Foraggi – Il Parmigiano chiede di usare il fieno così

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Dal consorzio di tutela nuove indicazioni tecniche sui foraggi, soprattutto quelli essiccati. Dopo le linee guida del 2002, che erano più di carattere agronomico, ora è la volta di norme e informazioni più pertinenti al momento zootecnico

C’è una grande novità, datata aprile 2015, in materia di alimentazione delle bovine da latte. Un nuovo documento tecnico del consorzio del Parmigiano Reggiano intitolato “Guida Tecnica / Linee guida per l’uso razionale dei foraggi nell’alimentazione delle bovine che producono latte per il Parmigiano Reggiano”. Nei due box tutti i dettagli su questo documento.

Linee guida che sviluppano i contenuti di una precedente “guida tecnica” diffusa dallo stesso consorzio nel 2002, la quale però si applicava soprattutto alla fienagione in campo: coltivazione, sfalcio, essiccazione, conservazione. Ora invece le linee guida del 2015 si dedicano più alla zootecnia che all’agronomia: parlano di alimentazione delle bovine, di come si impostano le razioni in base al fieno.

Queste nuove Linee guida relative ai problemi zootecnici sono state redatte dai due principali specialisti della materia: Marco Nocetti, responsabile del Servizio tecnico del Consorzio del Parmigiano Reggiano, e Andrea Formigoni, del Dipartimento di Scienze mediche veterinarie dell’Università di Bologna.

Perché il consorzio ha ritenuto necessario produrre e diffondere questo nuovo documento tecnico del 2015? Rispondiamo con le stesse parole del documento: «L’evoluzione delle dimensioni delle aziende del comparto produttivo e il continuo miglioramento del potenziale produttivo delle bovine evidenziano sempre più la necessità di disporre di fieni di ottima qualità e ben conosciuti per la loro storia di produzione e per le loro caratteristiche nutrizionali.

Queste ultime poi condizionano anche la qualità dei complementi utilizzati per equilibrare le razioni giornaliere e influenzano il costo di produzione del latte. Inoltre, l’impiego di foraggi di buona qualità va promosso anche per ragioni che attengono al mantenimento di un ottimale stato di benessere e salute degli animali, e perciò alla loro redditività, oltre che per rafforzare il legame fra territorio e tipicità del formaggio».

Un’altra motivazione risiede nel fatto che oggi sono disponibili nuove acquisizioni tecnico scientifiche in materia di alimentazione delle bovine, acquisizioni che era opportuno diffondere per far crescere la qualità della produzione. Per esempio oggi abbiamo più conoscenze in merito all’impiego del fieno nelle razioni, conosciamo meglio i meccanismi di digeribilità della fibra…

Ecco comunque, riassunti moltissimo come consentito dagli spazi di una rivista, i contenuti delle linee guida del 2015.

Valutazione chimica e nutrizionale dei foraggi

Un primo apporto di conoscenze fornito dalle nuove linee guida è relativo alla valutazione della qualità dei foraggi. Riassumendo molto, il consorzio qui sottolinea che per una completa definizione del valore nutrizionale dei foraggi oltre a determinare i contenuti in acqua, ceneri e lipidi è opportuno definire:

- le frazioni glucidiche e gli acidi organici;

- i contenuti cellulari (acidi organici, zuccheri, amidi);

- le frazioni azotate (A1 azoto non proteico, A2 aminoacidi e peptidi liberi, A1+A2 = proteina solubile prontamente utilizzata dai batteri del rumine, proteine B1, B2, C);

- il contenuto in amminoacidi, in lipidi, in ceneri («la quantità di ceneri in un foraggio di buona qualità non dovrebbe superare il 10-11% della s.s.; valori più elevati devono porre in allarme l’allevatore»).

E di tutte queste voci le linee guida forniscono dettagli e quantificazioni, per le quali rimandiamo alla consultazione della versione integrale di questo documento, disponibile fra l’altro anche su www.informatorezootecnico.it .

