La richiesta alle istituzioni del presidente di Unaitalia Antonio Forlini in occasione dell’assemblea nazionale dell’unione: «Non possiamo continuare a dipendere dagli studi di centri di ricerca e università del nord Europa che si ispirano a modelli diversi dal nostro».
«Vorremmo chiedere alle istituzioni, in particolare al Masaf e al ministero della Salute, di farsi capofila nell’attivazione di un polo di ricerca del mondo avicolo italiano. Perché troppo spesso le regole e gli indirizzi europei vengono dati da Istituti di ricerca, Università, aggregazioni del Nord Europa che spesso non ci riguardano perché troppo lontani dalle nostre modalità produttive e dal nostro modello agroalimentare mediterraneo. Dobbiamo quindi fare sistema e mettere a fattor comune le eccellenze di questo settore per disegnare il modo migliore di produrre l’avicoltura dei prossimi anni».
È la richiesta che il presidente di Unaitalia ha lanciato dal palco dell’assemblea nazionale dell’unione a Roma.
Il presidente, manifestando preoccupazione per l’evoluzione del quadro regolatorio europeo, ha aggiunto: «Le recenti esperienze sui dossier strategici per il settore, in particolare il pacchetto di riforma delle regole sul benessere animale, della direttiva emissioni industriali e di quella sugli imballaggi, ci insegnano che dobbiamo valorizzare le nostre eccellenze anche in campo scientifico. Dobbiamo attivare una rete unica tra Istituti zooprofilattici, che sono un unicum italiano, università e centri di ricerca che ne coordinino il lavoro per essere più visibili e competitivi nelle sedi che definiscono le policy europee».
«L’ipertrofia regolatoria a cui assistiamo – ha incalzato Forlini – rischia di mettere fuori gioco le nostre produzioni caricandole di maggiori costi e riducendone l’efficienza, senza che sia stata fatta una valutazione cumulativa degli impatti. Il cambiamento è possibile e duraturo se è guidato dalla scienza e mediato dal settore chiamato a generarlo, in accordo con il mercato, trovando il miglior punto di equilibrio possibile tra impatti ambientali, economici e sociali».
«Basta attacchi ideologici»
Duro il presidente in merito gli attacchi ideologici e a un ambientalismo e animalismo che colpiscono li settore: «Nascondono interessi economici molto rilevanti».
Accolti, invece, con favore i segnali politici sul disegno di legge sul “meat sounding” e sulla carne prodotta in laboratorio: «La svolta impressa sul tema delle tecniche di evoluzione assistita – ha puntualizzato Forlini – potrebbe ridurre la dipendenza dalle importazioni di materie prime per mangimi».
Le richieste al governo
Dall’assemblea, il presidente ha chiesto con forza al governo di proteggere in Europa il settore, “asset strategico del nostro made in Italy”, attraverso meccanismi di vera reciprocità, rispetto alle importazioni extra-Ue, la difesa della sicurezza alimentare per i nostri consumatori e periodi di adeguamento alle nuove regole congrui e ben sostenuti.
«È necessario, inoltre – ha proseguito Forlini –, procedere spediti sulla strada delle riforme, con l’attuazione efficace del Pnrr e con alcuni strumenti come i contratti di filiera, l’agrivoltaico e la transizione digitale.»
«Occorre rendere l’Italia un paese più competitivo con l’auspicata riduzione del cuneo fiscale e con interventi pro-consumi erosi dall’inflazione, come la riduzione dell’Iva al 4% che garantirebbe a tutti l’accesso a carni bianche e uova, le proteine più democratiche sul carrello della spesa».
Avicoltura italiana costretta a far fronte alle emergenze
«Uno scenario complesso»: l’ha definito così Forlini il momento storico in cui si trova l’avicoltura italiana.
La fotografia scattata del settore ci restituisce un’immagine in chiaroscuro in cui predomina il calo produttivo nel 2022 dell’11,2%, che per la prima volta ci ha portato all’essere vicini a perdere la nostra storica autosufficienza. La causa principale di questo crollo è stata l’aviaria che ha provocato danni al settore per 262 milioni di euro da ottobre 2021 a maggio 2022 e la perdita dell’8% di tasso di approvvigionamento.
