Siamo nel cuore della Pianura Padana, a dieci chilometri da Cremona, per conoscere da vicino una delle più antiche cooperative lattiero-casearie del nostro paese, la Latteria Sociale Ca’ de’ Stefani, che vanta una storia lunghissima di oltre un secolo. Una storia che ci facciamo raccontare dal presidente, Libero Stradiotti, che guida la latteria dal 2008.
Allevatore da sempre, Stradiotti è titolare di una delle 22 aziende socie, la Casal Malombra, nel comune di Malagnino.
Presidente, come è nata la vostra cooperativa?
L’atto di nascita della Latteria Sociale cooperativa Ca’ de’ Stefani risale a 119 anni fa.
Correva l’anno 1900 e le motivazioni che hanno portato a costituire la cooperativa erano le stesse di ieri e di oggi: un gruppo di allevatori per gestire al meglio la raccolta e la trasformazione del latte decide di mettersi insieme attraverso la sottoscrizione di semplici statuti che stabilivano obblighi e oneri, con l’unico obiettivo di dare da subito una buona remunerazione al latte dei soci. Già in quegli anni probabilmente c’era forse quale tensione tra la parte agricola e la parte industriale, prova ne è che risale proprio agli inizi del ‘900 la nascita anche di un’altra cooperativa, sempre nel cremonese, la Latteria Soresina. Si suppone che tali prime esperienze siano scaturite sulla scorta di quanto stava accadendo in Inghilterra, paese in cui storicamente sono nate le prime cooperative.
Quanti erano i primi soci?
I primi soci erano una decina di allevatori: operavano tutti intorno a quello che poi sarebbe stato il caseificio, in un raggio di 7 chilometri al massimo, una misura che a quei tempi era in qualche modo tassativa, dal momento che i trasporti avvenivano su carro e pertanto le distanze non potevano essere troppo lontane.
Questa dimensione assolutamente locale, che oggi chiameremmo chilometro zero, conferiva una determinata tipicità al latte e ai prodotti trasformati che provenivano dal territorio degli allevatori riuniti nella cooperativa Ca’ de’ Stefani, le cui vacche erano prevalentemente le brune. Com’è noto, ciascun territorio, pur rimanendo sempre nell’area della Pianura Padana, presenta caratteristiche specifiche legate alla natura del suolo, o alla vicinanza al Po. Le coltivazioni di foraggio dell’area della nostra cooperativa sono da sempre espressione univoca della struttura dei nostri terreni.
Quali furono i primi passi della cooperativa?
Da subito la preoccupazione della cooperativa Ca’ de’ Stefani fu quella di dare garanzie ai soci: venne subito costituito un capitale sociale, per dare solidità alla struttura e anche per far fronte ad eventuali investimenti per migliorare da subito l’attività di trasformazione. Un’attività che all’inizio consisteva soprattutto nella produzione di burro, che in quei tempi valeva molto. I primi formaggi erano formaggi simili a formaggi svizzeri, tipo Emmental e paste filate (provolone), ciò che nel gergo chiamiamo ‘cacio’, la cui produzione era già in uso ai tempi nella bassa Lombardia.
Com’è cresciuta la vostra cooperativa?
Negli anni la cooperativa è progredita e gli impianti si sono via via adeguati e migliorati. Nei verbali delle assemblee cominciarono a comparire produzioni di “reggiano”, che era di fatto l’attuale Grana Padano, anche se non era stata ancora identificata la Dop.
Il nome di reggiano è dovuto al fatto che i primi casari impiegati alla Ca’ De’ Stefani erano originari dalla zona reggiana, oppure da zone in cui era diffusa la formazione casearia svizzera. La Svizzera deteneva in quegli anni le prime ricerche in campo microbiologico e chi voleva avere un’istruzione approfondita sulla trasformazione del latte si recava in Svizzera per approfondire meglio le tecniche produttive.
Qual è stato il punto di svolta della latteria?