Ma è di particolare interesse, sottolinea la guida tecnica del 2015, la valutazione della digeribilità della fibra, «il cui utilizzo nella progettazione del razionamento è forse la novità più interessante emersa negli ultimi anni». Un discorso affrontato in due step: a) pareti delle cellule vegetali, b) digeribilità della fibra.

Pareti delle cellule vegetali. Qui è possibile determinare diverse frazioni tra le quali: aNDFom (fibra neutro detersa, comprende cellulosa, emicellulose, lignina), ADF (fibra acido detersa, comprende il contenuto in cellulosa e lignina), ADL (lignina).

Digeribilità della fibra. I glucidi che costituiscono la parete vegetale sono solo in parte digeribili. Per questo nella fibra si possono distinguere due frazioni: fibra aNDFom (potenzialmente digeribile nel rumine e nel cieco) e fibra aNDFom indigeribile (iNDF).

La quantità di fibra non digeribile presente nei foraggi è strettamente dipendente dal contenuto di lignina e dai legami che questo composto attua con le emicellulose e la cellulosa. La quantità di fibre legate alla lignina è variabile in funzione delle condizioni ambientali in cui è cresciuta la pianta e in genere aumenta al progredire della sua maturazione; ne deriva che la quantità di fibra indigeribile nella pianta è molto influenzata dal momento dello sfalcio.

La digestione dei foraggi

Dopo l’approfondimento sulla valutazione della qualità dei foraggi le linee guida del 2015 si applicano alla questione della digestione dei foraggi da parte della bovina. La bovina da latte presenta un’elevata capacità di utilizzare le fibre dei foraggi; il processo digestivo della fibra è una complessa e coordinata serie di azioni meccaniche e chimiche che nell’insieme garantiscono, in condizioni ottimali, che oltre l’80-85% della fibra aNDFom potenzialmente digeribile sia utilizzata nel rumine e nel cieco.

Il numero di pasti. Le bovine allevate in stalle confortevoli, che non siano stressate da competizione e sovraffollamento, assumono gli alimenti in 8-10 pasti giornalieri, di cui 2 o 3 sono quelli principali, corrispondenti al pasto dopo la distribuzione della razione e ai pasti dopo le mungiture. La bovina non seleziona con grande cura gli alimenti che ingerisce e dopo pochi atti masticatori deglutisce il boccone.

Nel rumine. Giunti nel rumine, gli alimenti vengono rapidamente mescolati al liquor e alla parte solida grazie alle cicliche e intense contrazioni operate dalla potente muscolatura di cui è dotato questo pre-stomaco. Le parti più grossolane e leggere degli alimenti (tipicamente i foraggi) tendono a stratificarsi nella porzione dorsale del rumine mentre le parti più fini e pesanti occupano la porzione ventrale. In questa fase inizia il processo di imbibizione e adesione dei batteri alle particelle dei foraggi, che vengono poi riportate alla bocca durante la masticazione mericica.

La masticazione. I denti molari sono molto efficienti nello sminuzzare le parti grossolane e il forte stimolo alla secrezione di saliva favorisce l’adesione dei batteri alle particelle di alimenti; tale fenomeno è indispensabile perché possa avvenire la degradazione delle parti più intime delle cellule vegetali.

La masticazione mericica è un’attività poco dispendiosa per la bovine e ha una durata che varia fra i 380 e i 900 minuti giornalieri. La masticazione determina un aumento delle superfici esposte all’attacco e alle degradazioni batteriche.

La fermentazione. La degradazione batterica produce anche gas. Ciò comporta che le particelle di foraggio in fermentazione flottino nel liquor ruminale occupando la parte dorsale anche quando la granulometria si riduce per effetto della masticazione.

Mano a mano che la fermentazione procede si riducono le quantità di glucidi utilizzabili dai batteri, il ritmo di degradazione rallenta e con esso la quantità di gas che si libera. Le particelle di foraggio sempre più fini e dense, tendono a posizionarsi nella parte centrale e ventrale del rumine così che le probabilità che attraversino l’ostio rumino reticolare aumenta.

Le particelle di foraggio con granulometria maggiore che dovessero uscire sono trattenute dal reticolo e risospinte nel rumine grazie a intense contrazioni.

