Carne, il futuro passa dalla digitalizzazione degli allevamenti

Siglato in Senato il manifesto per la sostenibilità digitale. Scenario analizzato dal rapporto “La transizione digitale delle filiere italiane della carne”, realizzato dalla Fondazione per la sostenibilità digitale con il contributo scientifico di Carni Sostenibili. I dieci punti di Smart Meat 2030 per sostenere le imprese nel processo di transizione

Gli ultimi dati Istat su innovazione e digitalizzazione (7º censimento generale dell’agricoltura) dicono che solo poco più del 15% delle aziende zootecniche è digitalizzato, percentuale che sale al 71,6% per quelle più grandi che superano il centinaio di capi adulti. Dalla rilevazione risulta anche che l’incidenza delle aziende digitalizzate è legata in modo proporzionale all’età del capo azienda. Sono più digitali, infatti, le aziende gestite da un under 45 (32,2% rispetto al 7,6% con capo azienda over 64).
Tra gli ostacoli che limitano una capillare diffusione del digitale, secondo il Rapporto “La transizione digitale delle filiere italiane della carne”, realizzato dalla Fondazione per la sostenibilità digitale con il contributo scientifico del centro studi di Carni Sostenibili (l’associazione che riunisce le principali sigle dei produttori di carni e salumi in Italia) la mancanza di infrastrutture pervasive, la scarsa diffusione nel settore di una cultura orientata al digitale e la difficoltà di gestire un processo di cambiamento.
Inoltre, pesa una scarsa conoscenza della gamma di tecnologie agricole a disposizione durante il processo di produzione e di come utilizzarle correttamente.

Zootecnia di precisione

Eppure, continua l’analisi di Carni sostenibili, i vantaggi della digitalizzazione nelle filiere della carne sono molteplici: dall’ottimizzazione dell'uso delle risorse al miglioramento del benessere animale, fino alla riduzione dell'impronta ecologica dell'intera filiera.
Nello specifico, per quanto riguarda il benessere degli animali, le tecnologie come i sistemi IoT avanzati possono monitorare in tempo reale le condizioni degli animali e l'ambiente in cui vivono, permettendo interventi tempestivi che migliorano la salute e riducono la necessità di trattamenti farmacologici.
Così come la telemetria avanzata per la raccolta delle informazioni e l'analisi predittiva impiegate per monitorare la salute e il comportamento degli animali, con sensori che raccolgono dati su parametri vitali e attività, contribuiscono a prevenire malattie e a migliorarne le condizioni di vita.
Un approccio che non solo impatterebbe positivamente sulla sostenibilità delle operazioni, ma che avrebbe effetti incrementali anche sulla qualità del prodotto finito. Le tecnologie riducono del 20% il tasso di mortalità degli animali e permettono di utilizzare il 15% in meno di antibiotici.

Manifesto sostenibilità digitale, i dieci punti chiave

Il Rapporto citato sopra è stato presentato in Senato. E per l’occasione è stato siglato il manifesto Smart meat 2030 (Sustainable management and advanced responsible technologies for meat ecosystems and agri-food tracking), che ha l’obiettivo di sostenere le aziende del settore zootecnico nel loro percorso verso il processo di transizione digitale, mettendo al centro la sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Il manifesto Smart Meat 2030 si focalizza su dieci punti chiave:
• Tecnologia digitale come pilastro dello sviluppo delle filiere agroalimentari.
• Sostenibilità digitale come asset dello sviluppo tecnologico.
• Necessità di infrastrutture di rete capillari e omogenee.
• Centralità delle competenze nella trasformazione digitale.
• Formazione diffusa e continua per gli operatori del settore.
• Costruzione di ecosistemi data driven.
• Adozione di tecnologie avanzate.
• Monitoraggio degli impatti, del benessere animale e dell’uso del farmaco.
• Attenzione alla sicurezza informatica.
• Ruolo strategico delle Istituzioni nel supportare la trasformazione digitale.
Per i dettagli sul manifesto si veda al sito web www.carnisostenibili.it

