Cresce la preoccupazione per una possibile avanzata della Psa, oggi limitata a un centinaio di carcasse di cinghiali in Liguria e Piemonte a partire da gennaio 2022. A fare il punto sulla situazione legata al virus nel nostro Paese è stato il convegno “Emergenza Psa: un presente da gestire, un futuro da difendere”, che si è svolto il 20 aprile a Cremona.
«Stiamo combattendo un virus ad alta virulenza – ha spiegato Francesco Feliziani, responsabile del laboratorio nazionale di riferimento per le pesti suine dell’Istituto zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche – che è ormai diventato endemico e questo ci preoccupa particolarmente. La sorveglianza passiva in questo momento deve essere la nostra arma più potente e, quindi, il contenimento della malattia non può che passare dalla ricerca sul territorio di carcasse di cinghiale infette. Per fare questo però è necessario fare squadra, nella consapevolezza che la Psa è un problema nazionale».
La percentuale di carcasse infette ritrovate inferiore al dato reale
Vittorio Guberti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) ha ricordato come la percentuale di carcasse di cinghiale infette recuperate, tra il 15 e il 18%, è molto ridotta rispetto al dato reale.
«Sull’evoluzione della malattia attualmente non possiamo che fare ipotesi – ha sottolineato – e in base ai dati disponibili possiamo dire che difficilmente l’onda epidemica legata alla Psa si arresterà spontaneamente mentre, attraverso l’applicazione delle recinzioni, riteniamo più possibile riuscire a eradicarla. Tuttavia, il ruolo epidemiologico delle carcasse richiede un’analisi più accurata che tenga conto dei tempi, della densità dei ritrovamento e delle temperature ambientali».
Recinzioni e biosicurezza gli strumenti a disposizione
Sono gli unici due strumenti che potrebbero fare uscire il comparto suinicolo dall’incubo della Psa. «In tutti i modi va scongiurato – ha detto Angelo Ferrari, commissario all’emergenza Psa – che il passaggio della malattia dall’animale selvatico, il cinghiale, al domestico, quindi i suini presenti negli allevamenti».
Ferrari ha ricordato come l’eradicazione sia legata un’efficace azione di contenimento portata avanti con le risorse attualmente a disposizione. Proprio in questi giorni è stato definito il tracciato, condiviso con tutti i Sindaci dei Comuni che rientrano nella zona di restrizione di Liguria e Piemonte, sul quale installare le recinzioni che dovranno impedire ai cinghiali di invadere altri territori.
Necessaria anche un’azione di riduzione della popolazione così come è importante la formazione e la corretta informazione affinché la consapevolezza del problema rappresentato dalla Psa non riguardi solo il mondo produttivo, ma l’intera popolazione, pur sottolineando che la malattia non è contagiosa per l’uomo. «Ne va ha detto Ferrari della salvaguardia di una realtà economica estremamente importante per il nostro Paese che già oggi, con il blocco di alcuni Stati importatori di carne e prodotti di origine suina, è costretto a registrare ingenti perdite economiche».
Danni economici ingenti per il blocco export del prodotto italiano
Davide Calderone, direttore generale di Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi) ha ricordato che a pochi giorni dalla scoperta del primo caso di Psa in Italia “Cina e Giappone hanno chiuso immediatamente alle nostre esportazioni – ha ricordato – a cui poi si sono aggiunti Taiwan, Messico, Perù, Filippine, Indonesia, Cuba, Thailandia, Vietnam e Serbia, mentre Brasile, Argentina, Corea del Sud e Sudafrica hanno imposto delle restrizioni.
«Abbiamo calcolato – ha sottolineato Calderone – che nel 2021, verso tutti questi Paesi, sono stati esportati carni e prodotti per un valore di circa 165 milioni di euro. Qualora la situazione epidemiologica dovesse peggiorare e la zona sottoposta a restrizioni essere ampliata interessando territori a maggior vocazione produttiva suina, il danno per l’intero comparto potrebbe essere di circa 60 milioni di euro per ogni mese di blocco».
Un forte richiamo agli allevatori per aumentare la loro attenzione alle pratiche di biosicurezza da adottare sia all’interno ma soprattutto all’esterno dell’allevamento è arrivato da Giovanni Guadagnini, veterinario aziendale. Gli investimenti legati alle recinzioni delle aziende costituiscono un ulteriore, pesante aggravio calcolato tra un minimo di 77mila e un massimo di circa 120mila euro per azienda.
L’intervento di Pier Davide Lecchini, direttore generale al ministero della Salute, si è concentrato sull’importanza di procedere velocemente con l’installazione delle recinzioni lungo il tracciato dei percorsi autostradali della A7 e della A26. «Purtroppo le risorse finanziarie per sostenere gli allevatori nella costruzione delle recinzioni intorno alle loro aziende – ha affermato – sono poche. E quelle disponibili sono state messe dallo Stato e non dall’Europa».