La degradazione delle fibre. I foraggi dunque tendono a permanere nel rumine fin tanto che sono leggeri e digeribili. Invece hanno un’elevata probabilità di lasciarlo quando la fibra potenzialmente degradabile è digerita dai batteri e sono diventati più densi e fini. Per questo si può ritenere che la scomparsa dei foraggi dal rumine sia prevalentemente condizionata dalla velocità di degradazione delle fibre piuttosto che dalla loro granulometria.

Questa tuttavia influenza la durata della masticazione durante l’ingestione e la ruminazione. Ciò spiega perché l’impiego di foraggi dotati di fibra velocemente degradabile promuova una maggiore ingestione di alimenti diminuendo l’effetto di ingombro nel rumine.

Gli equilibri fermentativi nel rumine. Il modello digestivo fin qui descritto è un modello dinamico. Dipende dalle caratteristiche dell’animale (le bovine di maggiore taglia hanno un rumine di volume maggiore, quindi trattengono per più tempo i foraggi, e i batteri possono degradarli più intensamente), dal suo stato fisiologico, dagli equilibri fermentativi nel rumine, dalle caratteristiche intrinseche del foraggio.

In quanto al terzo di questi quattro fattori, l’equilibrio fermentativo nel rumine, il documento tecnico del consorzio del Parmigiano sottolinea che il fattore dietetico che influenza di più la digestione totale della fibra è la percentuale di foraggi presenti nella razione. Quanto più elevata è la quantità di foraggi utilizzati tanto più viene favorita l’utilizzazione della aNDFom, anche perché si crea nel rumine un equilibrio fermentativo favorevole. I batteri cellulosolitici sono sensibili a bassi valori di pH; ne deriva che se nel rumine si creano le condizioni per un forte e costante abbassamento del pH al di sotto di 5.6-5.8, ci si può attendere una flessione della digeribilità della fibra.

Le caratteristiche intrinseche del foraggio. Tra i fattori che rallentano la degradazione della fibra vengono ricordati: a) la specie botanica (le leguminose presentano in media più velocità delle graminacee); b) la velocità di crescita della pianta (le piante che crescono nei climi caldi, con molta luce e acqua, hanno una degradabilità più lenta); c) fattori stressanti come attacchi parassitari e fungini.

Le funzioni dietetiche dei foraggi

Terzo paragrafo delle linee guida: informazioni sulle funzioni dietetiche dei foraggi. I foraggi sono insostituibili nella dieta non solo per la loro composizione ma anche per la loro struttura fisica. Esempio: la masticazione. Mentre mastica la bovina produce saliva. La saliva tampona e diluisce il contenuto ruminale favorendo l’assorbimento parietale degli acidi grassi volatili; ciò comporta un’importante regolazione del pH ruminale.

La masticazione inoltra stimola la motilità ruminale e con ciò influenza la fuoriuscita delle digesta verso l’intestino, mantenendo condizioni favorevoli all’azione dei digestori della fibra.

La fibra efficace (peNDF). Nel caso ci siano apporti eccessivi di peNDF la capacità di ingestione può venire limitata. Nel caso invece di carenze, meno del 22-24% della s.s., la bovina va incontro a possibili disordini digestivi (riduzione dei tempi di ruminazione, blocchi digestivi, diarree, dislocazioni dell’abomaso…), a flessioni dei titoli lipidici del latte, a un aumento dei problemi riconducibili a un eccessivo accumulo di acidi grassi volatili nel rumine.

Qualità dei foraggi e ingestione di sostanza secca

Le linee guida approfondiscono poi il momento dell’ingestione. Maggiore è l’apporto di aNDFom, minore è l’ingestione di alimento. Questa relazione è evidente soprattutto nelle bovine nella prima fase della lattazione, quando l’appetito non è inibito dal propionato e dal glucosio.

Tale situazione in gran parte può essere associata all’effetto ingombro dato dalle frazioni lentamente degradabili e indegradabili della fibra (che peraltro sono quelle più efficaci nello stimolo della ruminazione). Un minimo apporto di queste frazioni è dunque indispensabile per limitare un eccessivo svuotamento del rumine e regolare il numero dei pasti nella giornata.

