Sgoifo Rossi, curare la vitellaia serve a tutto l’allevamento

cura vitellaia
Carlo Angelo Sgoifo Rossi è del Dipartimento Vespa dell’Università di Milano
Gestendo correttamente le vitelle si possono migliorare le performance produttive in prima lattazione

Il caldo dei mesi estivi rappresenta una delle più importanti cause di stress per il bovino nonché uno dei fattori di maggior impatto sulla produzione, così come sulla salute e sul benessere complessivo dell’animale in produzione, con pesanti ripercussioni sulla redditività aziendale. Inizia quindi la “corsa agli armamenti” per difendere sia le vacche da latte che i bovini da carne da questo acerrimo nemico.
Al via quindi doccette, ventilazione e adeguamenti nutrizionali che riducano la sensazione di calore e aiutino anche l’animale a produrne meno a livello metabolico e a dissiparlo più facilmente. La necessità quindi di supportare l’animale in produzione è chiara, e questo perché si possono toccare con mano i danni (meno litri di latte prodotti, minore crescita, aumento delle dismetabolie digestive, calo della fertilità, maggiore incidenza di mastiti e patologie podali, etc.) causati dallo stress da caldo.
Quante volte però ci si concentra su azioni specifiche per tutelare anche le altre categorie di animali da allevamento?
E in particolare, quante volte si studia una vitellaia in modo tale da prevedere sistemi di raffrescamento, ombreggiatura e anche sistemi per avere una continua ed ottimale distribuzione idrica? Quante volte si utilizza un latte o un’integrazione ad hoc per sostenere il giovane animale durante l’estate?
Purtroppo non spesso! La motivazione di questa disattenzione è duplice, legata sia ad aspetti economici che a un’errata sottovalutazione delle esigenze e fragilità dell’animale nonchè della sua fisiologia. In primis la vitellaia è considerata spesso come una fase improduttiva, che non porta ad un reddito, sulla quale quindi è possibile lesinare e risparmiare. Inoltre, si ritiene, a torto, che il vitello “non risenta” degli effetti del caldo.
La situazione reale è tuttavia ben diversa, sia per il peso che ha sull’economia aziendale che per l’effetto delle alte temperature, e soprattutto delle ondate di calore, sulla salute, la crescita ed anche le future performance produttive della vitella da rimonta.
Il successo produttivo, tecnico-economico, di un’azienda che produce latte è legato a un’infinità di variabili, relative alla produzione, alla fertilità e alla sanità della mandria così come alla sua genetica, ai costi alimentari e a molto altro. Per esempio, uno degli indicatori più comuni è l’indice di conversione alimentare dell’unifeed in latte, che, legato al costo della razione, dà vita ad un parametro molto importante e fortemente correlato al reddito netto annuale dell’azienda: l’Iofc (income over feed cost: ricavo al netto dei costi alimentari).
Altri indicatori spendibili a livello aziendale per monitorare la produttività della mandria afferiscono alla sfera riproduttiva (intervallo inter-parto, tasso di concepimento etc.) e sanitaria (incidenza di mastiti, di patologie post parto etc.).
Questi dati solitamente vengono monitorati con attenzione a livello aziendale, sia per il loro diretto effetto su performance e reddito sia per una certa “facilità” nel reperire questi dati. Spesso, però, queste attenzioni specifiche per le vacche in lattazione non sono sufficienti.
Per rispondere meglio alle necessità di sostenibilità economica, così come di maggior rispetto del benessere animale, c’è un’altra fase critica da considerare con attenzione: si tratta della rimonta.
Oltre ad incidere fortemente in termini di costi sul bilancio aziendale, in cui risulta al secondo posto dopo l’alimentazione, la gestione della vitella/manza da rimonta, dalla nascita al primo parto, influisce anche sulle tempistiche di ingresso in lattazione e sulle successive performance produttive.
Il corretto management della vitellaia, dalla nascita allo svezzamento, ha in questo senso un’importanza cruciale. È infatti a partire dalla nascita e dalla colostratura, se non addirittura dall’ultima fase di gestazione, che si costruisce la futura lattifera.
Le vitelle che vengono gestite fin dalla giovane età con attenzione, oltre a entrare in produzione più velocemente e in condizioni corporee e di sviluppo ruminale migliori, si dimostrano in lattazione più efficienti, più produttive e più longeve rispetto a soggetti gestiti senza attenzioni specifiche, risparmiando sulla vitellaia invece di considerarla come un importante investimento per il futuro.
Ad esempio, Buch et al. (2011), riportano un aumento di 140 kg di latte nella prima lattazione ogni +10 kg di peso al primo parto, mantenendo stabile l’età del parto a 24 mesi. Inoltre, Campiotti et al. (2003) sottolineano come manze che arrivino tardi al primo al parto (oltre i 27-30 mesi) vengano più frequentemente eliminate dopo la prima lattazione, rispetto a soggetti che vi arrivano ai consigliati 24 mesi, principalmente a causa di problematiche sanitarie, bassa fertilità o scarse performance produttive.
Anche lo sviluppo della ghiandola mammaria risente infatti della gestione, in particolare alimentare, a cui viene sottoposta la vitella e poi la manza.
Una nutrizione carente, un mancato bilanciamento dei nutrienti ed uno scarso apporto di alimento solido in fase pre e post-svezzamento, sono infatti direttamente correlati con un peggiore sviluppo di tutte le componenti che costituiscono il tessuto produttivo della ghiandola mammaria (Brown et al., 2005).
Gestendo correttamente la vitellaia si possono quindi migliorare le performance produttive in prima lattazione, agendo anche parallelamente sulla durata delle fasi “improduttive” e anche sul numero complessivo di vitelle necessario per soddisfare la rimonta. Si riducono inoltre morbilità e mortalità, altri due parametri che, insieme all’età al primo parto, determinano l’efficienza complessiva della vitellaia.

Sgoifo Rossi, curare la vitellaia serve a tutto l’allevamento - Ultima modifica: 2021-07-19T11:26:31+02:00 da Lucia Berti

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