La carne bovina resta un ingrediente essenziale della dieta dei mantovani, che non solo la acquistano prevalentemente in macelleria, ma che della fettina vogliono sapere tutto (sia quando è la portata principale che quando rappresenta un ingrediente di altre preparazioni). La carne rossa, inoltre, è scagionata dalle accuse di incidere sui fenomeni ambientali.
È questo, in sintesi, il quadro che emerge dal progetto di ricerca “Il consumatore di carne: aspettative e stili di consumo”, condotto dalla professoressa Debora Viviani, ricercatrice di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università di Verona, sulla base di 342 questionari compilati durante il 1° Festival della Carne Rossa Lombarda di Castel Goffredo, organizzato lo scorso 16 settembre dal Consorzio Lombardo Produttori di Carne Bovina.
“Il sentiment e la visione dei consumatori e delle famiglie rappresentano una chiave di lettura particolarmente utile per gli allevatori e la filiera della carne – dichiara Primo Cortelazzi, presidente del Consorzio Lombardo Produttori Carne Bovina – anche alla luce della campagna di comunicazione che è stata decisa al Tavolo Carne convocato lunedì scorso a Milano da Regione Lombardia e che definiremo più dettagliatamente nelle prossime settimane per promuovere la carne italiana, la tracciabilità, la sostenibilità di un prodotto che non può non trovare spazio all’interno di una dieta alimentare sana e bilanciata”.
Il profilo degli intervistati
I 342 partecipanti alla ricerca sono suddivisi in modo abbastanza omogeneo: il 53,5% è rappresentato dalle donne, mentre il 46,5% dagli uomini. Rispetto all’età, circa la metà del campione (134 soggetti) si colloca in un range di età compreso tra i 41 e 55 anni (44,4%), mentre il 22,2% è rappresentato dagli intervistati di età 56-70 anni e il 20,2% dai soggetti con età 26-40 anni. Il range di età meno rappresentato è quello degli intervistati con età minore ai 25 anni (7,9%) e con età superiore ai 71 anni (5,3 per cento).
Le famiglie più rappresentate all’interno del campione sono quelle composte da 4 persone (intervistato compreso), che sono 121 (il 35,7% del totale). Il 24,7% sono formate da tre soggetti e il 22,6% sono formate da due persone.
Il 55% degli intervistati è residente in provincia di Mantova e il 35,6% in provincia di Brescia e, sul piano regionale, 325 su 342 sono lombardi.
Nonostante una diffusa ostilità da parte di una frangia chiassosa dell’opinione pubblica verso la carne bovina, talvolta sfociante in periodiche campagne di disinformazione, il consumo di carne rossa tiene. “Un segnale che trasmette speranza al sistema allevatoriale – commenta Cortelazzi – e che potrebbe indicare che forse è stato raggiunto il punto più basso del consumo di carne rossa, dopo anni di contrazione”. I risultati del questionario dicono, infatti, che il 68% del campione dichiara di aver mantenuto uguale a prima il consumo di carne dell’ultimo anno, con l’11,85% che lo ha aumentato e il 20,2% che negli ultimi 12 mesi lo ha diminuito.
“È molto probabile che tale diminuzione sia legata alla crisi economica e all’aumento dell’inflazione, che nell’ultimo anno ha messo sotto pressione le famiglie italiane, con la conseguenza di una rarefazione negli acquisti di carne rossa”, analizza la professoressa Viviani.
La macelleria vince
Quanto al canale di acquisto, non ci sono dubbi, vince la competenza di chi può consigliare tagli più adatti alle diverse soluzioni, suggerire preparazioni sfiziose, cotture rapide o più elaborate.
Il questionario evidenzia, infatti, che la carne consumata in famiglia è acquistata soprattutto in macelleria, addirittura per sette consumatori su 10 (69,2% del campione). Segue (20,4%) l’acquisto di carne nella grande distribuzione, mentre l’8,1% dichiara di rivolgersi al mercato contadino.
La tracciabilità (anche quando la carne è un ingrediente)
In quasi tutti i casi il consumatore vuole conoscere cosa acquista, tanto che la tracciabilità è considerata un’informazione irrinunciabile per il consumatore, sia che si tratti di informazioni in generale sia nel caso in cui la carne rossa rappresenti un ingrediente del piatto che si deve consumare.
Nel primo caso, il campione assegna valori molto alti all’importanza della tracciabilità l’89,8%, con quasi 6 consumatori su 10 (il 59,2% del campione) che indicano il valore massimo (valore 10 nella scala da 1 a 10).
Allo stesso modo, la tracciabilità è importante anche nel caso in cui la carne rossa sia un ingrediente usato per preparare un piatto, come nel caso dei “mantovanissimi” agnolini. Ha, infatti, molta/moltissima importanza per il 90,2% degli intervistati, che si posiziona su valori compresi fra 7 e 10 e con il 49,7% degli intervistati che barra il valore massimo 10.
“Due elementi dell’indagine appaiono strettamente connessi – spiega la professoressa Viviani -: l’esigenza molto marcata di tracciabilità e l’acquisto per lo più in macelleria. Sono due elementi che, insieme, ci dicono che il consumatore, nel momento in cui acquista la carne, manifesta la necessità di avere maggiore sicurezza, più informazioni e garanzie rispetto a un prodotto che evidentemente è considerato ancora molto importante all’interno della dieta alimentare. La carne rossa, in altre parole, è un prodotto che spinge chi la acquista a ricercare un rapporto diretto, un dialogo con chi la vende, proprio perché è un prodotto che non è una commodity, ma ha una propria specifica identità”.
Una conferma che si manifesta parallelamente con l’esigenza di una tracciabilità completa, aggiunge la professoressa Viviani, “proprio per il fatto che il consumatore ritiene che la carne abbia forti implicazioni con il gusto, l’identità stessa del pasto e che sia un prodotto che più di altri vada ad incidere sullo stato di salute, variabile quest’ultima considerata estremamente importante”.
Carne rossa e impatto ambientale
Relativamente al legame con alcuni fenomeni ambientali come ad esempio l’effetto serra, l’eccessivo consumo idrico, elementi che spesso sono artatamente collegati alla zootecnia, il campione intervistato riserva sorprese.
Gli intervistati si collocano con percentuali molto simili ai due poli opposti: il 44,6% (n.147) assegna valori compresi fra 1 e 4 (per nulla/poco) e il 31,7% (n.104) assegna valori 7-10 (molto/moltissimo). È dunque maggiore la percentuale di chi ritiene il consumo di carne rossa non incida, o incida poco, su alcuni fenomeni ambientali.
E quasi 1 su 5 (19,1%) ritiene che questa relazione zootecnia/impatto ambientale non esista e assegna valore 1 (valore minimo) a tale rapporto.