Cambiare il carro ha rivoluzionato la stalla

La famiglia Bartolomei al completo. Da destra, Roberto, il fratello Michele e i due figli di Roberto, già al lavoro in azienda
Roberto Bartolomei, con il fratello Michele, alleva 1.400 capi a Bressanvido, nel Vicentino. Sfruttano ogni risorsa aziendale grazie a fotovoltaico, biogas, impianto di essiccamento e pellettizzazione del digestato solido, mentre con il calore residuo riscaldano locali e acqua di abbeverata. «Grazie al Faresin Leader PF 2.33 Ecomix sono scomparsi i problemi in fase di close-up e questo ha dato nuova spinta alla mandria», spiega l’allevatore

Sfruttare tutto ciò che l’azienda può dare, mettendo tuttavia sempre al centro il benessere degli animali e dei dipendenti: è la filosofia di vita della famiglia Bartolomei, titolare della Colombaia, una bellissima stalla da poco portata fino a 700 capi in lattazione, cui si aggiungono un impianto di biogas da 250 kW, 300 kW di fotovoltaico già in attività e altri 360 in via di realizzazione sul tetto del nuovo ricovero per gli animali.
In più, un impianto di essiccazione che permetterà di utilizzare il digestato solido come lettiera per vacche e manze e di vendere il rimanente – il 60% circa della produzione – come concime organico. «Abbiamo chiesto appositamente una certificazione ambientale come fertilizzante biologico, per massimizzare il ricavo. In alternativa, infatti, avremmo dovuto venderlo come ammendante, a un prezzo decisamente inferiore», ci spiega Roberto Bartolomei, nipote del fondatore e attuale titolare della Colombaia. Che gestisce assieme al fratello Michele e ai due figli, ormai pienamente inseriti nell’attività di famiglia.

Tre generazioni di allevatori

Siamo a Bressanvido, una decina di chilometri a nordest di Vicenza, dove da tre generazioni, la famiglia Bartolomei si occupa di allevamento. «Iniziò Giovanni, il nonno materno, mentre mio padre era controllore zootecnico. Alla morte del nonno, non se la sentì di lasciare subito l’attività e così la portammo avanti mia madre, mio fratello e io, che ai tempi avevo 13 anni. Quando Michele finì gli studi, nel 1984, si inserì appieno nella stalla e io lo seguii poco dopo. Al tempo avevamo una ventina di vacche e due ettari e mezzo di terreno. Nel 1995 facemmo il primo investimento importante, arrivando a 350 capi in lattazione. Successivamente, a causa delle quote latte, ci fu una battuta d’arresto lunga quasi vent’anni».

Crescita esponenziale

Dal 2016 in poi, tuttavia, i Bartolomei non si sono più fermati: risale a otto anni fa l’ampliamento a 500 capi; seguito, nel 2019, dall’impianto di biogas e due anni dopo da una terza stalla, per 250 capi in lattazione, e dalla stalla delle manze, tarata su 500 capi. È di questo periodo anche il primo impianto fotovoltaico.
La vitellaia, dimensionata su una realtà che ormai conta 1.400 capi in totale, è stata invece ultimata pochi mesi fa. «Abbiamo fatto investimenti molto importanti, ultimo dei quali l’impianto di essiccamento del digestato. Il prossimo passo sarà la sala di mungitura, che risale al 1996. È una 12+12 a pettine, ormai inadeguata per le dimensioni odierne: lavora per 16 ore al giorno, su quattro turni, l’ultimo dei quali fa il lavaggio alle 10 di sera: improponibile. Stiamo ragionando su una giostra robotizzata oppure sul batch milking, vedremo. È, in fondo, una decisione che spetta più ai figli che a me», dice Roberto.

