Emergenza Psa, Assica stima 500 milioni di danni per mancate esportazioni

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La Psa è un pericolo anche per la salumeria italiana e sta creando ingenti danni non solo agli allevatori. Al di là delle difficoltà di reperimento della materia prima necessaria per tutte le produzioni Dop, che dovessere insorgere, c’è anche il problema enorme, delle mancate esportazioni a partire dal primo caso di Psa riscontrato in Italia.

«Da tempo chiediamo un metodo scientifico di contenimento della Psa: va benissimo, cioè, l’abbattimento dei cinghiali per ridurre il numero dei veicoli di contagio del virus ma devono venire recintate prioritariamente anche le aree a rischio. Siamo ancora in tempo, tuttavia, ora occorre velocizzare. Ad esempio, l’autostrada della Cisa, che collega la Liguria con l’Emilia-Romagna, è una barriera già di per sé naturale, ma va rafforzata là dove ci siano delle falle. L’ultimo cinghiale trovato positivo in quella zona non ha ancora superato la recinzione autostradale. Occorre, allora, recintare il più possibile per contenere il contagio».

Così Davide Calderone, direttore di Assica, ha spiegato la posizione dell’associazione delle industrie di lavorazione della carne sottolineando le difficoltà sull’export riscontrate, a causa della presenza della Psa, soprattutto sui mercati asiatici.

Condivisa la proposta dei distretti suinicoli liberia dai cinghiali

Circa la proposta avanzata dal Commissario alla Psa Caputo di creare dei distretti suinicoli totalmente liberi dai cinghiali ben venga, secondo Calderone, il massimo rigore nelle azioni di depopolamento nelle aree più a rischio, quelle vocate per la suinicoltura, in modo da salvaguardare almeno quelle.

Grandi difficoltà per l'export, soprattutto in Asia

L’industria di trasformazione della carne ha, inoltre, già oggi, grandi difficoltà sull’export a causa della Psa, soprattutto sui mercati asiatici. Giappone, Corea, Cina e Taiwan hanno, infatti, chiuso i battenti alle importazioni dall’Italia. Anche in Messico e Serbia le frontiere alla salumeria nazionale sono ormai sbarrate.

A livello mondiale non c’è uno standard unico per l’export nelle aree colpite dal virus. Gli Usa accettano i prodotti con 400 giorni di stagionatura che, secondo le regole del Paese, sono sufficienti a disattivare il virus, di prodotti provenienti dalle zone di restrizione 2 e 3 e accettano anche i prodotti cotti. Sono salvi, quindi, e il Prosciutto di Parma e San Daniele.

Diversa, è invece, la questione dei prodotti a stagionature più brevi come salame, pancette e coppe che non possono entrare negli Stai Uniti se provengono da zone di restrizione.

In Giappone, invece, è scattato lo stop al primo caso di Psa in Italia: si tratta di un danno da 50 milioni di euro all’anno, come ha fatto notare Calderone, senza contare che il mercato dei salumi è ancora in fase di crescita.

Il Canada dalle zone di restrizione 2 e 3 accetta solo i prodotti cotti e non fa passare neppure i prodotti con 400 giorni di stagionatura anche se sono in corso trattative per riaprire su questo versante.

Stime Assica, 500 milioni di euro di danni per mancate esportazioni

Le stime di Assica indicano 20 milioni di euro al mese di perdite sull’export. «Oggi ci troviamo, dopo due anni e mezzo dalla presenza del primo caso di Psa - ha spiegato Calderone - con oltre 500 milioni di euro di danni per mancate esportazioni».

Il rischio di nuove barriere tariffarie negli Usa

Sulle spedizioni all’estero di prodotti agroalimentari di qualità italiani incombono, tuttavia, nuove spinte protezionistiche che potrebbero arrivare, ad esempio dalle elezioni negli Stati Uniti con l’introduzione di dazi e imposizioni tariffarie o, appunto, di nuove barriere sanitarie.

Necessario un piano di rilancio del settore

Durante la riunione del 29 aprile a Roma le associazioni di categoria, come ha fatto notare ancora Calderone, hanno convenuto di volersi incontrare di nuovo con l’obiettivo di fare il punto sull’emergenza legata alla Ppa ma, soprattutto, per predisporre un piano di rilancio del settore

Emergenza Psa, Assica stima 500 milioni di danni per mancate esportazioni - Ultima modifica: 2024-05-13T14:44:41+02:00 da Francesca Baccino

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