L’adattamento del bovino da ristallo presenta numerosissime criticità, trattandosi di un cambiamento radicale rispetto alle condizioni di allevamento cui era stato sottoposto l’animale fino a quel momento. Il vitello da ristallo, infatti, dopo numerosi eventi stressanti quali distacco dalla madre, interazione con l’uomo, primo trasporto verso un centro di raccolta, rimescolamento con soggetti provenienti da mandrie differenti, restrizione alimentare e ulteriore trasporto di lunga durata, all’arrivo nell’allevamento da ingrasso viene ulteriormente sottoposto a manipolazione, introdotto in un ambiente a lui estraneo e alimentato con una dieta differente.
La sommatoria di questi eventi predispone a dismetabolie, scarsa assunzione di alimento e all’insorgenza di fenomeni patologici.
Da un punto di vista operativo, l’obiettivo durante la fase di adattamento è appunto quello di ottenere una transizione quanto più rapida e completa possibile alle nuove condizioni, al fine di massimizzare le performance di crescita e contenere l’incidenza di patologie. Il raggiungimento di tali obiettivi passa anche attraverso una corretta gestione nutrizionale, mirata a ripristinare rapidamente una ottimale funzionalità ruminale e a stimolare la risposta immunitaria.
Ripristinare la funzionalità ruminale
Il rumine, come noto, è un fermentatore e pertanto efficienza e funzionalità risultano massime in presenza di un substrato ottimamente bilanciato e con caratteristiche costanti, condizione diametralmente opposta a quanto accade al bovino da ristallo. Si consideri infatti che in poche settimane passa da una dieta a basso livello nutritivo (talvolta unicamente fieno e/o pascolo) nel paese di origine e nel centro di raccolta, ad una fase di restrizione idrica e alimentare durante la movimentazione e, di lì a poco, ad una dieta da ingrasso caratterizzata da elevati livelli nutritivi.
A ciò si aggiunge il fatto che poco conosciamo circa la gestione nutrizionale prima dell’arrivo in Italia. Se si considera che la dimensione media di un allevamento di linea vacca-vitello francese è di circa 35 vacche e che 45% circa degli stessi possiede meno di 20 vacche nutrici (Perrot, 2010), emerge chiaramente come all’interno di una stessa partita di animali vi sia una estrema disomogeneità per quanto concerne la gestione nutrizionale dalla nascita all’arrivo presso il centro di raccolta.
Qualora fosse possibile interagire con i fornitori di animali da ristallo, dati di campo dimostrano come la somministrazione di un mangime specificatamente formulato fino al momento precedente al trasporto abbia fatto registrare una minore morbilità e gravità delle manifestazioni di patologia respiratoria, con conseguente riduzione della mortalità, nonostante il maggior calo peso rispetto a soggetti non alimentati, calo peso dovuto però allo svuotamento del tratto gastro-enterico e non ad un calo metabolico (Tab. 1; Sgoifo Rossi, 2006).
Se poco è dato conoscere circa la gestione nutrizionale nell’allevamento di origine, anche se la conoscenza di questo ed altri aspetti che precedono l’invio in Italia sarebbe necessaria, è invece certo come la fase di movimentazione e la conseguente restrizione alimentare, unita a stati stressogeni e/o patologici e alla necessità di adattarsi alle nuove condizioni di allevamento, impattino in maniera estremamente negativa sulla funzionalità ruminale.
Cole e Hutcheson (1981) riscontrarono infatti che 48 ore di restrizione idrica ed alimentare riducono la capacità fermentativa ruminale fino al 75% e dopo 5 giorni di piena alimentazione l’assunzione rimane comunque inferiore rispetto ai valori registrati prima della restrizione. Tale risultato è da ascriversi alla riduzione di volume, frequenza e durata delle contrazioni ruminali, alla minore motilità e turnover dello stesso, nonché ad alterazioni della flora microbica (Fluharty et al., 1996; Loerch and Fluharty, 1999). Questi eventi, uniti a stati patologici, determinano una ridotta assunzione di alimento negli animali di nuovo arrivo (Tab. 2 e 3).
Un livello energetico moderato
Al fine di ripristinare nel più breve tempo possibile la funzionalità ruminale risulta necessario somministrare alimenti ad elevata digeribilità, evitando nel contempo una concentrazione energetica troppo elevata, soprattutto se ottenuta mediante l’utilizzo di materie prime caratterizzate da elevata fermentescibilità ruminale dell’amido.
Infatti, prima dell’invio presso i centri di ingrasso i vitelli da ristallo sono stati alimentati in prevalenza con diete ad elevato apporto fibroso, questo, unito alla protratta restrizione idrica ed alimentare, determina la presenza di una microflora ruminale certamente inadatta alla metabolizzazione di carboidrati altamente fermentescibili.