A queste difficoltà si sommano i danni dell’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna, tra le regioni a più alta vocazione avicola, per più di 15 milioni di euro; il peso dell’inflazione (+7,6% a maggio: dati Istat) che frena i consumi e quello dei costi produttivi (+23% nell’ultimo anno).
«I fatti recenti – ha spiegato il presidente Forlini – ci hanno insegnato che le conquiste del nostro settore non possono essere date più per scontate e che la gestione delle emergenze è la nuova normalità. Per questo non ci possiamo più permettere di compiere scelte sbagliate nella definizione delle politiche produttive future, soprattutto a livello europeo».
Crescono sostenibilità, trasparenza e benessere
Ad ogni modo l’avicoltura italiana rimane un modello produttivo virtuoso a livello internazionale: i dati Ema Evsac attestano una riduzione del 90% dell’utilizzo di antibiotici dal 2011 al 2020. Secondo la Fao, la produzione avicola italiana emette circa il 50% in meno di CO2 rispetto alla media mondiale (fonte: Faostat).
Inoltre, come evidenziato da Giuseppe Pulina dell’Università di Sassari, i controlli ufficiali del 2022 in materia di benessere animale, effettuati dal ministero della Salute in 369 allevamenti di polli da carne, hanno fatto registrare 97,1% risultati favorevoli e 2,9% risultati sfavorevoli.
Bene anche sul fronte delle informazioni volontarie aggiuntive in etichetta: il 62% della produzione avicola in Italia le utilizza. Di queste, il 52% riguarda l’uso di luce naturale e il 50% gli arricchimenti ambientali.
La densità inferiore ai limiti di legge è indicata dal 30% degli aderenti al disciplinare, mentre il 6% della produzione usa razze “a lento accrescimento” (dato triplicato in tre anni). Il 28% dei prodotti che riportano informazioni aggiuntive in etichetta (uno su tre) risponde infine a standard di “maggiore benessere”, ovvero sono garantite contemporaneamente in allevamento densità ridotte, arricchimenti ambientali e/o disponibilità di luce naturale.
Mentre per le uova da consumo il passaggio a produzioni “cage free” sugli allevamenti delle filiere aderenti a Unaitalia, inclusi quelli in soccida, supera l’80%.
Le carni bianche restano le più amate dagli italiani
Nel 2022, il fatturato industriale del settore avicolo si è attestato complessivamente a circa 7,4 miliardi di euro: 5,4 miliardi per le carni avicole e 2miliardi per le uova. Mentre per la fase agricola (Plv): 3,8 miliardi per carni avicole e 1,85 miliardi per le uova.
Il calo dei consumi pro-capite (-4,3% sul 2021), in prevalenza di tacchino, passati da 21,43 a 20,5 kg, non ha intaccato la passione degli italiani per le carni bianche, che continuano ad essere le più amate con il 35% degli acquisti domestici.
Anche le uova hanno un indice di penetrazione tra i più alti (94%, dati Ismea), con un consumo pro-capite di 227 uova (+7,4%).
Unaitalia in numeri
L’associazione nazionale delle carni bianche italiane conta 64mila addetti, con una produzione di 1,22 milioni di tonnellate di carne avicola e 11,8 miliardi di uova, per un fatturato di 7,4 miliardi. L.S.
Tabella 1 - Andamento produzione avicola Ue nel periodo 2018/2022 divisa per tipologia di carne (tonnellate)
2018 | 2019 | 2020 | 2021 | 2022 | Variazione 2022/2021 | |
Totale avicoli | 13.718 | 13.860 | 14.072 | 13.957 | 13.991 | +0,2% |
Polli | 11.172 | 11.289 | 11.544 | 11.552 | 11.870 | +2,4% |
Tacchini | 1.921 | 1.946 | 2.013 | 1.896 | 1.760 | -7,2% |
Anatre | 517 | 518 | 452 | 458 | 364 | -20,60% |
Totale conigli | 191 | 180 | 164 | 136 | 123 | -9,40% |
Fonte: European Commission. Nel 2022 i Paesi dell’UE hanno prodotto quasi 14 milioni di tonnellate di carni avicole, un valore leggermente superiore (+0,2%) a quello del 2021. |