«In un’azienda all’avanguardia che punti sempre a massimizzare le produzioni, l’aspetto del miglioramento genetico risulta strategico per raggiungere le migliori performance produttive». È l’opinione di Giuseppe Morese che a Pontecagnano Faiano, in provincia di Salerno, conduce un allevamento di bufale di circa 300 capi tutti iscritti al Libro genealogico della bufala mediterranea italiana.
L’azienda Giuseppe Morese è proprietaria di tre tori provati positivi attualmente disponibili sul mercato e provenienti dalle linee genetiche aziendali: Masaniello, Positano e Spartacus. «Il miglioramento in stalla – spiega Morese – va ricercato incessantemente attraverso lo studio di appositi piani di accoppiamento sia per le bufale in lattazione, sia per le manze in prima copertura; vengono utilizzati semi provati e in prova dei tori più performanti, anche in versione sessata».
Nell’anno 2014, continua l’allevatore, sono stati prodotti 3.387 quintali di latte. Nella graduatoria di merito 2014 stilata dall’Aia, l’azienda si è posizionata terza su 303 aziende sotto controllo, con una media capo di 2.863 kg di latte. La campionessa di stalla è “Persichella”, esponente di un’ottima e prolifica famiglia, «che in quinta lattazione ha superato i 4.800 kg di latte prodotti in 270 giorni».
L’azienda attuale nasce nel gennaio del 2010 ed è figlia della lunga esperienza fatta nella storica Azienda agricola Morese fondata dal bisnonno Raffaele agli inizi del ‘900. «Attualmente i capi sono dislocati in due corpi aziendali. Il primo, in proprietà, ospita le bufale in asciutta, le manze al toro e le manzette in accrescimento; il secondo, condotto in fitto, ospita le bufale in mungitura, la nursery, il reparto primo svezzamento e gli annutoli».
Le razioni alimentari, eccezione fatta per il concentrato e la paglia acquistati all’esterno, prevedono l’utilizzo di foraggi, fieni e silomais prodotti sui terreni aziendali.
«Naturalmente – prosegue l’allevatore – seguiamo con attenzione le regole del benessere animale e gli spazi sono proporzionati e adeguati al numero di capi; inoltre, pulizia quotidiana, mascalcia e ampio pascolo nella fase di accrescimento e asciutta garantiscono il necessario benessere a tutti i bufalini».
L’azienda partecipa con entusiasmo alle mostre e alle fiere per confrontarsi con le altre realtà allevatoriali alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi traguardi.
«Puntiamo a migliorare ancor più la qualità del latte, proteine e grasso in primo luogo, ad accorciare l’interparto e miriamo anche al miglioramento morfologico del nostro animale tipo per averne di più funzionali e longevi, utili soprattutto al miglioramento delle performance economiche aziendali». Purtroppo la fase congiunturale che la filiera sta attraversando non è favorevole e negli ultimi vent’anni i costi di produzione sono vertiginosamente aumentati, mentre i prezzi del chilo di latte venduto alla stalla e dei capi vivi sul mercato sono rimasti pressoché invariati rispetto a quelli degli anni ‘90. «Per non parlare – osserva Morese – della tempistica di pagamento del latte, decisamente peggiorata, e del deteriorarsi dei rapporti tra trasformatori e produttori. Naturale quindi l’idea di ritornare a caseificare dopo la pausa di cinque anni».
L’articolo intero è pubblicato su Informatore Zootecnico n. 12/2015
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