Un loro apporto eccessivo determinerà pertanto condizioni di acidosi, tra le cui conseguenze vi è un aumento del rilascio di endotossine (lipopolisaccaridi in prevalenza) derivanti dalla morte dei batteri ruminali, per lo più gram negativi (Nagaraja, 2007), aspetto che va ad aggravare uno stato stressogeno e/o patologico diffuso. Lofgreen (1983) riscontrò infatti un aumento di prevalenza e gravità di patologia respiratoria incrementando l’inclusione di un concentrato a base di carboidrati altamente fermentescibili dal 25% al 75%.
Pertanto, come emerge anche dai dati riportati nella revisione bibliografica di Duff e Galyean (2007), è consigliabile fornire un livello energetico moderato, onde sostenere accrescimento e funzionalità immunitaria, evitando nel contempo eccessi energetici o di carboidrati altamente fermentescibili. Con l’obiettivo di ripristinare il bilancio energetico positivo, stimolando inoltre l’assunzione di alimento, possono essere favorevolmente impiegati grassi by-pass ad elevata appetibilità, sostanze glucoplastiche (glicole propilenico, glicerolo) e vitamine ad azione antilipolitica (niacina).
Polpe di bietola, fieni, lieviti, acqua
Alimenti caratterizzati da elevata degradabilità della frazione fibrosa come polpe di bietola e fieni di buona qualità, non eccessivamente lignificati ma con buona struttura e lasciati a disposizione per il periodo iniziale in abbinamento alla dieta di adattamento, sono ideali per garantire un rapido ripristino della funzionalità ruminale.
Utile ausilio è rappresentato inoltre dalla somministrazione di lieviti vivi. È stato dimostrato come ceppi di lieviti vivi selezionati siano in grado di stabilizzare il pH ruminale, promuovere un aumento della numerosità ed una maggiore attività di batteri cellulosolitici e emicellulosolitici, implementare la biosintesi di proteina microbica e l’attività fungina, assorbire sostanze tossiche e promuovere condizioni di anaerobiosi. Tali attività si traducono in una stabilizzazione dell’ambiente ruminale e in un incremento dell’assunzione di alimento e della digeribilità della dieta (Chaucheyras-Durand et al., 2008).
Al fine di ottenere un pronto rispristino della funzionalità ruminale non deve essere trascurato il ruolo dell’acqua, elemento vitale oltre che per il bovino, anche per la microflora simbionte. A titolo esemplificativo si ricorda che il National Research Council statunitense stima in 66 litri al giorno la necessità idrica di un bovino del peso di 364 kg esposto a temperature tipiche del periodo estivo (NRC, 2000); e la presenza di abbeveratoi facilmente fruibili (come quelli a livello), puliti e pienamente funzionanti è fondamentale per promuovere la massima assunzione di alimento e un elevato stato di benessere.
Stimolare le difese immunitarie
La gestione nutrizionale è in grado di condizionare in maniera significativa anche l’attività immunitaria dell’animale, aspetto ovviamente fondamentale considerato come lo stress associato alla movimentazione e all’adattamento rappresenti il principale fattore predisponente la patologia respiratoria.
Galyean et al. (1999) riportano come la morbilità sia risultata minima somministrando una dieta di adattamento con un livello proteico moderato (Fig. 1), non superiore al 13%, anche se l’esatta relazione tra livello proteico della dieta e morbilità rimane ancora da elucidare (Duff e Galyean, 2007).
In condizione di stress e ipofunzionalità ruminale si assiste inoltre ad un aumento del fabbisogno minerale e vitaminico a seguito della minore sintesi ruminare di vitamine idrosolubili, l’aumentata escrezione renale di oligoelementi e la riduzione dell’assorbimento intestinale di minerali e vitamine, a cui si unisce un maggiore fabbisogno di micronutrienti al fine di promuovere una migliore risposta immunitaria. In tale contesto si sottolinea pertanto la necessità di fornire un integratore minerale e vitaminico specificatamente formulato, prevedendo l’inclusione di nutrienti con azione immunostimolante quali calcio, microelementi ad azione immunostimolante come zinco, rame e selenio possibilmente in forma organica (caratterizzata da maggiore biodisponibilità e possibilità di stoccaggio e mobilizzazione in condizioni di necessità) e vitamina E.
Stante l’ipofunzionalità ruminale, un’integrazione specifica con vitamine del gruppo B è inoltre consigliabile (Tab. 4).
Quanto esposto risulta valido anche in condizione di stati patologici, difatti prevedere un’integrazione specifica a base di sostanze ad azione immunostimolante e ad elevata digeribilità risulta particolarmente utile per soggetti affetti da patologia e ricoverati in box infermeria.
Sgoifo Rossi et al. (1997) riscontrarono infatti una riduzione del tempo necessario per il recupero, del tasso di ricadute, della mortalità e della necessità di macellazioni di convenienza ed un aumento del tasso di guarigione e dell’assunzione di alimento a seguito della somministrazione orale individuale per 5 giorni di un integratore liquido contenente vitamina B1, vitamina PP, colina, glicole propilenico, sodio propionato, acido pantotenico, inositolo, betaina e aminoacidi essenziali ad animali affetti da patologia respiratoria ed isolati in box infermeria (Tab. 5; Fig. 2).
Gli autori sono dell’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare.
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