Di Giuseppe Fugaro
Questa volta l’attacco alla zootecnica da carne è venuto dalla massima autorità mondiale della sanità attraverso la divulgazione dei risultati dell’indagine svolta dall'International Agency for Research on Cancer (Iarc) di Lione in Francia dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha affermato che le carni rosse lavorate come i wurstel «sono cancerogene», e vanno inserite nel gruppo 1 delle sostanze che causano il cancro. Gli esperti hanno calcato la mano precisando che la pericolosità della carne rossa lavorata è al livello più alto come il fumo e il benzene che si trovano nello stesso gruppo uno.
Visto che sui pacchetti di sigarette campeggia per legge, la scritta che ricorda i pericoli gravissimi che corrono i fumatori, non è da escludere che qualcuno possa avanzare una richiesta legislativa per informare i consumatori, magari con menzioni sulle etichette, sulla pericolosità del consumo di tali carni.
D’altra parte il timore che i consumatori possano essere presi dal panico di essere esposti senza alcuna tutela al pericolo di ammalarsi di cancro mangiando salumi e wurstel non è infondato in quanto in passato abbiamo vissuto analoghe situazioni come quelle della mucca pazza e dell’influenza aviaria.
La notizia dell’Istituto di ricerca Francese si è diffusa nella mattina di Lunedi 26 ottobre 2015 e già dopo solo tre ore era stata ripresa e commentata da tutti i siti internet di news, oltre che dalle radio e televisioni a diffusione nazionale e locale in una sorta di tam tam mediatico.
I casi del passato, come mucca pazza e l’influenza aviaria ed anche la carne di cavallo utilizzata per le lasagne alla bolognese, hanno avuto subito come conseguenza una caduta dei consumi della carne e quindi l’immediata crisi del settore con successive richieste d’interventi pubblici di sostegno. I prodotti agricoli e agroalimentari e soprattutto quelli come la carne e i prodotti trasformati a base di carne non possono essere stoccati in attesa di tempi migliori per la loro commercializzazione, né tanto meno è possibile fermare le produzione come avviene per i prodotti industriali.
Immediatamente do la diffusione della notizia sulla pericolosità della carne è iniziata anche la controinformazione per dimostrare che la pericolosità è sempre legata alle modalità di consumo soprattutto in termini di quantità e che non esiste un nesso diretto tra consumo di carne e insorgere del cancro. Da parte di alcuni è stato fatto anche notare che la classificazione effettuata dagli esperti francesi dell’Organizzazione mondiale della sanità è avvenuta su ricerche mondiali datate e che possono ritenersi superate da studi più recenti, nella speranza di tranquillizzare i consumatori che come prima reazione potrebbero disertare le macellerie e le salumerie almeno per qualche giorno prima che i morsi della fame di carne rossa e salumi prendano il sopravento sulla ragionevolezza e sulla paura.
Purtroppo, e ancora una volta, non si valutano i costi/benefici tra un’azione di prevenzione nella cura del tumore e la crisi cui potrebbe andare incontro il settore dell’allevamento, quella dell’industria salumiera, e della distribuzione.
La decisione è stata presa, si legge nel documento diffuso dall’Istituto di ricerca e pubblicato nella rivista scientifica Lancet, dopo aver revisionato tutti gli studi in letteratura sul tema. «Il gruppo di lavoro ha classificato il consumo di carne lavorata nel gruppo 1 in base a una evidenza sufficiente per il tumore colorettale. Inoltre è stata trovata una associazione tra consumo e tumore allo stomaco. La possibilità di errore non può invece essere esclusa con lo stesso grado di confidenza per il consumo di carne rossa».
Le carni lavorate, come gli insaccati, sono nel gruppo di rischio cancro nel quale entrano sostanze come alcol, fumo, benzene, naftalina, ma anche farmaci come la ciclosporina. L’Oms, che stila la lista, le ha infatti inserite nel Gruppo 1, che contiene i carcinogeni umani certi e comprende oltre 115 sostanze. «Il gruppo di lavoro, che ha esaminato 800 studi, - si legge nell’articolo dell’agenzia tumori dell’Oms pubblicato su Lancet - ha classificato il consumo di carne lavorata come "cancerogena per esseri umani" (Gruppo 1) sulla base di sufficienti evidenze per il cancro al colon-retto». Mentre il consumo di carne rossa è stato inserito nel «Gruppo 2A, perché associata al cancro al colon-retto, al pancreas e alla prostata». Il Gruppo 2A comprende cancerogeni «probabili per l’uomo», e conta al momento circa 70 agenti. Le carni lavorate, spiega la ricerca dell’Oms, includono le carni che sono state trasformate «attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione». La maggior parte delle carni lavorate contiene maiale o manzo, ma le carni lavorate possono anche contenere altri tipi di carni rosse, pollame, frattaglie o prodotti derivati dalla carne come il sangue.
La decisione della International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell'Oms di inserire carni lavorate e carni rosse nella lista delle sostanze cancerogene, ha subito commentato Carmine Pinto, presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), “è un invito a tornare alla dieta mediterranea che ha dimostrato invece di poter diminuire il rischio di tumore. La Iarc conferma dati che conoscevamo da tempo, ovvero che la presenza di conservanti o di prodotti di combustione in questi alimenti è legata ad alcuni tipi di tumore. Per quanto riguarda le carni rosse è una questione di modalità e di quantità, non esiste una 'soglia di esposizione' oltre la quale ci si ammala sicuramente. Il messaggio che dobbiamo dare è che la carne rossa va consumata nella dovuta modalità, una o due volte a settimana al massimo”.