Il 78% degli italiani teme la perdita di potere di acquisto, mentre per il 55% la priorità è contenere il prezzo dell’energia. E l’85% dice no alla carne sintetica.
Sono alcuni dei risultati del rapporto Censis-Assica-Unaitalia “Per il buon uso del recovery fund nel rilancio delle filiere della carne”, presentato alla sala Stampa Estera a Roma. La crisi ucraina, la crescita dei costi di produzione, a partire da quelli della fase zootecnica che nei primi due mesi del 2022 registrano un +12,2%, stanno mettendo a dura prova il settore zootecnico.
Unitalia e Assica, che appoggiano il ministro Patuanelli sulla proposta di posticipare di un anno la data di entrata in vigore della nuova Pac, perché non tiene conto di questo scenario mutato, chiedono alle istituzioni sostegno e garanzie. «Il settore rischia di dover ridimensionare attività e occupati se dovesse innescarsi una brusca riduzione dei consumi – affermano –. Dobbiamo evitare che l’inflazione, a marzo +6,7% su base annua – stime Istat –, e i costi della transizione si ripercuotano sui consumatori che, come emerge dal rapporto Censis, sentono già minacciato dalle emergenze il proprio potere di acquisto. Occorre stringere i tempi e attuare interventi di emergenza per sostenere i consumi e alleggerire i costi di produzione, salvaguardando la marginalità delle imprese».
Sostenibilità sì, ma non a tutti i costi
Dal rapporto del Censis, che certifica le reali aspettative dei consumatori alla luce degli effetti economici e sociali delle emergenze e della crescente centralità della sostenibilità ambientale, emerge che la maggioranza degli italiani sia attento alla sostenibilità purché senza maggiori costi.
Nello specifico, il 94,5% ritiene necessario dare primariamente attenzione alla sostenibilità sociale ampiamente intesa, come benessere delle persone e condizioni dei lavoratori. Mentre per il 63,6% prima di passare alle energie verdi e rinnovabili occorre valutarne il costo per imprese e famiglie.
«Le filiere della carne vogliono e devono essere parte integrante della transizione ecologica e le associazioni che rappresentiamo lavorano sempre più in collaborazione per favorire tutte le sinergie utili in questa delicata fase storica. Quella della sostenibilità è una strada già intrapresa da tempo dai nostri comparti e su cui ad oggi le aziende associate hanno già effettuato ingenti investimenti con fondi privati. Abbiamo bisogno che le istituzioni ci aiutino a garantire cibo per tutti, a prezzi sostenibili, con minore impatto ambientale.
Forlini: la Ue non imponga misure miopi
Per il presidente di Unaitalia, Antonio Forlini occorre una seria e approfondita valutazione dell’impatto della strategia From Farm to Fork, che secondo alcuni studi internazionali provocherebbe un crollo della produzione alimentare Ue fino al 25% e un’ulteriore esplosione dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità.
«È fondamentale – incalza Forlini – che l’Unione Europea non imponga misure miopi che mettano a rischio produzioni come quella delle carni avicole che oggi risultano le più consumate dagli italiani e in Europa. Riducendo la produzione rischiamo di provocare un danno a un settore totalmente Made in Italy e autosufficiente al 107,5%, in un momento in cui occorre invece rafforzare la sovranità alimentare europea e salvaguardarsi dall’import da Paesi terzi che non hanno i nostri standard in tema di benessere animale e sicurezza alimentare».
Censis: gli italiani consumano la carne perché fa bene
Il rapporto Censis evidenzia come le reiterate campagne denigratorie sulla carne non incidono sul consumo: l’82,5% dichiara che la giusta quantità di carne bianca e rossa è componente fondamentale di una buona dieta.
Il 96,5% dei cittadini afferma di mangiare carne, di questi il 45,9% la consuma regolarmente. Gli italiani sono inoltre consapevoli che la filiera della carne si è evoluta e modernizzata: nessuno è convinto di mangiar carne con le stesse caratteristiche di quella di 30 anni fa.
A sorpresa, a consumare con regolarità carne sono soprattutto i giovani (62,8%), con quota più alta di quella di anziani (30%) e adulti tra i 35 e il 64 anni (47,7%).
Il 64,9% non si fa condizionare da eventuali informazioni negative o fake news sul tema. «La reiterazione incessante di semplificazioni e infondatezze su produzione e consumo di carne – afferma il dg Censis Massimiliano Valerii – non fa breccia nel corpo sociale, e ne sono più impermeabili i giovani (67,9%) e i laureati (67,3%). Di fatto, la maggioranza degli italiani si è formata una propria idea sulla produzione e consumo di carne che resiste ai condizionamenti esterni ed alla proliferazione di informazioni negative».
Così, continua Valerii, «il 61,3% è contrario all’idea che si debba smettere di produrre carne e chiudere gli allevamenti perché così si salverebbe il pianeta dal riscaldamento globale: il 30,6% la considera una delle tante fake news che circolano sul settore e per un ulteriore 30,7% è una minaccia perché si colpisce un intero settore e un alimento importante. Solo il 25% ritiene veritiero il nesso tra allevamenti e produzione di carne e riscaldamento globale, mentre il 13,7% non ha una opinione precisa in merito».
No netto degli intervistati alle presunte alternative. Per il 79,9% degli italiani la carne fatta con prodotti vegetali non può essere considerata carne. E l’85,6% dichiara di non volere cibi fatti in laboratorio.
Lenti, Assica: convocare tavolo di filiera, con la gdo
La guerra ha peggiorato una condizione per le imprese già emergenziale: l’aumento dei costi di produzione di tutti gli anelli della filiera, aggravato dalle difficoltà di approvvigionamento, rischia di far lievitare una pericolosa spirale inflattiva, dichiara il presidente di Assica Ruggero Lenti.
A questo si aggiungono la minaccia della Psa, malattia dei suini che espone a rischio gli allevamenti e compromette l’export verso Paesi terzi, “e la scarsa chiarezza sull’applicazione del nuovo DLgs in materia di pratiche sleali, che rischia di reintrodurre dalla finestra le cattive abitudini di pagamento che tanto faticosamente erano state allontanate con l’articolo 62, aggiungendo ulteriori oneri finanziari alla già difficile situazione economica delle aziende”.
“Mai come oggi appare dunque prioritaria la convocazione del tavolo di filiera suinicola che coinvolga rappresentanti del mondo mangimistico e della Gdo, già richiesto l’11 marzo scorso e sul quale attendiamo rassicurazioni dal ministro Patuanelli”.