Direi che l’impronta decisiva alla cooperativa, che l’ha portata ad essere quella che è oggi, è stata la crisi del 2009. Di fronte a quel momento di crisi generalizzata, sono stati chiamati a raccolta tutti i soci ed è stato messo a punto un vero e proprio piano industriale di ammodernamento. Sono arrivati così gli affioratori di ultima generazione e un generale miglioramento della sala grana, con l’introduzione di automazioni del trasporto dei fagotti, per la calata nelle caldaie del latte e per il sieroinnesto automatizzato. Da lì è iniziato un percorso virtuoso. Ca’ de’ Stefani ha pagato un po’ dazio nel 2009 e nell’anno successivo, poi sempre grazie all’appoggio dei soci, siamo riusciti a realizzare altri miglioramenti - la sala della raccolta della panna, le saline, persino un concentratore di siero - continuando nello stesso tempo ad investire aumentando via via il capitale sociale.
Qual è attualmente la base associativa?
I soci attualmente sono 21 – più un socio sovventore, la Latteria Pizzighettonese, partecipe dell’attività di concentrazione del siero – per un totale di 24 stalle, operanti tutti nel territorio intorno alla cooperativa, esattamente come un secolo fa.
Oggi gli allevamenti sono insediati in un raggio di massimo una quindicina di chilometri rispetto alla sede della latteria. C’è da dire che storicamente siamo arrivati ad avere fino a 90 soci negli anni ’50, dal momento che la cooperativa era in certi momenti assai attrattiva per gli allevamenti. Il numero dei soci poi si è ridotto fino agli attuali 22 non solo per via di un fisiologico cambio generazionale, ma anche perché abbiamo sempre posto maggiore attenzione nell’accettare nuovi soci. Crediamo fortemente che occorreva, e occorre sempre di più, un’impostazione manageriale da parte dell’allevatore associato, che deve avere abilità sempre più affinate e avere la lungimiranza di fare nella stalle adeguati investimenti e innovazioni.
Oggi quanto fattura la cooperativa?
La latteria Ca’ de’ Stefani fattura all’incirca 35 milioni di euro e lavora attualmente 570 mila quintali di latte, tutto proveniente da soci. La nostra filosofia è da 119 anni quella di lavorare solo il latte raccolto dai soci, senza acquistare latte da altre stalle. La produzione della latteria è così ripartita: 80% Grana Padano Dop e 20% Provolone Val Padana. Produciamo complessivamente 80 mila forme di Grana padano in un anno e lavoriamo 400 quintali al giorno di latte per provolone Valpadana, per un totale di 1.200 quintali all’anno.
Fate export?
Il nostro mercato di riferimento è l’Italia. Il fatturato all’estero ha oggi una quota minimale, pari al 5-6%: commercializziamo soprattutto in Germania, Usa, Spagna e Francia, ma abbiamo clienti, anche se per quantità inferiori, anche in Giappone e Australia. La Spagna è il primo paese per il consumo del Provolone Valpadana.
Quali sono i vostri canali di vendita in Italia?
Cominciamo dal più vicino: abbiamo uno spaccio aziendale, posto proprio di fronte alla cooperativa, che commercializza tutti i prodotti della latteria. Vendiamo poi in tutta Italia attraverso agenti. Abbiamo preso la decisione di non affrontare il discorso della grande distribuzione perché lo riteniamo penalizzante.
I vostri prodotti non arrivano alla grande distribuzione?
Non direttamente. Noi vendiamo la stragrande maggioranza della nostra produzione, circa l’85%, “in partita”, quindi forme intere vendute a commercianti che a loro volta hanno al loro interno un confezionamento molto sofisticato per dare risposte alle esigenze dei consumatori e della grande distribuzione. All’interno della nostra struttura c’è un piccolo centro di confezionamento che ci consente di servire commercialmente il cliente finale fino a porzioni da un chilo, che è la nostra porzione più piccola. Dal momento che evitiamo i costi delle porzionature e del confezionamento, a conti fatti la vendita in partita ci permette di realizzare lo stesso ricavato che si potrebbe realizzare con la grande distribuzione.
