenzare in modo significativo la produzione di latte (oltre allo stadio di lattazione, al numero di parti, ecc) è l’ingestione complessiva di nutrienti, indipendentemente dal fatto che vengano forniti nella Pmr in greppia o tramite concentrato al robot.
Quindi, se a un aumento di concentrato programmato non corrisponderà un reale consumo (e conseguente aumento dell’ingestione calorica), non si avranno effetti positivi sulla produzione.

L’indagine di Arap nelle aziende piemontesi con robot di mungitura

Partendo da questi principi teorici, il team Arap Consulenze (il servizio di consulenza tecnica dell’Associazione regionale allevatori del Piemonte) ha deciso di realizzare un’indagine a livello regionale per andare a verificare se le situazioni presentate in bibliografia siano le stesse riscontrabili in Piemonte.
È stata realizzata una raccolta dati di un anno in aziende dotate di sistema di mungitura automatica. I dati presi in esame sono stati il numero di animali munti, la quantità totale di concentrato somministrato, la produzione di latte ed il numero complessivo giornaliero di visite di mungitura.
I dati riportati nella tabella 1 presentano una situazione estremamente eterogenea, a partire dalla produzione di latte munto per ogni macchina (da 1.913 a 2.594 kg/giorno) o prodotto dalla vacca ad ogni evento di mungitura (da 11 a 17 kg/capo per visita).
Un dato molto interessante, che fornisce informazioni sulla strategia nutrizionale scelta da ogni azienda, è il quantitativo di concentrato erogato dal robot ogni 100 kg di latte munti. Anche in questo caso il range è molto ampio, e varia dai 7 kg delle aziende 1 e 2 ai 12 kg dell’azienda 3.
Nella Figura 2 vengono riportati i kg di concentrato erogati dal robot, il numero di visite di mungitura e la produzione di latte delle bovine delle aziende oggetto di analisi. Molti sono gli spunti di riflessione; innanzitutto, le aziende 1,2,3 mostrano lo stesso numero di mungiture medie nonostante utilizzino quantità diverse di concentrato per vacca; inoltre, a parità di numero di mungiture, le produzioni di latte per capo nelle tre aziende sono estremamente differenti.
L’aspetto interessante è che l’azienda che somministra il quantitativo maggiore di mangime non è l’azienda più produttiva tra le tre, ciò a dimostrazione del fatto che la quantità di concentrato somministrato al robot non abbia nessuna relazione con la produzione di latte.
L’obiettivo per quanto riguarda le visite di mungitura non sussiste tanto nel massimizzarne il numero, quanto nel far sì che gli intervalli tra una mungitura e l’altra siano il più possibile costanti. Questo principio può spiegare il fatto che le aziende 1 e 6 producono la stessa quantità di latte (44 kg/vacca), pur avendo frequenze di mungitura differenti (2.6 vs 2.8).
Un altro aspetto interessante è che l’azienda che ha il numero più elevato di visite di mungitura somministra una quantità di mangime tra le più ridotte (2.9 kg/vacca al giorno): ciò a confermare il fatto che non è la quantità di concentrato a determinare il numero di visite.
Dall’indagine realizzata si può evincere come i principi bibliografici trovino riscontro anche nelle realtà robotizzate piemontesi e che questa situazione eterogenea confermi il fatto che gli anni trascorsi dalla prima mungitura robotizzata siano ancora pochi per avere delle linee guida ben definite.
È confermato altresì che un’attenta analisi dei dati che la mungitura robotizzata è in grado di fornire può rappresentare un ottimo punto di partenza per definire criteri di gestione sempre più mirati nell’ottica di perseguire un miglioramento nella “precisione” delle diete fornite al singolo animale.

In conclusione

Il robot di mungitura rappresenta uno strumento utile per realizzare un’alimentazione di precisione, se gestito correttamente. Non sono necessarie grandi quantità di mangime per attrarre le vacche al robot, ma una maggiore quantità di concentrato implica una maggior variabilità nel consumo dello stesso e non sempre comporta delle migliori performances. Infine, l’obiettivo del nutrizionista è quello di essere in controllo di ciò che mangiano le bovine, ragionando dunque come se stesse somministrando una Tmr (total mixed ration).

Robot di mungitura, il mangime erogato non frena la resa - Ultima modifica: 2023-02-13T15:30:12+01:00 da Lucia Berti

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