E’ quindi opportuno formulare le razioni assicurando un quantitativo minimo di fibra indegradabile e lentamente degradabile. Tale quota dovrebbe attestarsi su valori minimi del 10-12% della s.s. delle razioni per garantire le funzioni dietetiche e al contempo favorire l’ingestione di sostanza secca.

Il consumo degli alimenti è molto influenzato dalla degradabilità della fibra, fenomeno particolarmente evidente nelle prime fasi della lattazione. La somministrazione di fieni più digeribili fa dunque aumentare la capacità di ingestione, stimolando la produzione di latte.

Strategie per migliorare la qualità dei foraggi

Quinto paragrafo delle linee guida: come effettuare con efficacia le operazioni di sfalcio, raccolta, essiccazione, stoccaggio, per ottenere fieni di buona qualità. Con una premessa generale: importante raccogliere le foglie e ridurre entro il 13-14% il più rapidamente possibile il contenuto d’acqua.

Fieni di medica. Il momento migliore per lo sfalcio è quando la pianta termina la crescita e prima della fioritura. Ma questo momento si raggiunge in tempi variabili dal precedente sfalcio e sfuma molto rapidamente. Per questo è determinante avere un cantiere di fienagione che consenta di completare le operazioni di raccolta al massimo entro 3-4 giorni; se ciò non avviene sarà raccolta una maggiore quantità di foraggio ma con contenuto di proteine inferiore e con una fibra molto meno digeribile (vedi tabella 1).

Le caratteristiche delle piante di medica che in condizioni sperimentali sono state raccolte a 10, 20 e 30 giorni dal precedente sfalcio (tabella 1) hanno mostrato che il periodo ottimale per la raccolta dei foraggi di medica è quando le piante hanno mediamente un’età compresa fra le 3 e le 4 settimane. Però indagini condotte nell’area consortile hanno evidenziato come, mediamente, la raccolta dei foraggi avvenga invece molto più tardivamente, fra le 5 e le 6 settimane di età.

Fieni di graminacee e di cereali foraggeri. Anche nel caso delle graminacee è importante evitare sfalci troppo tardivi, per non penalizzare la digeribilità della fibra; la fase fenologica ottimale per la raccolta è quella di botticella.

La disponibilità di graminacee di buona qualità consente di predisporre e fornire razioni ben equilibrate e che consentono di ottenere risultati migliori rispetto a quelli che si possono ottenere con la sola medica.

Le graminacee permangono, in media, più tempo nel rumine rispetto alle leguminose; generalmente inducono un maggiore stimolo alla masticazione e ruminazione; sono perfettamente complementari alla medica per la realizzazione di razioni da Parmigiano Reggiano. Le graminacee dovrebbero essere presenti nelle razioni a coprire non meno del 30-40% della quota foraggera.

Il ruolo degli essiccatoi. I vantaggi dell’utilizzo di essiccatoi, o di impianti di disidratazione a bassa temperatura, sono:

- possibilità di raccogliere foraggi dotati di umidità elevata senza temere rischio di muffe;

- disponibilità di fieni dalle migliori caratteristiche igienico sanitarie;

- operazioni di sfalcio e fienagione più veloci, dunque possibilità di raccogliere piante più giovani;

- meno perdite di s.s. in campo, in particolare salvaguardano le foglie, che sono le parti delle piante più ricche sotto il profilo nutrizionale (tabella 2).

Conoscenza delle quantità di fieno disponibili. Di particolare utilità per realizzare piani nutrizionali precisi e costanti è la valutazione delle quantità di foraggi disponibili valutando le necessità aziendali ripartite per ciascuna categoria animale; in tal modo i fieni potranno essere impiegati razionalmente nelle razioni durante tutto il corso dell’anno.

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Foraggi – Il Parmigiano chiede di usare il fieno così - Ultima modifica: 2015-05-27T09:00:44+02:00 da Barbara Gamberini

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