E sul fronte del benessere animale?
Abbiamo iniziato quest’anno il progetto Crenba, avviato all’interno del Consorzio Grana Padano, che ha l’obiettivo di valutare il benessere animale delle varie stalle sulla base della superficie che ogni animale ha a disposizione, delle condizioni di riposo, di ventilazione, di abbeverata.
Tutto ciò che potrebbe creare stress all’animale viene eliminato per metterlo nelle condizioni migliori (riposo, ambiente, ventilazione, ecc.) per produrre latte. Viene anche valutato un parametro quale la biosicurezza, per verificare che nelle stalle non ci siano interferenze durante l’ingresso di mezzi di trasporto (ad esempio quando vengono a caricare gli animali) per evitare trasmissioni di malattie. Proprio in questi giorni abbiamo fatto già un ulteriore passo in avanti con una iniziativa in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico di Brescia per misurare l’utilizzo di medicinali per gli animali secondo Classyfarm.
Cosa avete in programma per il futuro della latteria?
Attualmente stiamo costruendo un magazzino per 55 mila forme di grana che sarà terminato a giugno 2020. Un intervento che si è reso necessario perché la nostra produzione è superiore alla capacità del vecchio magazzino.
Possiamo concludere che la cooperativa da lei presieduta sia proprio una cooperativa felice?
Be’, direi di sì! La Ca’ de’ Stefani ha un rapporto privilegiato con le banche, dalle quali è poco dipendente. La qualità delle nostre produzioni ci viene riconosciuta da più parti. Il livello di remunerazione dei nostri soci è assolutamente soddisfacente. l
La scheda della Latteria Sociale Cooperativa Ca’ de’ Stefani
Anno di costituzione: 1900.
Numero di allevatori soci: 21 (24 stalle).
Raccolta media: 570 mila quintali di latte, tutti provenienti dai soci.
Dipendenti: 48, distribuiti tra le maggiori lavorazioni: il Grana Padano, il Provolone, la scrematrice, il concentratore del siero, spaccio aziendale e uffici.
Stabilimento produttivo: Vescovato (Cremona).
Fatturato: 35 milioni di euro.
Presidente: Libero Stradiotti, che è anche presidente del Consorzio Provolone Valpadana.
Vice presidente: Gian Paolo Mazzolari.
Direttore: Giorgio Pirini.
Responsabile amministrativa: Luisa Macalli.
Sito internet: www.latteriacadestefani.it
Facebook: Latteria Ca’ de’ Stefani
Instagram: latteriacadestefani
Le 21 Cooperative di “Verde Latte Rosso”
Questo è il quarto articolo che IZ dedica alle cooperative lattiero-casearie riunite nell’Alleanza Cooperative Agroalimentari che hanno promosso e finanziato la campagna di comunicazione Verde Latte Rosso, con l’obiettivo di raccontare l’eccellenza del latte italiano e delle sue produzioni di qualità.
Nei tre numeri scorsi dell’Informatore Zootecnico sono stati pubblicati report sulla Latterie Plac di Cremona, sulla TreValli Cooperlat di Jesi e su Arborea. Ora è la volta di Ca’ de’ Stefani, e seguiranno gli altri articoli monografici.
Ecco l’elenco completo delle cooperative (l’ordine di pubblicazione potrebbe variare).
Plac Fattorie Cremona
TreValli Cooperlat
Latte Arborea
Ca’ De’ Stefani
Consorzio Provinciale Zootecnico e lattiero-caseario
Granarolo
Latte Maremma
Lattebusche
Latterie Vicentine
Parmareggio
Pennar di Asiago
Piemonte Latte
San Donato
Sant’Andrea
Santangiolina
Soligo
Soresina
Trentingrana
Valsabbino
Venchiaredo
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