La famiglia Bartolomei ha progressivamente ampliato la stalla fino ad arrivare a 700 capi in lattazione

Sfruttando le agro-energie

Particolarmente articolata la politica aziendale in materia di agro-energie. Come abbiamo visto, alla Colombaia sono presenti, attualmente, un digestore da 250 kW e un primo impianto fotovoltaico da 300 kilowatt, cui se ne aggiungerà presto un secondo da 360 kW, con sistema di accumulo. Servono, oltre che a produrre energia elettrica da immettere in rete, ad alimentare gli impianti aziendali: sala di mungitura, frigoriferi e anche, come vedremo, un carro unifeed stazionario, che assieme al semovente costituisce l’architrave del sistema di alimentazione dell’intera mandria.
Restiamo però in ambito energetico: la famiglia Bartolomei sfrutta tutta l’energia disponibile, anche quella termica. Dal biogas ottiene, oltre all’energia elettrica, digestato e calore. Il primo, in frazione liquida, è distribuito sui 200 ettari di terreni aziendali, mentre la componente solida è usata, in parte, per le lettiere.
Ben presto sarà però venduta come concime organico, grazie a un impianto di essiccamento alimentato dal calore prodotto dal motore a biogas. «Il sistema – spiega Bartolomei – è composto da una tramoggia in cui la frazione solida arriva tramite coclea e da un rotore ventilato con aria a 125°, proveniente dal motore a biogas. In un quarto d’ora il materiale si secca, poi passa in una vasca e da lì può essere caricato sui dumper per il trasporto».
Un impianto di pellettizzazione completerà presto il ciclo, rendendo il concime più facile da trasportare e distribuire. «Circa il 60% del digestato solido non è utilizzato come lettiera, per cui abbiamo deciso di mandarlo a reddito in questo modo. Così facendo non dobbiamo cercare nuovi terreni su cui distribuire i nitrati in eccedenza, dovuti all’aumento dei capi».
Il calore residuo, come quello del digestato liquido, che esce dall’impianto a 42 gradi, non va sprecato: scalda gli ambienti, come sala di mungitura e infermeria, e anche l’acqua che va agli animali. «La portiamo a 23° in inverno, con grossi benefici sul fronte del benessere e della sanità della mandria», conclude l’allevatore vicentino.

Razione migliorata

L’alimentazione della mandria si basa su un unifeed prodotto in maggioranza con materie prime aziendali: insilati di mais e di cereali vernini, ma anche fieni di varia natura, sfarinati e nucleo. «Abbiamo circa 12 ricette diverse, con tre miscelate soltanto per le asciutte. Questo per spiegare che la distribuzione del cibo non è cosa da poco».
A reggere tutto il sistema troviamo due carri della Faresin: uno stazionario PF 2.30 e un semovente Leader PF 2.33, il modello più grande della gamma a due coclee, con una capacità di 33 metri cubi. Particolare la scelta del doppio carro, subito spiegata da Bartolomei: «Lavoriamo in questo modo per ottimizzare le miscelate ed evitare errori nelle ricette, che, come ho detto, sono parecchie. Con il carro statico prepariamo la base, che finisce poi, tramite coclea, nel semovente. A questo punto il Leader 2.33 deve fare soltanto la miscelazione con silomais o con il fieno essiccato che carica tramite fresa e mulino, e la distribuzione in corsia». Aspetto non secondario, ci dice l’allevatore, con questa soluzione si usa l’energia dell’impianto fotovoltaico per il carro stazionario, riducendo sensibilmente i costi energetici.
La scelta di servirsi di Faresin, qui in versione “frisona”, ovvero nera a chiazze bianche, è dovuta senza dubbio alla vicinanza dello stabilimento (Breganze è a pochi chilometri) ma anche alla qualità della miscelata che questi carri producono.
«Il lavoro delle coclee è eccellente, il prodotto appare ben miscelato e uniforme. Ma è stato soprattutto il mulino a fare la differenza, anche per la produzione di latte», ci dice Bartolomei.
La ragione è nella finezza della trinciatura resa possibile da questo dispositivo, dotato di 128 coltelli reversibili e tre serie di controcoltelli, in grado di tagliare fieni e prodotti lunghi a una lunghezza minima di 2,5 cm.
Il taglio fine rende l’unifeed talmente uniforme da rendere impossibile la selezione da parte delle vacche. «Questo carro ci ha cambiato la vita, dandoci la possibilità di rimediare a errori alimentari che prima facevamo, anche in modo inconsapevole. Gli animali infatti sceglievano cosa mangiare e quindi nessuno di essi si nutriva secondo la razione dell’alimentarista. Quando siamo passati al Faresin Leader, questa brutta abitudine è cessata e i risultati si sono visti subito, soprattutto nel close-up: sono immediatamente scomparsi tutti i problemi pre e post-parto e l’ingestione, in questa che è una fase molto delicata, è aumentata di quasi 2 kg/capo. Questo ci permette di partire nelle migliori condizioni e di avere quindi una lattazione con meno problemi e maggior produzione».

