“Ne usciremo, perché siamo un popolo straordinario che vive in un Paese meraviglioso e siamo in grado di sorprenderci gli uni gli altri per la nostra capacità di reagire. Supereremo anche il coronavirus e, insieme, rimetteremo in sesto il nostro palazzo che era già barcollante. Quando ne usciremo, non ora, dovremo avere però l’onestà di ripensare a questi momenti in cui abbiamo lavorato insieme per contenere l’epidemia, temendo che un picco troppo elevato di ammalati avrebbe significato accessi troppo numerosi agli insufficienti reparti specializzati”: sono le riflessioni del presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini (nella foto) sull’emergenza sanitaria in corso.
Quando ne usciremo, continua, “dovremo pensare che sono mancati i medici e gli infermieri, che i dispositivi di protezione per i medici di base sono arrivati dopo una settimana. Dovremo ricordarci che da troppo tempo inseguivamo farfalle, che ci siamo dati obiettivi sbagliati rispetto ai bisogni fondamentali del Paese, decurtando sistematicamente risorse dai capitoli della Sanità e dell’Istruzione”.
Secondo Gasparini, che è anche allevatore, dovremo ricordarci che mentre nelle nostre stalle tutti i vitelli erano ben sistemati, non era così per i malati negli ospedali. “Anche in stalla l’ordine delle priorità è stato stravolto. Pensiamo alla macellazione d’urgenza, permessa per non movimentare l’animale, quando le nostre conoscenze hanno fatto sì che i macelli debbano giustamente avere rigorosi protocolli e standard di pulizia, che le macellazioni debbano avvenire in uno spazio attrezzato, piastrellato, sanitizzato e controllato. Ora, per assicurare minor sofferenza (ne siamo certi poi?) ad un animale morente, lo abbattiamo in cortile”.
“Hanno preferito fare i burocrati
piuttosto che i buiatri”
Più in generale: “Validiamo un percorso a ritroso che snobba la scienza e la tutela della salute verso pratiche di macellazione promiscue ancora diffuse in zone del mondo dove la mancanza di standard e protocolli igienici rende più facile l’insorgenza di problemi sanitari. L’approccio scientifico, che in questi giorni tanto si invoca, è venuto meno ed è mancata la definizione razionale delle priorità. La Sanità pubblica assumendo e dedicando al benessere animale veterinari ha destinato a questo settore professionisti e risorse di fatto drenandole dal capitolo della medicina umana”.
Non diversamente in ambito privato, “dove 200 professionisti hanno seguito il corso del Crenba per poter effettuare audit sul benessere animale, preferendo fare i burocrati che i buiatri, mentre in stalla ricompaiono epidemie perché, in nome della tutela della biodiversità, la prosperante fauna selvatica introduce in allevamento malattie”.
“È ben noto in zootecnia
il concetto di isolamento”
E pensare, continua Gasparini, “ che il concetto di isolamento, che alla popolazione di oggi risulta nuovo, è ben noto a chi lavora in allevamento e può contare sull’eredità di conoscenze acquisite e sapientemente divulgate dal professor Montani, dalla cattedra ambulante e dall’Istituto Zooprofilattico dei dottori Biancardi e Belletti”.
La stalla per eccellenza “era un allevamento isolato per preservare la sanità della mandria da malattie importate, al punto che si investiva moltissimo sulla rimonta interna. Così nei decenni passati sono state vinte le battaglie in stalla contro la Tbc, la Brucellosi e l’Afta. Era un periodo in cui in stalla l’isolamento era un valore e al contempo il Paese aveva in testa prioritariamente la tutela della salute delle persone: tutta la medicina era votata ai valori veri”.
Ora, per forza di cose, gli allevamenti sono un sistema aperto, dove Febbre Q, IBR, BVD, neosporosi sono solo alcune malattie, per fortuna non trasmissibili all’uomo, che creano problemi. “L’emergenza ci porta all’evidenza che abbiamo lasciato troppo spazio a considerazioni voluttuarie e che l’impianto generale andrà rivisto”.
"Conviene avere
i nervi saldi"
In questi giorni, conclude il presidente di Confagricoltura Piacenza, “giorni in cui è bene avere i nervi saldi, con i trasporti e il commercio ridotti al minimo diminuisce l’inquinamento, mentre nei campi si sta fertilizzando e ci si rende drammaticamente conto che la negativa visione distorta del mondo primario era figlia della noia. Ora che c’è un nemico vero, globale e comune, la gente si è ricordata dell’importanza strategica delle provviste alimentari, speriamo non lo dimentichi a emergenza conclusa. Paghiamo il conto di una società che si è votata al voluttuario e non tiene più in conto i concetti di vita e di morte con cui invece gli allevatori devono quotidianamente confrontarsi”.