«Riprogettare le filiere attraverso i dati»

Giuseppe Pulina

Come spiegato da Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili e professore ordinario di etica e sostenibilità degli allevamenti dell'Università di Sassari, «le aziende agro-zootecniche producono molte informazioni. È stato stimato che entro il 2050 produrranno circa 4,1 milioni di punti dati al giorno, ma oggi la quasi totalità va dispersa. Il cambiamento è guidato dalla capacità di raccogliere, utilizzare e analizzare enormi quantità di dati leggibili a macchina su praticamente ogni aspetto della catena del valore. La sfida è utilizzare queste informazioni per aumentare l’efficienza produttiva, riprogrammando i sistemi in chiave digitale perseguendo l'intensificazione intelligente dei sistemi agro-zootecnici. Dobbiamo quindi mettere in atto una riprogettazione delle filiere».
Sempre in questa occasione Pulina ha ribadito che la nuova rivoluzione agricola passerà necessariamente attraverso la trasformazione digitale delle filiere agroalimentari e dovrà comprendere tutte le fasi di produzione (agricola, industriale e commerciale).
«Per supportare il processo di cambiamento in modo equo, sostenibile e vantaggioso – ha detto – dovremo sviluppare competenze professionali e promuovere la formazione, implementare in modo omogeneo le infrastrutture digitali a livello nazionale, sviluppare una copertura capillare della rete, raccogliere e analizzare i dati per renderli trasparenti e accessibili al consumatore».

La “super sostenibilità”

Pulina ha quindi precisato: «Se a partire dagli anni duemila, gli aumenti produttivi erano generati per due terzi dalle informazioni e per un terzo dagli input di acque, terre e energie, oggi possiamo ambire a una "super sostenibilità" dove gli aumenti produttivi sono generati oltre il 100% da informazione e dalla riduzione degli input. In termini termodinamici: il sistema produce di più, consumando di meno».

Conoscere per utilizzare

Il presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, Stefano Epifani, ha concluso i lavori spiegando che «ragionare in termini di sostenibilità vuol dire ragionare in termini sistemici: ciò comporta da una parte la possibilità di ottimizzare il rapporto di efficacia degli allevamenti, dall’altra però il fatto che all’aumento dell’efficienza aumenta anche la complessità per gli attori della filiera. Per gestire questo aumento di complessità servono strumenti digitali. E cultura diffusa per utilizzarli».

Consumo apparente di carne EU-27, nel 2022 (kg/pro-capite). L’Italia è il quinto produttore di carne in Europa, dopo Germania, Spagna, Francia e Polonia. Il consumo pro-capite annuo degli italiani, però, è fra i più bassi d’Europa.
Fonte: Gira 2022. Carne avicola, suina, bovina e ovina

Le filiere della carne in Italia

Secondo Carni Sostenibili nel nostro Paese ci sono 166.460 aziende zootecniche (131.110 specializzate nell’allevamento del bovino, 28.550 per il suino e 6.800 per il settore avicolo), per 513.000 addetti (358.000 per il settore bovino, 91.000 per il settore suino e 64.000 per il settore avicolo). In totale il settore zootecnico vale 33 miliardi di euro (11 miliardi per la fase agricola, 22 miliardi per quella industriale).
L’Italia con 3,69 milioni di tonnellate di carne prodotta si colloca al 5° posto in Europa - dopo Germania (7,92 mln/tons) Spagna (7,16 mln/tons), Francia (5,42 mln/tons) e Polonia (5,13 mln/tons) - ma al terzultimo posto nei consumi pro-capite di carni con 72 kg di consumo apparente all’anno, a cui corrispondono circa 35,5 kg di consumo reale, considerando solo la parte edibile di carne (al netto di ossa, cartilagini e grasso).

 

Carne, il futuro passa dalla digitalizzazione degli allevamenti - Ultima modifica: 2024-07-19T09:57:35+02:00 da Laura Della Giovampaola

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