I valori quantitativi e qualitativi della stalla, che destina il latte a due caseifici diversi, per formaggi freschi, Asiago e Grana Padano, sono decisamente buoni: 37,2 litri per capo in media, con produzioni vicine ai 40 litri nei mesi primaverili e autunnali e proteine oltre quota 3.6. «Il merito è anche del carro unifeed. Anzi forse principalmente di esso. Il cambio di registro, quando siamo passati dal vecchio al nuovo mezzo, è stato immediato e decisivo».
La soddisfazione dei proprietari è testimoniata dal fatto che nel momento in cui si pensa a un nuovo carro, gli occhi cadono nuovamente sul Leader PF di Faresin. Per far fronte a una mandria ulteriormente ampliata, ormai alla Colombaia si sta infatti progettando l’acquisto di un mezzo più grande.
«Stiamo valutando il 40 metri cubi – conferma Roberto Bartolomei – sempre in versione semovente: l’unica soluzione che consente di fare tante miscelate diverse mantenendo un certo comfort a chi sta alla guida. Dopotutto sul carro si resta in media 4 ore al giorno ed è importante che si lavori con agio».
Gli occhi della famiglia Bartolomei sono caduti su un PF3, dunque una macchina a tre coclee e altrettanti assi. «Il due assi è già al limite con una portata di 33 metri cubi. Essendo rivestito internamente in acciaio, ha una tara di circa 21 tonnellate, cui se ne aggiungono 12 di razione. Si va vicini alle 35 tonnellate: un due assi, oltre non può andare, per cui il nuovo sarà sicuramente un tre assi. Ci auguriamo, con la stessa qualità di miscelata, per continuare a migliorare nella produzione e nella salute della mandria».

Il carro unifeed Faresin Leader PF 2.33 al lavoro in azienda

QUANDO GLI INCENTIVI FUNZIONANO
Gestire un’azienda zootecnica in modo imprenditoriale significa anche saper cogliere le occasioni offerte dai sistemi di aiuti alla modernizzazione dell’agricoltura. I Bartolomei dimostrano di saperlo fare molto bene: il nuovo impianto fotovoltaico beneficia dei fondi Pnrr, mentre l’essiccamento del digestato è stato realizzato grazie anche al Psr del Veneto. Con Agricoltura 4.0, i Bartolomei hanno acquistato i collari e il software per gestione della mandria e rilevamento calori.
Per il nuovo carro miscelatore, infine, si ricorrerà al bando Inail. Quando pubblico e privato lavorano assieme, facendo ciascuno la propria parte, a beneficiarne sono sia lo sviluppo imprenditoriale, sia la sostenibilità ambientale di un settore delicato come quello zootecnico.

PF COME PRECISION FEEDING
La gamma Leader è, nel listino di Faresin, il contenitore per i carri miscelatori nelle versioni semovente e stazionaria. Da qualche anno, al nome si è aggiunta la sigla PF, che sta per Precision Feeding.
I carri Leader PF sono disponibili con una, due o tre coclee e infine con alimentazione elettrica (PF Full Electric). La capacità della gamma PF 2 (a doppia coclea) va da 18 a 33 metri cubi, mentre la versione a tre coclee arriva a 40 metri cubi se semovente e a ben 46 metri cubi in allestimento trainato, dunque senza motore (Leader Tpf).

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Cambiare il carro ha rivoluzionato la stalla - Ultima modifica: 2024-10-17T09:50:30+02:00 da Laura Della Giovampaola

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